Omelie 2016 di don Giorgio: TERZA DI QUARESIMA

28 febbraio 2016: TERZA DI QUARESIMA
Dt 6,4a; 18,9-22; Rm 3,21-26; Gv 8,31-59
Cristo ha contestato nelle sue radici la religione ebraica…
Quando Cristo affrontava certi temi, non guardava in faccia a nessuno. Men che meno attenuava le sue parole, per rispetto della religione ebraica. Non dimentichiamo che egli era un ebreo, educato fin dalla fanciullezza alla spiritualità ebraica, nei suoi usi, costumi e tradizioni. Leggendo i quattro Vangeli, abbiamo questa netta sensazione: che Cristo ce l’avesse proprio con i capi religiosi. Sì, è stato duro anche con il potere politico, ma a condannarlo è stato il Sinedrio, per la semplice ragione che Gesù aveva contestato fin nelle radici sia la Legge che il Tempio, i due pilastri della religione ebraica.
… e non ha inteso fondare una nuova religione
Dunque, Cristo ha ribaltato dalle fondamenta la religione, quella ebraica, ma anche ogni altra religione. Lo ripeto fino alla noia: il Cristianesimo, nel pensiero di Cristo, non è una religione, anche se la Chiesa, lungo i secoli, fin dagli inizi, non farà che rimettere il Cristianesimo nelle braccia della religione.
Tutto questo per dire che, quando leggiamo i Vangeli, dobbiamo stare attenti: Cristo ha messo in crisi un mondo religioso ipocrita e falso, quello di una religione secolare, che era riuscita a mettere su Dio, quello di Abramo tanto per intenderci, tutta una serie di veli sovrapposti da coprire il vero volto di quel Dio che, rivelandosi a Mosè, aveva fatto intuire che Lui è l’Essere, proibendo così ogni immagine per scoraggiare gli ebrei a confondere le raffigurazioni come se fossero Realtà. Immagine vuol dire idolo.
Il brano di Giovanni
Questo è il contesto per comprendere il brano del Vangelo di Giovanni, capitolo ottavo, versetti dal 31 al 59. È un dialogo durissimo, che arriva allo scontro non solo verbale ma anche fisico, con il tentativo di lapidazione. Ma stavolta a volere lapidare Gesù non sono gli scribi e i farisei, ovvero i capi della religione ebraica, ma “quei Giudei, specifica Giovanni, che avevano creduto in lui”. Dunque, simpatizzanti di Cristo!
Già questo fa capire che ad essere interpellati non sono gli atei o i nemici della Chiesa, ma anzitutto noi credenti..
Due temi: libertà e verità
Cristo parla di libertà e di verità. Chiarisce subito: la libertà dipende dalla verità, e non viceversa. Con tutte le conseguenze che potete immaginare, nel campo sia politico che religioso. Non sto qui a elencarle.
Vorrei soffermarmi su un aspetto particolare della dialettica di Cristo. Quando il clima era sereno, Gesù sapeva parlare alto, vedi il dialogo con Nicodemo e con la Samaritana, o quando si rivolgeva alle folle con le parabole o agli stessi discepoli (basterebbe ricordare il lungo discorso dell’addio). Ma quando il contesto si faceva teso, a causa delle provocazioni a cui era soggetto, allora Gesù cambiava tattica: usava un metodo più diretto, simile – per usare un’espressione latina – all’argumentum ad hominem, contestando cioè le affermazioni dei suoi interlocutori, arrivando anche all’argumentum ad personam, ovvero deridendoli.
Cristo, non poteva certo parlare di libertà a gente falsa e menzognera. Ecco perché il discorso si è soffermato sulla menzogna. Chi è nella menzogna, è chiuso ad ogni discorso sulla libertà.
La menzogna
So che parlare di temi alti, quali verità, libertà, essere, sembri impossibile o difficile in un mondo dove predomina la menzogna, o l’inganno. Anche Cristo si è trovato di fronte ad un muro. E la cosa strana o assurda o paradossale è che Cristo sia stato accolto dai pagani, dagli esclusi, dai poveri.
Talvolta mi consolo: neppure Cristo è riuscito a farsi intendere con quelli “di casa”, perché allora me la dovrei prendere io, povero prete, quando trovo difficoltà a spiegare il mondo dei valori all’interno della Chiesa?
Cristo ha preferito contestare i suoi avversari, quelli di casa, con argomentazioni molto dirette, denigrandoli per la loro cocciutaggine e la loro ottusità mentale. Lo so che non bastava, ma forse a Cristo non interessava convincere quelle persone, ma denudare il loro peccato: quella ipocrisia che copre la verità con la menzogna.
Ho detto “menzogna”: non si tratta di singole menzogne, ma di quella menzogna che è quell’ideologia, quel pensiero perverso che cerca di trascinare tutti nelle sue braccia. Non è un peccato da confessare al prete, ma da denudare alla fonte.
Noi cattolici, purtroppo, siamo stati educati male: ad essere misericordiosi, buoni, caritatevoli, rispettosi, così che temiamo di offendere le persone, lasciandole di conseguenza in un sistema balordo, che fa morire milioni e milioni di esseri umani. Nel loro essere umano. Una maniera ipocrita per salvare la propria ipocrisia.
La menzogna religiosa
La menzogna peggiore è quella che alberga nel campo religioso, che si nasconde dietro a motivazioni religiose, che si allaccia alle origini. Per gli ebrei, l’origine era il patriarca Abramo, per i cristiani il Cristo storico dei Vangeli. Eppure, gli ebrei dovevano sapere che già il nome Abramo, da “abar”, significa uno che “attraversa”, uno che “esce da una terra”, uno che “va verso”. Verso che cosa? Verso l’ignoto. Dio dice ad Abramo di andare, ma non gli dice dove. Non si può, dunque, vantarsi di essere figli di un Abramo storico, come i credenti non possono vantarsi di essere figli di un Cristo storico. Cristo non ha rinnegato l’Abramo storico, ma ha invitato gli ebrei a riscoprire la fede di Abramo. Così ha invitato i credenti a riscoprire quella fede che va oltre ogni aspetto visibile, anche quello del Cristo storico.
Sì, la menzogna peggiore è quella religiosa, perché si ferma agli aspetti più fisici della religione, e lo fa usando diabolicamente il nome di Dio e agendo in nome di Dio, aggrappandosi ai miracoli come prova della propria autenticità, dimenticando che anche il maligno compie fatti strepitosi. Le manifestazioni spettacolari della religione nascondono la più ingannevole presenza demoniaca.

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