L’EDITORIALE
di don Giorgio
Una Messa di sguardi e di gesti, e poi?
Credo che in questa emergenza per pandemia Coronavirus passeremo alla storia per la imbecillità di una certa politica agli estremi di ogni limite di decenza, e per il vuoto oramai assoluto (“sciolto” da ogni speranza di ravvedimento o di conversione) di una Chiesa gerarchica o istituzionale, a cui il virus ha tolto anche le mutande.
Le “vergogne” sono sotto gli occhi di tutti, anche dei bambini, a cui gli angeli provvedono a coprirne gli occhi con le loro grandi ali.
Sinceramente non pensavo che la Chiesa arrivasse a tanto, ovvero sprofondasse in un baratro, da cui difficilmente riuscirà a risalire.
Certo, tutto è possibile a Dio, ma la sua onnipotenza è messa a dura prova non tanto per opporsi alle forze del Diavolo, ma alla ostinazione dei suoi fedeli, tanto sono ciechi e ottusi da aggrapparsi con tutta l’arte del ridicolo a ogni gesto anche umano (guardarsi negli occhi con un inchino), così “umano” da essere stato nel passato, fino all’altro ieri, “temuto” proprio come gesto troppo “umano”, e che ora viene sdemonizzato nelle acque del Po.
Ci voleva il Coronavirus per “umanizzare” un po’ la Chiesa, peccato però che, ancora una volta, la gerarchia sia caduta nel grottesco per volere a tutti i costi riprendere un gesto (stringere la mano) come segno di pace, sostituendolo con lo sguardo negli occhi accompagnato con un inchino.
Un vantaggio ci sarebbe, ed è che il celebrante potrà finalmente scambiarsi la pace, dicendo a tutta l’assemblea: “Guardiamoci negli occhi, fate tutti un inchino e così saremo tutti felici e contenti!”.
Immaginate gli inconvenienti, i sorrisetti, gli imbarazzi (avere accanto una ragazza).
Ma non è questo il vero problema: il problema è che si fa di un relativo (lo scambio fisico della pace) un qualcosa di essenziale, quando dell’Essenziale nella Chieda è rimasto neppure l’ombra.
Ci rendiamo conto a quale bassezza è sprofondata la Chiesa?
Altro che dire, come ha detto il “piccoletto” di Milano che il virus ha tolto la spiritualità. Tolto? E prima dov’era?
Casomai, e qui nessun vescovo, nemmeno il papa ha colto l’opportunità, il virus poteva essere una grande provvidenziale occasione per convertirsi!
Povera società! Povera! E chi ci salverà? Forse nessuno, forse pochi, senz’altro la massa sarà finalmente spazzata via, e la Chiesa istituzionale imploderà per opera dello Spirito santo, pronto a generare un altro Messia, quando però troverà disponibile un grembo verginale di Donna.
Nel frattempo, illudiamoci pure che, guardandoci negli occhi approvando il gesto con un dolce inchino, durante la Messa ridotta a freddo ritualismo, risolveremo la nostra cecità spirituale, che ci aliena da quello Sguardo divino, davanti a cui non potremo che riconoscere la nostra impotenza, rifugiandoci in una religione che dà qualche soddisfazione carnale, togliendoci però l’Incontro con il Divino.
Che senso può avere guardarsi negli occhi, quando a riflettersi dentro è l’immagine di un ego che se la ride per l’inganno idolatrico, che toglie a Dio la possibilità di spaziare in tutta la sua infinita libertà?
Povera Chiesa! Si aggrappa a “gesti” spenti, e la gente ancora uscirà di chiesa con lo spirito spento e il cuore arido, magari pensando: “Che fortuna oggi, ho potuto lecitamente godermi gli occhi di una bella ragazza”: Ma potreste anche incrociare gli occhi di un leghista, e allora ci cadranno anche le braghe, tanto più se l’omelia del celebrante è stata la solita senza occhi e senza cuore.
30 gennaio 2021
Perbacco!!!!!!!!Questo è un articolo che,se messo in pratica,potrebbe spolveare la CHIESA da tante inutili e dannose (necessità).
A proposito di scambi di segni di pace da strette di mano agli incroci tra sguardi veloci e inchini. Trascrivo la lettera di un sacerdote datata 16 aprile 1967 indirizzata al settimanale Epoca che inizia con quanto esclamò Papa Francesco all’inizio del suo pontificato: “Oh come vorrei una Chiesa povera, per i poveri! …”.
“Voglio una Chiesa povera, senza oro, senza argento, senza conti correnti, senza fastose apparecchiature, senza costosissimi addobbi. Voglio una Chiesa che distribuisca tutto ciò che può ricevere. Non sono un eccentrico, non sono un prete di sinistra. Sono un giovane servo del Signore che vorrebbe sentire il Signore più vicino, e vorrebbe che lo sentissero più vicino tanti infelici che sono nel mondo, malati non solo di miseria, ma di sfiducia, di incredulità, di solitudine e di tristezza. Quanti cuori tornerebbero a Dio davanti all’esempio di una Chiesa povera, veramente povera, senza mezzi termini! Si può dir Messa senza oro e argento. L’oro e l’argento onorano il Signore? La nostra povertà, la più totale, la più assoluta, l’onorerebbe assai di più. Vivo in una parrocchia da quattro anni e non mi sento un pastore di anime. Mi sento un impiegato, la rotella di un meccanismo, manovro registri e schedari, “organizzo” cerimonie nuziali, discuto con gli sposi le decorazioni floreali e il prezzo delle stesse: la tariffa. Non sono un ribelle. Sono un povero timido prete che tante sere piange come un ragazzo perchè gli sembra che tutto, intorno a lui, sia falso e sbagliato. Se parlo di queste cose con gli altri sacerdoti, essi mi rispondono, chi con tristezza, chi con ironia, che non sarò io a cambiare gli uomini e il mondo. Ma se vogliamo che gli uomini e il mondo cambino, dobbiamo cambiare noi, tocca a noi dare l’esempio, sbarazzarci di tutto e vivere letteralmente di carità. Tocca a noi pagare gioiosamente questo prezzo perchè nella Chiesa sia visibile il Vangelo vivo, a consolazione di tutti i sofferenti, a conforto di tutti gli infelici … Tutti abbiamo il dovere, oggi, di uscire da assurdi riserbi che sono vere e proprie ipocrisie. Sono un servo che si confessa: vorrei amarvi di più perchè il Signore sia amato e capito di più. Non voglio fare l’impiegato della Chiesa: voglio essere l’uomo che Dio ha mandato tra voi per soccorrervi quando siete stanchi, per abbracciarvi quando siete infelici. Questa è la Chiesa che tanti di voi attendono di vedere.”