29 novembre 2020: TERZA DI AVVENTO
Is 51,1-6; 2Cor 2,14-16a; Gv 5,33-39
Ascoltate!
Nel primo brano della Messa, c’è un verbo che risuona due volte, ed è un imperativo, un ordine, un comando: “Ascoltate!”.
E questo imperativo lo troviamo anche subito dopo il brano di oggi, all’inizio del versetto 7.
Il verbo “ ascoltare” ricorre decine e decine di volte nella Bibbia. Pensiamo alle parole del Deuteronomio (6,4-5): «Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze».
Le prime parole “Shemà Israel” dà il nome a una delle più sentite preghiere della liturgia ebraica, che viene ancora oggi recitata al mattino e alla sera di ogni giorno.
Da notare una cosa interessante: c’è una parentela tra il verbo “ascoltare” e il verbo “obbedire”. Obbedire deriva dal latino “ob” + “audire”, prestare attenzione.
È stato scritto: «Se per Dio “in principio è la parola” (Gv 1,1; Gn 1,3-¬‐6); per l’uomo “in principio è l’ascolto”».
La fede nasce dall’ascolto (“fides ex auditu”), ha scritto l’apostolo Paolo nella Lettera ai cristiani di Roma (10,17) e la vita cristiana si configura come chiamata all’obbedienza della fede (“oboeditio fidei”, Lettera ai Romani 16,26). Così le Scritture stesse esigono obbedienza, ascolto fattivo, anzi esigono il sì preliminare a colui che parla tramite esse. Quando la mediazione mosaica dell’alleanza sinaitica trova la sua compiutezza nella redazione scritta del “libro dell’alleanza” (Es 24,4), la risposta del popolo alla lettura del libro è: “Tutto ciò che il Signore ha detto noi lo faremo e lo ascolteremo” (Es 24,7), cioè lo metteremo in pratica e così lo ascolteremo veramente, lo comprenderemo.
Riflettiamo
In tutta la Bibbia, dunque, è presente l’obbligo da parte del credente di prestazione attenzione a Dio: la parola umana lascia il posto al silenzio per ascoltare la parola di Dio. La parola di Dio va ascoltata, proprio perché è la Parola per eccellenza, l’unica, la sola che esige ascolto.
Che significa allora ”ascoltare”? Significa fare silenzio. La parola di Dio risuona, quando tacciono le nostre parole.
Vorrei riflettere sul nostro modo di pregare. I Mistici invitavano a far tacere ogni richiesta a Dio: pregare per loro non era chiedere, non era supplicare, ma tacere, ovvero contemplare.
Già il termine “mistica” va riportato al suo senso greco originario, nel quale esso non era sostantivo, ma aggettivo di “teologia”, e indicava perciò una scienza di Dio, un discorso su Dio, chiuso, riservato, riguardo al quale sono opportuni il silenzio e la quiete (cui allude il verbo greco “myein”).
La Mistica è l’arte nobile del tacere: di Dio non si sa nulla, perciò non si deve dire nulla. Più si parla di Dio, più ci si inganna e si inganna. Ecco perché ogni religione è un inganno, proprio per quel suo voler dire e ri-dire cose su Dio tanto da renderlo un idolo, un’immagine di se stessa.
Quando la religione parla di Dio, parla di se stessa, si auto-incensa in quanto idolatra se stessa. La religione dice di parlare in nome di Dio, in realtà parla in nome proprio, imponendo credenze che sono solo ritualismi, formalismi, tutto un insieme di pratiche religiose che hanno come oggetto un idolo o idoli: gli antichi pagani al confronto avevano una concezione più sacra della realtà divina.
Tornando al modo di pregare dei cristiani che cosa vediamo o, meglio, che cosa ascoltiamo? Una lunga stucchevole ripetizione di litanie, ovvero di invocazioni che non fanno che coprire quel silenzio che ci permette di ascoltare Dio.
Come si può ascoltare la voce di Dio, se a parlare siamo sempre noi? Pregare per i mistici è contemplare, in silenzio. E, invece, ecco canti, invocazioni, suoni, danze, riti, tutto un eccesso di carnalità che spengono la voce divina, che è Spirito, perciò da ascoltare all’interno del nostro essere.
L’invito all’ascolto è invito a tacere, e a far tacere le nostre parole, i nostri pensieri, i nostri desideri, le nostre richieste. Anche Cristo l’ha detto: “Pregando, non sprecate parole come i pagani; essi credono di venire ascoltati a forza di parole”.
Buttandola in battuta, non vorrei essere nei panni del Padre Eterno, che ad ogni istante è costretto a subire noiose invocazioni di milioni di persone.
Quando si prega, dicono i Mistici, bisogna tacere in una contemplazione “passiva”. Nulla di attivo da parte nostra, se vogliamo dare retta alla Parola divina, l’unica ad essere attiva.
Si ascolta Dio nel silenzio interiore, che però esige un silenzio anche esteriore.
Non si può ascoltare Dio nella baldoria, nel fracasso, nelle manifestazioni di massa. Che il papa vada anche in giro per il mondo per annunciare il Vangelo di Cristo, mi sta anche bene, ma basta con celebrazioni di Messe con folle oceaniche.
C’è silenzio e silenzio. C’è un silenzio che si chiama estetica, ad esempio di chi gode la natura per i suoi colori o per i suoi suoni. Questo è estetica carnale. La Natura non parla, anch’essa tace; se parla, non è più voce di Dio.
Il silenzio che ascolta è quello dello spirito del nostro essere, che intimamente si unisce con il Divino in noi.
Anche la voce dello Spirito ha i suoi suoni, ma sono impercettibili, si fanno sentire nel fondo della propria anima, ovvero in quel Pozzo profondo dove l’acqua riflette l’immagine divina.
Il silenzio è essenzialità. Basta una nota musicale, una sola, per far sentire la voce di Dio. Più note, che si accavallano, disturbano e, nel caso di più note, la voce di Dio si fa sentire nell’intervallo tra una nota e l’altra.
Il silenzio è essenzialità, perché Dio è Essenzialità, ed è talmente essenziale che i nostri sensi perdono qualsiasi emozione. Basta una parola di troppo, e si interrompe l’incanto divino.
Silenzio e ascolto. Tutto tace, e la parola divina risuona nella notte dello Spirito. La notte è l’ideale per ascoltare Dio. Ma oggi la notte, quando la luce si ritira per non ferire gli occhi fisici accecandoli, non è più notte, ma giorno artificiale di luci psichedeliche e di suoni contro la quiete dello spirito: una notte di carnalità che ferisce quel sacro che vorrebbe rispetto e contemplazione.
La notte dello Spirito è la quiete dei sensi: l’ideale contemplativo della Parola divina.
La mistica può aiutare l’essere umano ad uscire dalla caverna di Platone? Il grande maestro di vita l’educatore intellettuale Socrate direbbe di sì. Cosa richiede l’educazione? Concentrazione e ascolto. La mistica può aiutare l’essere umano a guarire dalle sue malattie? Sì, direbbe l’esperto medico di meditazione il Buddha. La mistica può aiutare l’essere umano ad aver cura del bene comune? Sì, direbbe l’esperto politico di saggezza Confucio. La mistica può aiutare l’essere umano ad essere Giusto? Sì, direbbe l’esperto profeta di giustizia Gesù. Mistici vicini a noi? Le educatrici intellettuali Simon Weil, Etty Hillesum … Il contemplativo e profeta Carlo Maria Martini che definì il mistico calabrese Gioacchino da Fiore “ll più grande profeta del secondo millennio”. Per chi vuol guardare più indietro nel tempo segua il consiglio di don Giorgio: i mistici renani. Perchè non ripensare il Natale nutrendosi del cibo spirituale che ci offre la mistica?