Per una Chiesa dell’”intra”…

L’EDITORIALE
di don Giorgio

Per una Chiesa dell’”intra”…

Dicono che in curia milanese si stia facendo un bilancio dei costi effettivi della visita del Papa a Milano sabato 25 marzo, e che si stia preparando un piano per coprirne il deficit che non è poco.
Chi verrà dopo Angelo Scola non solo troverà una diocesi in uno stallo pauroso dopo cinque anni di “mal governo pastorale”, ma anche un buco finanziario prodotto da una giornata, a dir poco pazzesca dal punto di vista strutturale e organizzativo, emula dei tempi faraonici.
Non servirà a lungo coprire le spese folli con gli osanna emozionali, raccolti un po’ ovunque, e tenuti in vita anche dopo l’orgasmo per fare tacere il grido di protesta di quel “resto di dissenso” che è ancora rimasto per fortuna, anche se talora tenuto emarginato da una massa di omologati al sistema di un irrazionale consenso.
Ma l’orgasmo è finito, come è finita quella marea di emozioni che neppure riescono a far nascere almeno un apparente topolino di un bene che è solo ritualismo cadaverico.
Basterebbe un po’ di realtà, messa a nudo da una presa di coscienza dei quotidiani problemi esistenziali per capire che il nostro essere non si appaga di qualcosa di “extra”, neppure del carisma populista di un papa idolatrato come un imperatore, ma di un “intra”, che la Chiesa, nonostante Bergoglio, non sa ancora dare, perché è lontana da quel mondo interiore dello Spirito, che è l’essenza vera o la “beatitudo” evangelica o mistica di ogni essere umano.
Scandalizzatevi pure, ipocriti; stracciatevi le vesti, guide cieche; fulminatemi, assassini dello Spirito divino.
E voi, cristianelli della mutua, fatevi gli scongiuri o le corna e toccatevi il sesso.
Mi fate pena e siete ridicoli!
Mai come oggi la Chiesa gerarchicamente carismatica sembra un mostro di ritualismi e di una ecumenicità talmente universale da sciogliersi come neve al sole in ogni poltiglia di un fai da te senza via d’uscita.
Non sogno certamente la rinascita di una Chiesa tradizionalista, anche se i suoi appassionati cultori li posso comprendere e magari anche rispettare per la loro forte preoccupazione di vedere la Tradizione cattolica naufragare nel nichilismo populista bergogliano, e neppure vorrei che la Chiesa abbattesse ogni porta e aprisse ogni finestra per far pascolare anche i lupi rapaci, ma chiedo, appassionatamente chiedo, cocciutamente chiedo una cosa così elementare di cui anche un bambino potrebbe sentirsi felicemente soddisfatto, ed è quella rivoluzione interiore che possa ribaltare le gerarchie alienate ed alienanti di un potere che ama far presa sulle masse già rincoglionite da imbonitori ubriaconi, sempre pronti ad accarezzare gli istinti di un corpo all’estremo della sua insaziabile avidità.
1 aprile 2017
EDITORIALI DI DON GIORGIO 1
EDITORIALI DI DON GIORGIO 2

1 Commento

  1. GIANNI ha detto:

    Il cattolicesimo, quale tipica organizzazione gerarchica della religione, non favorirà mai la cosiddetta chiesa dell’intra, perchè l’intra prescinde dalla struttura, mentre cattolicesimo significa sopratutto struttura e gerarchia. Lo spirito, la sua profezia, stanno altrove. E, quindi, torna il tema della coerenza dei cattolici. Se chi si dichiara cattolico è contrario al concetto stesso di religione, che etimologicamente deriva da religo, perché dichiararsi cattolici?

Lascia un Commento

CAPTCHA
*