Omelie 2014 di don Giorgio: Festività di Pentecoste

8 giugno 2014: Festività della Pentecoste
Ar 2,1-11; 1Cor 12,1-11; Gv 14,15-20
Ogni anno la Liturgia della Chiesa celebra in modo solenne i Misteri riguardanti l’incarnazione del Figlio di Dio (il Natale), la passione, la morte e la risurrezione di Cristo (la Pasqua), la sua salita al cielo (l’Ascensione), e, infine, la discesa dello Spirito santo sulla Chiesa nascente (la Pentecoste).
Forse oggi sentiamo parlare di più dello Spirito santo. Mi ricordo che, quando da chierico studiavo teologia, i professori ci parlavano dello Spirito santo come dell’Eterno Sconosciuto. C’è stato un lunghissimo periodo in cui i cristiani non sentivano mai parlare dello Spirito santo, anche perché la Chiesa pensava a tutt’altro.
È sbagliato anche dire che finalmente è iniziata l’era dello Spirito santo. Dividere le manifestazioni di Dio in ere o periodi storici è la cosa più assurda. Non c’è l’era dell’Antico Testamento, in cui Dio era Jahwe, l’onnipotente, tanto unico da non permettere distinzioni e rappresentazioni. Non c’è l’era del Cristo storico, e non c’è l’era dello Spirito santo, iniziata con la Pentecoste. Il Mistero è sempre unico.
Dio ha creato il mondo in quanto Trinità, e in quanto Trinità agisce nella storia, anche se sarà Gesù Cristo a rivelarci il Mistero trinitario. Ma se leggessimo attentamente il Vecchio Testamento, vedremmo che non si parla mai del Figlio di Dio (il Messia che gli ebrei aspettavano doveva essere un grande invincibile condottiero che li avrebbe liberati dalla schiavitù), mentre si parla dello Spirito di Dio. Ho più volte citato le prime parole della Bibbia: “Lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque”. Ci sono altri numerosi passi in cui si allude allo Spirito. Uno dei simboli dello Spirito è il fuoco. Pensate al roveto ardente, quando Dio appare a Mosè.
L’apostolo Pietro, nel suo primo discorso tenuto subito dopo aver ricevuto il dono dello Spirito nella Pentecoste, fa una lunga citazione di Gioele, profeta dell’Antico Testamento, vissuto sei secoli prima di Cristo. Gioele parla del gran giorno del Signore, quello della fine dei tempi, giorno tanto lungo quanto terribile. Esso sarà annunciato anzitutto da una effusione universale dello Spirito. La cosa sorprendente è questa: l’effusione dello Spirito del Signore non riguarderà solo alcune categorie di persone, ma tutti: figli e figlie, giovani ed anziani e persino schiavi, uomini e donne. Secondo Gioele, però, si trattava di un fenomeno carismatico, e non di un rinnovamento interiore e di santificazione.
L’apostolo Pietro dà alle parole di Gioele un significato relativamente all’avvenimento della Pentecoste, ma sempre in linea diciamo carismatica, legata a fenomeni anche spettacolari. È così che viene descritta la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli: è accompagnata da “un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso…”, da “lingue di fuoco”, dal dono delle lingue, come se all’improvviso gli apostoli comprendessero e parlassero il linguaggio dei forestieri presenti. Anche qui bisognerebbe chiarire che le cosiddette teofanie o manifestazioni divine non vanno mai intese in senso letterale: la loro descrizione è simbolica, e i simboli, che sono carichi di significato, vanno però colti e interpretati in tutta la loro ricchezza profonda, che va al di là di fenomeni esteriori. Purtroppo, ancora oggi, si tende a tradurre la presenza divina in manifestazioni esteriori, in gesti e segni esteriori. Sta qui l’errore di certi Movimenti ecclesiali.
Essi credono che, agitandosi, muovendosi, battendo le mani o cantando o invocando o ballando, Dio si svegli e li ascolti. Bisognerebbe ogni tanto rileggere l’episodio contenuto nel primo libro dei Re, quando il profeta Elia sfida quattrocentocinquanta profeti del dio balaam, prendendoli in giro per il loro agitarsi e saltellare di qua e di là. Elia li ironizza con queste parole: “Gridate a gran voce perché è un dio! È occupato, è in affari o è in viaggio; forse dorme, ma si sveglierà”.
C’è un altro episodio che riguarda sempre il profeta Elia. Si trova sul monte Oreb: qui Dio gli si rivela in un modo del tutto particolare: non in un vento impetuoso, non in un terremoto, non nel fuoco, ma in una brezza leggera. Basterebbe questo per reinterpretare anche il brano degli “Atti degli Apostoli”, appena letto. Purtroppo, ripeto, nella Chiesa, è prevalso l’aspetto cosiddetto carismatico, quello spettacolare: pensate a certi fenomeni che chiamare strani è dir poco. Fenomeni che chiamerei di ordine patologico o neurologico. Lo Spirito Santo non ama né la spettacolarità né vuole una Chiesa di invasati. Lo Spirito agisce come una brezza leggera. Cammina coi piedi vellutati. Rispetta con delicatezza la libertà di ciascuno. Sì, ogni tanto dà qualche scossone alla struttura. Si fa sentire più gagliardo. È la struttura che richiede che lo Spirito soffi più forte. Ma di fronte alle anime, lo Spirito si comporta diversamente. Le rispetta.
Ma vorrei citare un altro profeta, Ezechiele, di cui pochi ricordano un passo molto significativo. È la visione delle ossa aride del capitolo 37. Il profeta s’immagina una grande valle, dove ci sono migliaia e migliaia di ossa di cadaveri, che, al soffio di Dio, a poco a poco si ricompongono, riprendono a vivere. Torna in loro lo spirito di vita. Non si tratta di qualcosa di spettacolare: una bacchetta magica che Dio usa quando ne ha voglia. Tutto avviene lontano dalla folla, dalla curiosità della gente. Avviene nelle coscienze decomposte. Dio ci dice che tutto è possibile: che la vita è imprevedibile, è una energia sempre pronta a esplodere. L’uomo non è solo economico, colui che mangia, colui che si agita alla ricerca delle cose, colui che consuma: l’uomo è spirito di vita. La vita è anzitutto spirito. Spirito che anima il corpo, anche il corpo putrefatto dal consumo delle cose.
Credo che sia davvero opportuno, direi doveroso, insistere sulla vitalità interiore dell’essere umano, sulla presenza in ciascuno di noi del divino più divino, senza farsi tentare dalla visibilità di segni che, invece di rivelare tale presenza divina, la coprono.
La Chiesa oggi deve scoprire il Divino che è nell’Universo, senza far uso della spettacolarità o del consenso popolare. Lo Spirito agisce, senza essere disturbato da manifestazioni fuori posto.
Penso che sia opportuno dire qualcosa sui nomi con cui viene chiamata la terza persona della SS. Trinità. Anzitutto, spirito che cosa significa? Traduce l’ebraico “ruach”, un nome di genere femminile. Già questo potrebbe suggerirci tante cose. Solitamente pensiamo a Dio come a una realtà strettamente maschile. Lo abbiamo sempre dipinto con le sembianze di un maschio. Dio è Padre. È vero che ultimamente si parla di maternità di Dio: Giovanni Paolo I (Papa Luciani), uscì a dire: “Dio è padre, più ancora è madre”.
Il termine “ruach” significa anche vento, respiro. Gesù ha inteso così, quando parlava di Spirito nella sua assoluta libertà di muoversi: uno Spirito che rigenera secondo le leggi di un ordine diverso da quello fisico.
Noi credenti, purtroppo, pretendiamo di imbrigliare il vento, di fargli fare le direzioni che vogliamo noi, anche con giravolte a seconda dei nostri capricci o dei nostri umori. Lo Spirito è il respiro del nostro essere. Tutto il resto è solo folclore. E il folclore il più delle volte nasconde un vuoto.
Ciò che urta la libertà dello Spirito è ogni forma di struttura. La struttura è come un imbuto che prende e costringe a entrare in un recipiente. Purtroppo ho questa brutta sensazione: che ancora la Chiesa è come un grosso imbuto che prende il vento da qualsiasi parte provenga e lo costringe a entrare nella struttura. Le strutture possono anche illudere perché hanno le pareti trasparenti, ma una prigione con le pareti di vetro è sempre una prigione. Passerà ancora del tempo, tanto tempo, prima che le pareti si dissolveranno. Lo Spirito sa aspettare, anche se, quando trova cuori e menti aperte, non si fa desiderare, e spinge. Spinge dal di dentro. È dalla coscienza che parte il vero rinnovamento.

2 Commenti

  1. Alessandro ha detto:

    Caro Don Giorgio, l’ho “scoperta” oggi e sto leggendo le sue omelie non solo illuminanti,ma ricche e attuali. Mi piace particolarmente questa sua riflessione sull’esasperazione di alcuni gruppi in merito alla manifestazione dello Spirito Santo. Mi è venuto in mente il movimento del Rinnovamento dello Spirito e l’incontro dell’Olimpico col Papa. Il Papa ha parlato chiaro, non l’ha mandata a dire sulla troppa organizzazione dei vari gruppi, sui capi, sui dispensatori di doni o carismi. Cosa ne pensa di questo movimento? Grazie. DlB. Alessandro -Viterbo-

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