Ciò che non farei mai per Salvini!
di don Giorgio De Capitani
Ciò che non farei mai per Salvini!
Le cose sono tante, troppe, per essere tutte dette, e non tutte sopportabili da ascoltare.
Se Salvini si trovasse in qualche grave difficoltà, d’ogni genere, non muoverei un solo dito per aiutarlo: lui è onnipotente, saprà cavarsela da solo.
Se venisse anche ingiustamente vilipeso, non farei nulla per difenderlo, restituendogli una onorabilità che non può essergli sottratta, essendo del tutto nulla.
Se si pentisse di qualche crimine commesso, non gli crederei, per nulla convinto che ci sia in lui una sola possibilità di un ravvedimento.
Se anche dicesse una cosa magari sensata, non darei alcun credito ad una tale eventualità, del tutto impossibile.
Se venisse sequestrato, lo lascerei nelle mani degli uomini della divina provvidenza, supplicandoli di tenerselo fino a quando egli avrà ottant’anni.
Se stesse per morire di sete, non gli offrirei nemmeno un sorso d’acqua, sottraendolo a un poveraccio assetato, anche senza permesso di soggiorno.
Se stesse per cadere in un burrone, volterai la faccia da un’altra parte, là dove migliaia di esseri umani stanno annegando per colpa di un criminale che merita di morire in pasto agli sciacalli.
Se mi chiedesse una preghiera, ne raccomanderei l’anima al demonio.
Se sul punto di morire mi supplicasse di intercedere per la sua salvezza, mi rivolgerei al Padre Eterno e gli urlerei: Adesso, sono cazzi tuoi!
Se dovesse crepare, direi solo: Amen! Così sia! Alleluia!
Mi si accuserà di non essere un cristiano, e tanto meno di essere un ministro di Cristo.
Dipende: che significa essere cristiano o ministro di Cristo? Essere un coglione? Tirar giù le braghe? Chiudere gli occhi e tappare il naso?
Avere pietà di un bastardo che non ha pietà per i miseri? Perdonare un farabutto incallito, bestemmiatore senza vergogna?
Perdonerei i mafiosi, ma non Salvini.
Preferirei andare all’inferno piuttosto che aver pietà di Salvini.
Lo so: sto parlando per paradossi, la realtà meriterebbe un giudizio ancor più implacabile.
Comprendo lo sfogo. La carità è una virtù divina e moi ci sforziamo di praticarla sempre e comunque, ma siamo esseri umani e anche se il Creatore ha installato in noi un soffio della sua divinità, siamo comunque imperfetti e incompiuti finché siamo su questo mondo. Dalle mie parti si dice: “Quanno ce vo’ ce vo’!” per indicare che a volte possono scappare anche espressioni “colorite” e/o “pesanti” e parolacce. La frase “far perdere la pazienza anche ai santi” la dice lunga sul limite di sopportazione che siamo in grado di accettare di fronte alle ingiustizie, alle prepotenze, all’ignoranza protervia e ai pregiudizi malevoli di chi tende a fare di tutta l’erba un fascio sul tipo: immigrato=clandestino=delinquente.
… amen!