Cristo, la donna samaritana e… l’essere

L’EDITORIALE
di Don Giorgio
Cristo, la donna samaritana e… l’essere
Anche i non credenti e gli atei, davanti alla pagina del Vangelo di Giovanni che narra l’incontro di Cristo con la donna samaritana, non potrebbero restare indifferenti, o rifiutarla semplicemente perché si parla di argomenti che sembrerebbero, a prima vista, di un mondo “estraneo” a loro. Nulla è estraneo all’essere umano, quando si parla di essere, perché l’essere non ha religione, e non sopporta pregiudizi ideologici.
Sì, anche quella donna di Samaria era religiosa, ma la sua religione era fuori dei confini della religiosità giudaica, che aveva fatto dell’unico Dio un pretesto, solo un pretesto di superiorità, scendendo  tanto in basso da uscire dagli orizzonti dell’Essere divino.
Ogni religione corre questo rischio, ed è un rischio tale da togliere all’essere umano la sua qualità principale, che è quella di “essere”, anzitutto. Certo, anche la samaritana, adorando a modo suo il proprio Dio, quello venerato sul monte Garizim, aveva problemi di vista. Ma, a differenza degli ebrei, detentori del monopolio religioso, si trovava in vantaggio: era eretica, appartenente a un popolo “bastardo”, un miscuglio di razze diverse.
E  Cristo che cosa fa? Sceglie proprio una donna eretica per affidarle uno dei più grandi messaggi della storia religiosa. Non solo donna eretica, ma anche immorale, fuori di ogni regola convenzionale.
Immagino la scena. C’è un pozzo, e il pozzo richiama mille simbologie, tra cui una in particolare: è profondo, e come tale richiama l’essere. Più è profonda, più l’acqua è buona. Più scendiamo dentro di noi, più l’essere si spoglia di ogni scoria.
Ma vedo qualcuno arricciare il naso, e dire: a me basta avere un po’ d’acqua da bere, e possibilmente evitare di fare tanti sforzi. A me basta avere quel minimo (che poi non è mai sufficiente in rapporto alle pretese), perché possa avere anche il tempo per fare altro. I mistici, secondo l’uomo moderno, sarebbero buontemponi, che hanno già risolti i problemi della vita, perché fortunati o perché di questo mondo se ne fregano.
Pensatela come volete. Io guardo la realtà, e la realtà mi dice che i problemi dell’essere umano non sono mai stati risolti, togliendo di mezzo l’essere, ovvero l’essenza del nostro vivere. Ci siamo costruiti un mondo di sogni, di desideri, di ansie, di voleri, che hanno sempre portato lontano dal vero ideale, che è l’essenzialità dell’essere umano.
Inoltre, attorno a quel pozzo immagino tanta solitudine, prima dell’arrivo di Cristo, e di quella donna. I discepoli se ne erano andati, a fare provviste di un altro pane. Cristo, invece, ha sete, e avrà sete anche sulla croce, di ben altro. C’è sete di qualcosa, e c’è sete di qualcuno. C’è sete, e basta. L’essere si fa sete.
Quella donna samaritana arriva al pozzo fuori città e perciò isolato, per attingere acqua. Come solitamente faceva forse tutti i giorni. Ha tutto l’occorrente per attingere. Ma Cristo è a mani vuote, non ha nulla. Chiede acqua, sapendo di irritare quella donna di un altro popolo, di un popolo odiato dagli ebrei. C’è quasi un battibecco. È l’inizio della discesa. Discesa nel pozzo dell’essere. Io… tu… Il dialogo inizia, quasi imponendosi l’uno sull’altro. Ci si scambiano battute. La donna vuole far valere la sua concretezza, Cristo ha solo dalla sua la Parola che parla al futuro, già presente. I tempi stanno per arrivare, ma sono ancora lontani. Però basta già sapere che potrà esserci un futuro diverso se… la donna accetterà la scommessa, la sfida, l’incerto.
Cristo le apre un mondo sconfinato, al di là del tempio di questo o di quel dio: è il tempio del Dio cosmico, che non ha religioni. Il culto perderà ogni forma, ogni struttura, ogni dogma. L’unico dogma è quello di un Dio che non ha dogmi. Sì, perché il vero Dio è lo Spirito che non puoi toccare, come l’acqua del pozzo. Lo Spirito è nel pozzo dell’essere umano.
Credenti o non credenti, è tutta questione di “essere”. E l’essere non è né religioso né laico, né clericale né anticlericale. Siamo spirito, per natura. Siamo esseri divini, per natura. La religione adora Dio “fuori” di noi, in un tempio. L’ateo sembra rifiutarlo perché non lo vede. Entrambi, religiosi o atei, siamo in realtà forestieri a noi stessi, e, di conseguenza, al divino che c’è in noi.
1 marzo 2015
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