È veramente triste una Diocesi che vive di culti cadaverici

DON BOSCO
di don Giorgio De Capitani
Pensavo che certi fenomeni da baraccone fossero scomparsi, e che subentrasse al loro posto una fede più autentica, radicalmente evangelica. Ma mi sbagliavo.
Quando sono venuto a conoscenza che anche nella nostra Diocesi ci sarà la Peregrinazione dell’urna di San Giovanni Bosco, mi sono cadute le braccia, e ancora una volta mi sono chiesto come sia possibile aggrapparci a queste idolatrie (o mummia latria). Sì, perché effettivamente di questo si tratta: di adorazione (o latria) di resti cadaverici a cui affidare le nostre attese e speranze. Di che?
Che ci siano i santi o i beati o i venerabili o i servi di Dio (non ho ancora capito la differenza: è tutta questione di quantità taumaturgica?), che la Chiesa gerarchica ufficialmente proclama e propone come modelli da imitare davanti al mondo cattolico, lo posso anche capire, soprattutto in epoche in cui la Chiesa ha bisogno di auto-celebrarsi. In realtà è così: la Chiesa canonizza usando come criterio le virtù più consone al sistema. Che poi il popolo di Dio veda nei santi canonizzati più di quanto la Chiesa vorrebbe, questo è un altro discorso. E la Chiesa è così scaltra che sa mettere il cappello sopra quei profeti che, in vita, hanno contestato la religione. E ci riesce: basta poco, ovvero si presenta il profeta scomodo togliendogli le sue reali provocazioni, addolcendo il tutto.
Non vorrei insistere su questo, perché il discorso ci porterebbe lontano dal nostro caso, ovvero da questa insana voglia di far risuscitare i santi, venerandone le spoglie o i resti di ciò che il tempo ha consumato. E smettiamola di pensare che il Padre Eterno riservi particolari favori al corpo di alcuni suoi devotissimi. Ciò che Dio non vuole fare, lo fa la pratica dell’imbalsamazione, usanza pagana tipica dei tempi dei faraoni.
– Ma, si dice, è lo spirito del Santo che viene evocato!
A che punto siamo arrivati? Evocare lo spirito del Santo? E quale spirito?
Basta con queste forme di superstizione miracolistica per cui si crede che toccare l’urna o la sola presenza dell’urna possa compiere il miracolo. E quale miracolo? Risvegliare la fede? Ridare ai giovani l’entusiasmo di vivere?
Siamo o non siamo in cattiva fede? Oppure devo credere nella buona fede di tanti allocchi?
Ho l’impressione che, provate tutte le esperienze, anche le più strampalate, non sia rimasta altra soluzione che aggrapparci a qualche santo. Non è che questa sia la prova del nostro fallimento educativo?
– Chissà, dopo averle tentate tutte, adesso affidiamo la patata bollente a qualche spiritello vagante che, disoccupato, vorrebbe trovare un po’ di lavoro!
È forse così?
Fosse anche così, sarebbe il minor male. Ma proporre oggi un’urna di ossa ricoperte da una maschera di cera o d’altro per risvegliare lo spirito nei giovani, questo è il colmo che rasenta il grottesco più irrazionale. Per fortuna, tempi fa era proibita la cremazione! Altrimenti, saremmo qui a venerare un pugno di ceneri! Santi moderni, se volete domani avere l’onore di peregrinare tra gli applausi della gente, non fatevi cremare! La Chiesa sarebbe fregata! Non avrebbe più nemmeno un osso da dare in pasto al popolo credulone!
Lo so che qualcuno mi accuserà di essere dissacrante, di essere blasfemo!
Io blasfemo? Ma chi bestemmia realmente il vero Dio? Certo, bestemmio il dio della religione, ma questo non è che un idolo. L’idolatria, nell’Antico Testamento, era un peccato punibile con la morte! Ed è successo paradossalmente che la Chiesa abbia mandato sul rogo come bestemmiatori i cultori del vero Dio!
Tornando al tema, se crediamo di risvegliare nei giovani l’entusiasmo della fede o, meglio, il risveglio delle loro energie vitali, proponendo forme superstiziose che rasentano l’idolatria, ci sbagliamo di grosso! I giovani d’oggi hanno bisogno d’altro: casomai di essere aiutati a cercare il divino che è in loro, che non ha nulla a che fare con una religione che vive di apparenze, di aggregazioni strutturali, di apparizioni di santi o di madonne, di questo o di quello. I nostri ragazzi hanno perso la “sacralità” della vita e del contesto in cui vivono. Sacralità non sta per religiosità. Sono due cose diverse. La religione toglie la sacralità innata per imporre la sua visuale di dio, che è una sua creazione, mentre la sacralità fa parte del nostro essere, ed è il divino in noi.
Mentre la religione vive di superstizione o di magia (nel senso peggiore del termine), la sacralità è ciò che noi siamo. Qui sta il punto. Qui sta il segreto. Più esteriorizzi la fede di un giovane, o i suoi ideali, o le sue energie vitali, più tradisci la sua sacralità, che è il divino del suo essere.
E noi che facciamo? Mettiamo questi giovani, già alieni per tutta una serie di cause, al contatto con un’urna di ossa, e speriamo nel miracolo. Ma il miracolo è già dentro nei giovani. Basta farli rientrare nel loro essere.
Quando una Chiesa è ancora ferma a queste forme blasfeme, non ci sarà via d’uscita. È inutile, perfettamente inutile che Papa Francesco faccia di tutto per rinnovare la Chiesa, quando poi non affonda il suo fendente nel cuore di una religione che vive ancora di un culto cadaverico!
da ChiesadiMilano
31 GENNAIO – 4 FEBBRAIO

Don Bosco, in pellegrinaggio lungo la diocesi

Nel corso della sua Peregrinazione l’urna del Santo dei giovani è in arrivo in Diocesi: diversi gli appuntamenti e le iniziative, che culmineranno nella celebrazione in Sant’Ambrogio con l’Arcivescovo
di Mario PISCHETOLA
10.01.2014
È ormai partito il conto alla rovescia verso l’incontro della nostra Diocesi con il «padre e maestro della gioventù», San Giovanni Bosco. La Peregrinazione dell’urna del Santo dei giovani si svolgerà in cinque giornate intense in terra ambrosiana (prima tappa del suo viaggio in Lombardia).
Il primo incontro sarà a Varese nella Basilica di San Vittore, dove l’urna di don Bosco sosterà per l’intera mattinata di venerdì 31 gennaio, giorno in cui si celebra la sua memoria liturgica. Partirà poi per il Seminario arcivescovile di Venegono, incontrando nel primo pomeriggio i seminaristi ambrosiani.
Due chiese parrocchiali dedicate a San Giovanni Bosco, a Olgiate Olona (al Gerbone) e a Seregno (al Ceredo), accoglieranno la Peregrinazione nel tardo pomeriggio e nella serata del 31 gennaio, quando tutte le comunità educanti saranno chiamate a radunarsi celebrando in diverse forme, nella propria realtà locale, il Santo dei giovani. Altre due chiese parrocchiali dedicate a don Bosco saranno visitate nel corso della Peregrinazione: nella sera di domenica 2 febbraio a Milano (Baggio) e nella sera di lunedì 3 febbraio a Sesto San Giovanni.
Nella mattinata di sabato 1 febbraio don Bosco sarà a Lecco, nella Basilica di San Nicolò, per poi partire alla volta di Milano.
Saranno le catechiste e i catechisti della Diocesi ad accogliere l’urna di san Giovanni Bosco nel capoluogo lombardo, con una preghiera in Duomo che avrà inizio alle 14. La celebrazione sarà presieduta dal Vicario generale, monsignor Mario Delpini. Per due pomeriggi, sabato 1 e martedì 4 febbraio, la Cattedrale sarà la cornice di una visita prolungata, dove i protagonisti saranno i ragazzi degli oratori e delle scuole, accompagnati da genitori, educatori e insegnanti. Alle 17.30 di sabato 1 in Duomo, monsignor Erminio De Scalzi presiederà l’eucaristia, a cui sono invitati a concelebrare i sacerdoti e a partecipare i fedeli della Diocesi.
Un momento altamente suggestivo sarà dedicato agli adolescenti, chiamati nella serata di sabato 1 febbraio a compiere un itinerario spirituale all’interno del Duomo, aperto in esclusiva per loro. Il testimone passerà ai giovani che, intorno alla mezzanotte, partiranno alla volta della chiesa salesiana di Sant’Agostino (zona Stazione Centrale), in una originale “passeggiata” notturna con don Bosco. Sempre i giovani si daranno appuntamento alle 16 di domenica 2 febbraio per l’eucaristia in Sant’Agostino (via Copernico 9).
Lunedì 3 febbraio don Bosco “farà visita” al carcere minorile Cesare Beccaria. Il cardinale Dionigi Tettamanzi celebrerà l’eucaristia e conferirà i sacramenti ad alcuni minori detenuti. A seguire le religiose e le consacrate saranno chiamate a una preghiera di intercessione per i più giovani, proprio nella cappella del carcere minorile, mentre i ragazzi del Beccaria “si racconteranno” a una delegazione di coetanei dei collegi arcivescovili. Nel pomeriggio, dopo aver sostato presso la comunità Kàiros di Vimodrone, don Bosco incontrerà gli oratori di Melzo in rappresentanza di tutti gli oratori ambrosiani.
La conclusione solenne della Peregrinazione sarà riservata alle “comunità educanti” che si raduneranno con l’Arcivescovo Angelo Scola per l’eucaristia nella Basilica di Sant’Ambrogio a Milano, martedì 4 febbraio alle 21, a conclusione di una fiaccolata nel centro della città che partirà dal Duomo alle 20.

«L’urna di don Bosco, un dono per la Diocesi»

«Incontrerà una comunità che investe moltissimo sull’educazione – afferma don Samuele Marelli, direttore della Fom -. L’oratorio è l’elemento che ancora oggi ci unisce a lui in modo indissolubile»
di Mario PISCHETOLA
 26.01.2014
«È un dono prezioso per tutta la nostra Diocesi»: riassume così don Samuele Marelli, direttore della Fondazione oratori milanesi (Fom), l’esperienza della Peregrinazione dell’urna di san Giovanni Bosco, nelle «cinque giornate» dedicate al passaggio in terra ambrosiana. Sotto lo slogan «Don Bosco è qui», che ha accomunato il viaggio del «padre e maestro della gioventù» in tutte le regioni di Italia, in seguito alla Peregrinazione mondiale partita nel 2009, anche la Chiesa di Milano si appresta a vivere un incontro memorabile, che vedrà come protagonisti soprattutto i ragazzi di ogni fascia d’età, gli adolescenti e i giovani e, insieme a loro, tutte le «comunità educanti» che stanno vivendo dal 21 gennaio la lunga Settimana dell’educazione.
La peregrinazione di don Bosco si colloca dunque dentro un cammino di preparazione ben articolato…
Nella nostra Diocesi c’è questa felice coincidenza che colloca l’arrivo di don Bosco al termine della Settimana dell’educazione e nel giorno della sua memoria liturgica (31 gennaio, ndr). Anche la Festa della famiglia che si celebra oggi e la Giornata per la vita di domenica 2 febbraio mettono a tema l’educazione come elemento chiave della vita familiare che “genera futuro”. Tutta la Chiesa diocesana, anche la comunità adulta, è dunque coinvolta in queste giornate. Don Bosco “incontrerà” una comunità che investe moltissimo sull’educazione, in ogni ambito di vita. Le nostre comunità potranno chiedere al Santo dei giovani di rigenerare in esse quel metodo educativo efficace che già appartiene loro.
Qual è questo metodo educativo che accomuna don Bosco e la nostra tradizione?
Certamente ritroviamo un denominatore comune nell’oratorio. Don Bosco ci insegna a “fare oratorio” ancora oggi, eppure nel corso della sua vita più volte venne a Milano per imparare dall’esperienza degli oratori ambrosiani, studiandone i regolamenti del tempo e riportandoli nell’elaborazione del suo sistema educativo. L’oratorio è l’elemento che ancora oggi ci unisce a don Bosco in modo indissolubile. La sua visita ci chiederà di non smettere di “ripensarlo”, secondo le nuove sfide che la vita dei ragazzi, così com’è oggi, chiede di affrontare.
Quest’anno si celebra anche il centenario della Fom: come si colloca nell’ambito della Peregrinazione di don Bosco?
Anche questa è una felice coincidenza. Più volte l’Arcivescovo ci invita a riscoprire la dimensione comunitaria dell’educare, dentro un contesto di trasmissione della fede che apre a nuove sinergie, per investire la libertà di ciascun ragazzo e proporre a tutti una più ampia appartenenza. La Fom può essere ancora quello strumento che crea comunione e fa sentire ciascun oratorio – e in esso ciascun ragazzo, animatore, educatore, ecc – parte di una grande comunità ecclesiale, tutta orientata ad abitare il mondo con senso di responsabilità. L’obiettivo di don Bosco verso i ragazzi consisteva nel formare “buoni cristiani e onesti cittadini” e, per questo, faceva in modo che, per essi, la Chiesa fosse una casa accogliente e familiare in cui imparare a vivere felicemente. Gli oratori insieme sono segno della Chiesa che per i ragazzi continua ad avere grandi sogni e grandi speranze.
Ci sono tappe significative che segnano la presenza di don Bosco nella nostra Diocesi?
Il programma della Peregrinazione di san Giovanni Bosco nella Diocesi ambrosiana è molto ricco e coinvolge moltissimi soggetti. Ogni tappa ha un suo significato. Vengono visitate tutte e sette le Zone pastorali e tutte le parrocchie dedicate al Santo dei giovani; don Bosco passerà in Seminario e negli ambienti dove si lavora per il recupero dei minori, come il carcere minorile “Cesare Beccaria” – in cui centinaia di religiose si ritroveranno a pregare per i più giovani – e la comunità Kàiros di Vimodrone. Emblematicamente una sosta sarà all’oratorio Sant’Alessandro di Melzo, chiamato a rappresentare tutti gli oratori ambrosiani. Ma sarà il Duomo, la Cattedrale, il centro degli incontri di migliaia di ragazzi, adolescenti, catechisti, educatori e genitori che dialogheranno con don Bosco, certamente mettendoci il cuore.

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