Omelie 2016 di don Giorgio: SESTA DI PASQUA

1 maggio 2016: SESTA DI PASQUA
At 21,40b-22,22; Eb 7,17-26; Gv 16,12-22
Di fronte ai tre brani della Messa, mi sento anch’io in forte difficoltà: ognuno di essi meriterebbe una particolare attenzione, e richiederebbe ben oltre i dieci minuti impegnati in un’omelia. Giustamente scrive don Angelo Casati, all’inizio del suo commento: «Sfioro i testi. Dico sfioro, perché non ci è possibile addentrarci profondamente sia per la molteplicità dei temi che li attraversano, sia anche per la mia limitata comprensione. Sono testi che ci lasciano forse più domande che risposte».
Mi limito, anch’io, a qualche considerazione di fondo.
Perseguitati dal dio religioso
Una prima considerazione. Si parla di persecuzioni. Nel brano degli “Atti degli Apostoli”, troviamo l’apostolo Paolo costretto a difendersi prima di essere incarcerato dai suoi ex connazionali in nome proprio del dio ebraico. Gesù, nel suo secondo Discorso d’Addio,   all’inizio del capitolo 16, poco prima dei versetti del brano di oggi, avverte i suoi apostoli: «Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio» (16,2).
Dunque, una lotta fratricida, tra i seguaci della stessa religione, oppure tra i seguaci di religioni diverse, in nome di ciò che ciascuna chiama dio: un dio che divide, che ordina di uccidere. Commenta a proposito don Angelo Casati: «Fa pensare il fatto che spesso per la Bibbia le persecuzioni vengano dagli uomini religiosi, in nome della religione, sembra quasi una costante: oggi, nella prima lettura, ci veniva raccontata la vicenda di Paolo, prima persecutore in nome della religione e poi, una volta convertito, perseguitato dagli uomini religiosi».
Lo stesso farà la Chiesa nei riguardi di coloro che la ostacoleranno o la contesteranno. Non c’è bisogno di portarvi delle prove.
Perché succede tutto questo? Perché la religione si crea un proprio dio, un proprio idolo, e per difenderlo come l’assoluto, perseguita e uccide coloro che adorano un altro dio, un altro idolo. È sempre questione di uno pseudo-dio. I Mistici preferiscono alla parola Dio la parola Divinità: la Divinità sfugge ad ogni classificazione, a qualità o caratteristiche tali dargli un nome specifico, come invece succede per le religioni che hanno un loro dio, un loro idolo, con nomi propri, caratteristiche e qualità tali da distinguere il dio cattolico dal dio islamico o dal dio ebraico. Sono stati per primi gli ebrei a monopolizzare dio, poi sono arrivati i cattolici e gli islamici. Ognuno si porta dietro il proprio dio, e in nome di questo dio va in guerra.
La Divinità, di cui parlano i Mistici, è quel profondo Divino che sfugge ad ogni manipolazione: non è il dio di nessuna religione. Il Divino in noi affratella tutti, proprio perché non è di nessuno.
“Perseguitai a morte questa Via”
Seconda considerazione. San Paolo, nella sua auto-difesa, dice: «Io perseguitai a morte questa Via», riferendosi al Cristianesimo.
Al capitolo 9, sempre del libro “Atti degli Apostoli”, i cristiani vengono chiamati “i seguaci della Via”.  Prima della nuova traduzione della Cei, il termine originale greco “odòs”, che significa via, veniva tradotto con dottrina. Ma Gesù non aveva forse dichiarato: “Io sono la via”? Sì, aveva anche aggiunto: “Io sono la verità”, che però è un cosa diversa dalla dottrina, che è un insieme di verità strettamente legate alla religione. Dire via significa dire cammino, come espansione della vita. Dio è verità che chiede da parte nostra una particolare disponibilità a muoverci dai nostri punti fermi, dai nostri dogmi intoccabili. Il cammino richiede un punto di partenza e un punto di arrivo, che è la stessa infinità di Dio.
La religione, purtroppo, tende sempre ad anticipare il punto di arrivo, e dargli subito un nome. Non lo dice, ma è così. Oppure, se parla di cammino, mette tali e tanti paletti che la strada è quella, ovvero quella fissata dalla religione. E su questa strada bisogna camminare. Altrimenti, fuori, c’è solo morte.
Ma lo Spirito di Cristo non è una strada a senso unico: è un crocevia di strade. Dallo Spirito di Cristo diramano infinite strade che trovano il punto di convergenza nel profondo dell’essere umano. Le religioni cercano di dirottare i credenti su altre strade, che non portano all’essere umano.
“Lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità”
Una cosa è certa: neppure il Cristo storico ha voluto rivelarci tutta la verità, per cui perché rifarci solo a quanto ha detto o ha fatto il Gesù Cristo dei Vangeli? Gesù ha detto chiaramente che la verità nella sua completezza è sempre aperta al futuro, e che bisogna camminare sulle ali dello Spirito santo, o del Cristo della fede.
La verità non è una dottrina già fissa in un dogma indiscutibile, qualcosa di immobile, di intoccabile, già scritto una volta per sempre. La verità, opera dello Spirito, non è neppure tutta presente nei Vangeli scritti. C’è sempre un oltre, che è una graduale conoscenza della verità divina, che lo Spirito scrive man mano nella storia dell’Umanità, e che bisogna leggere e interpretare con gli occhi della Mistica, e non con gli occhi carnali di una religione, che ha tutto l’interesse di imprigionare della verità ciò che fa comodo alla sua struttura.
In fondo al nostro cuore, nel fondo dell’anima, c’è una miniera da scavare ogni giorno, se vogliamo vivere di quella libertà, che è il frutto della verità divina, che ama le strade dello Spirito, e non della carne, come direbbe San Paolo.
La Bibbia è certamente un aiuto a scoprire la verità: non dimentichiamo che è sempre un libro scritto, ma lo Spirito non ama scrivere libri. Attenzione, dunque, ed è qui, secondo me, il limite di una Chiesa che si rifà sempre alla Sacra Scrittura, che è sempre e solo una Scrittura con tutti i rischi che può avere uno scritto.
La Bibbia termina con l’Apocalisse, ma, dopo l’Apocalisse, si è aperto un mondo nuovo, quello dello Spirito. Stiamo attenti a dire che la verità è tutta dentro la Bibbia. In ogni caso, per rivelazioni dello Spirito non intendo affatto le rivelazioni di santi o di madonne. Anche qui, lo Spirito agisce a modo suo: in modo del tutto invisibile, ma reale. Ed è qui la sua libertà d’agire. Ed è qui il fascino di una verità che sfugge al mondo visibile, ma opera nel mondo del nostro essere più profondo, là dove non esiste alcuna distinzione tra credenti e non credenti.

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