SABATO SANTO – Il giorno del silenzio contemplativo

dipinto di Martina Viganò

SABATO SANTO

Il giorno del silenzio contemplativo

Per tradizione il mattino del Sabato santo si va a visitare i sepolcri, anche con un po’ di folclore, in bicicletta o altro, con un gruppo di ragazzi che si divertono anche, per fortuna, forse già pregustando lo squillo vivace delle campanelle all’annuncio pasquale la stessa sera del Sabato santo.
Già l’idea del sepolcro o dello scurolo non ci aiuta a cogliere il Mistero pasquale anche nel grande giorno riservato al silenzio e al dolore di Maria, la Madre di Gesù, che la tradizione la vuole tenendo tra le braccia il Figlio morto. Scena conosciuta come la Pietà, che Michelangelo ha saputo forse meglio di tutti estrarre dal marmo magari già pronto da quando Dio creò il mondo.
Anche qui forse il silenzio chiedeva ancor più radicalità come distacco da ogni rappresentazione anche pittorica o scultorea, ma non si può del tutto togliere qualche immagine che dagli occhi fisici penetri nel nostro essere. Ma ogni immagine, più vorrebbe rappresentare un Mistero divino, più dovrebbe attingere alla Sorgente mistica.
Sabato santo, giorno del grande silenzio di Maria, e anche nostro, se siamo tutti figli del Figlio di Maria. Un silenzio contemplativo nella Fede che attinge all’Intelletto divino.
Anche la Liturgia limita al minimo le preghiere pubbliche, e lascia al cristiano la possibilità di contemplare nel silenzio il Mistero della morte di Cristo.
Silenzio non significa sospendere anche l’immaginazione, e pensare che Cristo, come dice il Credo apostolico, sia andato negli Inferi a liberare i giusti: nell’Antico Testamento Sheol designava il luogo, dove tutti, buoni e malvagi, dopo la morte andavano senza possibilità di ritorno.
I giusti, così verranno chiamati anche dalla Chiesa i confessori della fede, santi e martiri: coloro che hanno vissuto nella Giustizia divina, che chiede a ogni essere umano di lottare fino a donare la propria vita per quell’armonia cosmica per cui ognuno abbia il suo, come dovere, perché dono di Dio da restituire, opponendosi anche energicamente al prepotente che vorrebbero oltre misura il suo, togliendolo ai più poveri.

 

 

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