Votare con la matita nel cervello, e non nel c***

L’EDITORIALE
di don Giorgio

Votare con la matita nel cervello,

e non nel c***

Queste prossime elezioni europee mi stanno diventando quasi una ossessione, nel senso che più ci penso più sto male ponendomi la domanda: che senso ha andare a votare presi per il culo da una cieca e ottusa politica di partiti e di partitelli che si coalizzano all’ultimo momento e alla rinfusa alla ricerca di un possibile consenso, inventando ogni giorno vergognosi stratagemmi per catturare qualche voto in più, magari sapendo di non superare la soglia di sbarramento.
E voi avete sentito parlare di Europa e dei suoi veri problemi? Mai! Solo qualche sporadico accenno per salvare la faccia di una campagna elettorale veramente oscena e insopportabile.
Dicono che le elezioni facciano parte della democrazia! Ma di quale democrazia?
La Democrazia esiste solo quando un popolo ha l’intelletto che funziona, ma se non funziona il popolo bue crea solo premesse per la nascita e rinascita di populisti che per prima cosa quando sono al potere mettono nel culo ogni valore democratico.
Quale Europa hanno in mente questi mentecatti che si fingono pacifisti di comodo, difensori di ideologie ridotte in cenere, predicatori di un benessere che è solo mal-essere di cittadini già sulla via della disperazione?
Ma i cittadini perché non reagiscono? E come possono se sono rassegnati, immobili, chiusi in quel loro piccolo orticello dove raccolgono miseramente qualche frutto del loro egoismo più gretto?
Già immagino cittadini che vanno a votare con la matita nel loro culo…
In questi giorni vorrei invitarvi a leggere questo articolo. Chissà? Magari qualcuno potrebbe riflettere e votare con la testa.
***
da Globalist
22 Marzo 2024

Meloni reginetta della politica-spettacolo

Questo modo di intendere la politica e la sua messa in scena sono molto amati negli States e, ormai, nel mondo. Ne abbiamo avuti molti di attori che sono stati presidenti così come comici da strapazzo hanno conquistato il voto di un intero paese.
Maurizio Boldrini
Non scherziamo sulle mossette della premier. E non buttiamola sempre e solo sul politicamente corretto. Se conquista le pagine della stampa internazionale con le sue sceneggiate – e noi ci sentiamo offesi e mal rappresentati da questa presidente – ciò non vuol dire che porti automaticamente a una sua perdita di consensi. Perdita di autorevolezza sì, ma di consenso non so.
È la politica-spettacolo, ragazzi, ormai al top. Uno schema di comunicazione al quale partecipano tanti personaggi della sua stessa cerchia ma anche del bel mondo giornalistico dei Talk show televisivi. Tutto il mondo è ormai un piccolo paese che ha, al centro, un piccolo bar, dove si ride e si cazzeggia sulle trovate del burlone di paese. Quel bar si chiama Bar Social e il paese è quello dei balocchi. E tutto è trasmesso in diretta tivvù.
Arthur Miller, che di teatro se ne intendeva, oltre ad essere un sincero democratico, scrisse un pamphlet dal titolo I Presidenti americani e l’arte di recitare, ripubblicato in Italia dalla Bruno Mondadori, nel quale suggeriva che gli attori e i politici hanno sempre avuto in comune l’arte della persuasione. L’arte di saper conquistare e attrarre a sé il piccolo pubblico delle sale teatrali o cinematografiche e il grande pubblico degli elettori.
Ecco una chiave della politica-spettacolo: i cittadini che diventano pubblico al quale, con la logica del marketing, vendere un prodotto. La televisione ha ingigantito questo fenomeno perché l’immagine ha la forza di convincere non per la veridicità di un argomento, ma soprattutto per lo stile e il modo in cui è presentato. Per Miller i presidenti americani degli ultimi decenni hanno scherzato troppo con il fuoco del teatro.
E pensare che questo libro, il commediografo americano l’ha scritto prima di aver visto in scena Trump e (da noi) Berlusconi. E prima che la sua vita fosse pubblicamente mercificata sui social di mezzo mondo.
Torniamo a lei, alla nostra presidente del Consiglio. Al suo innato senso teatrale, di scuola romanesca, ha sicuramente aggiunto i suggerimenti di qualche stratega della comunicazione che le suggerisce come entrare in scena. Lei d’altronde ama esser trattata mediaticamente come una star: sceglie le inquadrature, studia le mosse, ama i primi piani e le frasi ad effetto. Nei comizi, diciamo così, offre il meglio del suo repertorio. In queste occasioni ha davanti agli occhi solo la sua platea che deve conquistare, come si faceva nell’avanspettacolo.
Lei vuole interpretare, essere una presidente/show-woman. Questo modo di intendere la politica e la sua messa in scena sono molto amati negli States e, ormai, direi nel mondo. Ne abbiamo avuti molti di attori che hanno finito per fare i presidenti, così come abbiamo avuto visto comici da strapazzo conquistare brandendo la motosega, il voto di un grande paese.
Lo stesso Trump punta alla riconferma continuando lo show che aveva portato migliaia di assatanati ad assediare il Campidoglio. Un riformatore, come Macron, che si fa ritrarre con i guanti da boxer. Macho e virile.
È con Silvio Berlusconi e la sua mirabolante discesa in campo che la politica italiana è andata progressivamente armonizzandosi con i precetti della politica-spettacolo. Lei ha avuto un buon maestro ma ormai, come spesso accade, lo ha superato: inserisce nella sua recitazione un pizzico di teatralità italiana (la posa) cucinata però con un gusto che è sempre più amato dai media nazionali e internazionali, quello della stravaganza. Dell’immagine inconsueta. Dell’immagine che diventa testo.
Bisogna avere testa nel valutare tutto ciò: non bastano le necessarie prediche morali ma bisogna interpretare, studiare questi modelli che sono diventati pane quotidiano di sconfinate masse, per trovarne nuovi funzionanti e alternativi.
01/06/2024
EDITORIALI DI DON GIORGIO 1
EDITORIALI DI DON GIORGIO 2

Lascia un Commento

CAPTCHA
*