Cosa c’è da sapere sull’anno bisestile

da www.ilpost.it

Cosa c’è da sapere sull’anno bisestile

Quando fu inventato e perché non è solo ogni quattro anni, tra le altre cose
Quest’anno, come succede ogni quattro anni, febbraio ha 29 giorni, il che vuol dire anche che il 2024 è un anno bisestile, cioè formato da 366 giorni e non 365 come gli altri. Come già successo nel 2016 e nel 2020, altri anni bisestili, Google ha dedicato a questo evento un doodle, ovvero l’animazione o disegno che spesso sostituisce il suo logo nella pagina iniziale del motore di ricerca. Quello di quest’anno mostra una rana con il numero 29 scritto sul petto, che appare tra due ciottoli che dicono “28” e “1” prima di saltare via.
L’anno bisestile esiste da più di duemila anni: venne introdotto da Giulio Cesare nell’Antica Roma e poi cambiato con una riforma radicale da papa Gregorio XIII, con l’obiettivo di riallineare il calendario con l’anno solare. Oggi scandisce di norma l’anno delle Olimpiadi estive, che quest’anno si terranno a Parigi, ma ci sono diverse altre cose da sapere al riguardo.

Quando c’è l’anno bisestile?

Non esattamente ogni quattro anni, in realtà. Gli anni precedenti a quello che segna l’inizio di un nuovo secolo – quindi 1800, 1900, 2000 – sono bisestili soltanto se si possono dividere per 400. Quindi il 2000 è stato un anno bisestile, il 2100 non lo sarà. La formula per sapere se un anno è bisestile è: se le ultime due cifre sono divisibili per quattro, oppure se l’intero anno è divisibile per 400.

A cosa serve l’anno bisestile?

Un anno solare, cioè il tempo che la Terra impiega a fare un giro completo intorno al Sole, non è perfettamente divisibile in periodi di 24 ore, cioè in giorni: dura circa 365 giorni e 6 ore. Se tutti gli anni avessero 365 giorni, ogni quattro anni il calendario si troverebbe in anticipo di un giorno. Grazie all’anno bisestile, il calendario si “riallinea” aggiungendo un giorno proprio quando l’anticipo accumulato raggiunge le 24 ore (sei ore all’anno, per quattro anni).
Un altro problema è dovuto al fatto che in realtà l’anno astronomico non dura esattamente 365 giorni e 6 ore, ma qualche minuto in meno, per la precisione 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 46 secondi. Quindi, anche utilizzando gli anni bisestili, dopo 400 anni il calendario si troverebbe sballato, in ritardo di circa tre giorni. Per risolvere il problema, gli anni precedenti a quello di inizio secolo, cioè quelli divisibili per cento, non sono considerati bisestili a meno che non siano divisibili anche per 400. In questo modo, ogni 400 anni ci sono 3 anni bisestili in meno, di modo da eliminare i tre giorni di anticipo.

Quando fu inventato l’anno bisestile?

Quasi tutti i calendari elaborati nel corso della storia incorporano qualche sistema per correggere il fatto che l’anno solare non si potesse dividere esattamente in giorni. L’osservazione del Sole e delle stelle è stata una delle prime scienze a essere sviluppate in quasi tutte le civiltà e già molti secoli prima di Cristo gli astronomi conoscevano bene i tempi della rivoluzione della Terra intorno al Sole. Nel caso del nostro calendario, l’origine dell’anno bisestile risale a Giulio Cesare, che nel 46 avanti Cristo impose un po’ d’ordine alla caotica situazione del calendario romano.
Fino al suo arrivo, l’anno romano durava 355 giorni. Per compensare la differenza con l’anno solare, ogni tanto veniva aggiunto al calendario un intero “mese intercalare” di durata variabile, di solito una ventina di giorni tra febbraio e marzo. In teoria la regola prevedeva che a un anno da 355 giorni dovesse fare seguito uno da 377 giorni, a cui seguiva di nuovo uno da 355 e poi uno da 378, per poi ricominciare il ciclo. Alternandosi in questo modo, il calendario romano riusciva a essere più o meno in linea con quello solare.
In pratica però, le cose funzionavano malissimo. L’autorità che governava i calendari, il Pontefice Massimo, era una figura politica e molto spesso accadeva che il mese intercalare venisse accorciato o allungato, inserito o “dimenticato”, in base all’interesse dei Pontefici o dei loro alleati. Se ad esempio il Pontefice Massimo aveva convenienza a ritardare un’elezione prevista per marzo, poteva inserire dopo febbraio un mese intercalare insolitamente lungo. La situazione era estremamente caotica e Cesare cercò di risolverla. Con l’aiuto di matematici ed esperti, alcuni dei quali conosciuti durante la sua campagna in Egitto, Cesare progettò un calendario diviso in anni di 365 giorni, e di 366 ogni quattro anni.
Cesare fu però assassinato un anno più tardi, e l’applicazione del calendario voluto da lui fu posticipata fino a quando non salì al potere suo nipote Ottaviano, il primo imperatore di Roma. Di conseguenza, il primo anno bisestile della storia è stato l’8 avanti Cristo.

Perché l’anno bisestile si chiama così?

I romani non contavano i giorni del mese come noi (2 febbraio, 7 marzo, 12 giugno, per esempio), ma usavano un complicato sistema in cui ogni mese veniva diviso in calende, idi e none. Nel calendario giuliano si stabiliva che negli anni da 366 giorni, il “giorno” in più dovesse essere inserito a febbraio il sesto giorno prima delle calende di marzo, cioè il 24 febbraio. Legalmente, il 24 febbraio veniva considerato un “giorno doppio”, formato da 48 ore. In questi anni, quindi, c’erano due “sesti giorni prima delle calende di marzo”, da cui “bisextus” (due volte il sesto) e quindi bisestile. Il primo “29 febbraio”, cioè il giorno in più secondo i moderni calendari, probabilmente comparve nel Medioevo, quando i giorni dei mesi cominciarono a essere contati in modo sequenziale e non più alla maniera romana.

E la faccenda degli anni multipli di 100?

La riforma di Cesare aveva trascurato che un anno solare non dura esattamente 365 giorni e sei ore. Il calendario giuliano, quindi, si trovava in ritardo di tre giorni ogni 400 anni. Tra guerre civili, caduta dell’Impero romano, invasioni barbariche ed epidemie di peste, nessuno fece caso a questo errore per circa un millennio e mezzo. Solo nel 1582 il Papa di allora, Gregorio XIII, si accorse che quell’anno la primavera era cominciata l’11 marzo, dieci giorni in anticipo rispetto alla data dell’equinozio. Gregorio decise di risolvere la questione una volta per tutte e impose una drastica riforma: dopo venerdì 4 ottobre 1582 il calendario sarebbe saltato direttamente a sabato 15. I dieci giorni di mezzo, in un certo senso, non sono mai esistiti.
Questo però non risolveva il problema della durata media dell’anno. Per evitare di perdere altri dieci giorni nel migliaio di anni successivi, venne stabilito che gli anni multipli di cento sarebbero stati bisestili soltanto se fossero stati multipli anche di 400. Il calendario gregoriano fu introdotto gradualmente in Europa e arrivò soltanto in anni recenti in Russia, dove per secoli rimase in vigore il vecchio calendario giuliano, in ritardo di un paio di settimane su quello gregoriano. Così la famosa Rivoluzione di Ottobre, che portò alla caduta dello zar, per gli europei dell’epoca avvenne in realtà quando i loro calendari segnavano già novembre.

1 Commento

  1. claudio lelli ha detto:

    Piccola correzione: il passaggio
    “venerdì 4 ottobre 1582 il calendario sarebbe saltato direttamente a sabato 15”
    va così corretto:
    GIOVEDI’ 4 ottobre 1582 il calendario sarebbe saltato direttamente a VENERDI’ 15
    Peraltro il 4 ottobre si festeggia S. Petronio, patrono di Bologna, città natale di Gregorio XIII (Ugo Boncompagni).
    Gregorio XIII decise di attuare la riforma del calendario proprio il giorno successivo alla festa patronale di Bologna.

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