Rozzano – Don Mauro Galli: IL CARDINALE SCOLA DEFINISCE MALDESTRE LE SCELTE DEI SUOI COLLABORATORI

da Rete l’Abuso

Rozzano

Don Mauro Galli: IL CARDINALE SCOLA

DEFINISCE MALDESTRE

LE SCELTE DEI SUOI COLLABORATORI

luglio 1, 2017
In una lettera inviata dal Cardinale Angelo Scola ai familiari del minore che sarebbe stato abusato da Don Mauro Galli, il Cardinale rinnova le sue scuse e quelle dei suoi collaboratori per alcune scelte che definisce MALDESTRE!
Secondo Scola gli anni trascorsi avrebbero provocato una certa confusione nella ricostruzione dei fatti che ha arrecato ulteriori sofferenze, e in ogni caso NON INTENDEREBBE IN ALCUN MODO GIUSTIFICARE LA CORRETTEZZA DELLA REAZIONE INIZIALE DA PARTE DELL’AUTORITA’ DIOCESANA.
Afferma, sempre il cardinale, che NON È STATO VALUTATO CON ADEGUATO RIGORE IL FATTO GIÀ DI PER SÉ ASSAI GRAVE CHE DON MAURO ABBIA PASSATO LA NOTTE CON UN MINORE CONDIVIDENDO LO STESSO LETTO.
Dunque il Cardinale Scola non mette in dubbio il fatto che Don Mauro Galli abbia passato la notte con un minore nel suo letto!
Anche il Cardinale Scola riconosce che i suoi collaboratori hanno compiuto “scelte maldestre”.
Non vi sarebbe quindi dubbio che i più stretti collaboratori del Cardinale, in particolare il Vicario generale Mons. Mario Delpini è il vescovo Pietantonio Tremolada fossero a conoscenza del fatto “assai grave” e ciò nonostante abbiano semplicemente spostato Don Mauro Galli a occuparsi ancora di minori in quattro oratori nella zona di Legnano, senza avviare tempestivamente alcuna indagine Previa come invece previsto dal Diritto Canonico.
Mons. Mario Delpini e Mons. Pierantonio Tremolada sono venuti a conoscenza del presunto abuso almeno da tre persone: dal Parroco di Rozzano, Don Carlo Mantegazza; dal vicario parrocchiale Don Alberto Rivolta, e dall’imputato stesso Don Mauro Galli … e tutto questo già nel dicembre 2011!
L’indagine Previa ha preso avvio il 21 gennaio 2015, ben tre anni dopo la comunicazione in Diocesi del presunto abuso, giusto 6 mesi dopo la denuncia/querela alla Procura della Repubblica.
Questa modalità di gestire lo spostamento di don Mauro ancora una volta con i minori definita dal Cardinale Scola “SCELTA IMPROVVIDA” (si legge sempre nella lettera), compiuta consapevolmente dai sui “MALDESTRI COLLABORATORI”, sarebbe la stessa modalità definita poi “SCRUPOLOSA E COSCENZIOSA” dalla nota stampa della stessa diocesi non più tardi di qualche settimana fa a seguito della citazione in giudizio della diocesi e della parrocchia proprio per il loro modo di vigilare e gestire queste delittuose situazioni?
È evidente il bieco tentativo di volersi defilare e sottrarre dalle proprie gravissime responsabilità, papa Francesco nella LETTERA APOSTOLICA IN FORMA DI «MOTU PROPRIO» DEL SOMMO PONTEFICE FRANCESCO “COME UNA MADRE AMOREVOLE” (Vaticano 4 giugno 2016) definisce che nel caso di abusi su minori o adulti vulnerabili, la grave mancanza di diligenza da parte dei vescovi, diligenza che deriva dal proprio ufficio pastorale, nel caso di azioni o omissioni che provocano danni a terzi (fisici, morali, spirituali…) possono essere legittimamente rimossi.
Nel caso di mons. Delpini dove i fatti sono certi e inequivocabili, Delpini sapeva dal dicembre 2011 che don Mauro si era portato a letto un minore (fatto di per se stesso grave che costituisce già un abuso), decide scientemente di:
– spostare semplicemente don Mauro ancora a diretto contatto con i minori (in netto contrasto con le linee guida della Conferenza Episcopale Italiana)
– non avviare l’indagine previa prevista dalle norme vigenti, come si legge nella lettera del Cardinale Scola
– non denunciare l’abuso alle autorità competenti
– provocando per altro ulteriori sofferenze come riconosce il Cardinale stesso sempre nella lettera
che tipo di provvedimenti prenderà la Santa Sede, e perché Papa Francesco o la Congregazione per la Dottrina Della Fede non sono ancora intervenute nell’ottica della lettera Apostolica del sommo Pontefice?
Dato che i fatti sono noti, certi e provabili, fatti che rientrano certamente nella categoria di grave negligenza, cosa è lecito aspettarsi?
Nell’attesa di conoscere le decisioni della Santa Sede, continuiamo a seguire il caso con estrema attenzione, caso che riguarda non solo il tema dell’abuso sessuale da parte di Chierici a danno di minori ma anche la questione relativa alla gestione e la responsabilità dei vertici della chiesa stessa che contribuiscono con le loro scelte consapevoli, improvvide e maldestre al perpetrarsi dei reati generando ulteriore sofferenza quando si potrebbe evitare. Vertici della chiesa in questo caso sia Locale (Diocesana), che vedremo Centrale (Roma, Santa Sede) in funzione dei provvedimenti che verranno o non verranno posti in essere.
L’Ufficio di Presidenza

5 Commenti

  1. Patrizia ha detto:

    Ma quale maldestri, il termine più appropriato è complici.
    Inutile girarci intorno.

  2. Giambattista ha detto:

    Ma il Cardinale Scola dov’era all’epoca dei fatti?

    Non ha alcuna voce in capitolo?

    Scaricare tutto sui collaboratori è una vergogna.

  3. Fernando Villa ha detto:

    Meno male che essiste don Giorgio.. che Dio protega a lei ..

  4. Giuseppe ha detto:

    Incommentabile!

  5. GIANNI ha detto:

    Come ho avuto modo di dire in altra occasione, rispetto al caso dell’istituto dei sordi siamo in presenza di due diverse situazioni.
    Sia, per quanto parrebbe, in merito allo svolgimento dei fatti (in questo caso un indagato, nel caso dell’istituto diversi soggetti reiteratamente..), ma anche, e sopratutto, per la fase in cui ci troviamo.
    Nel caso dell’istituto già siamo in presenza di una sentenza, anche solo canonica, in questo caso la ricostruzione definitiva dei fatti deve ancora passare per l’opera della magistratura, e si deve formare, come noto, nel contraddittorio delle parti.
    Spetterà quindi sopratutto alla magistratura verificare se e cosa si sia verificato, e quali conseguenze trarne.
    Questo sul piano penale italiano e civilistico, per quanto legato a forme di responsabilità civile connesse a reati commessi da altri.
    Sotto il profilo, invece, del diritto canonico, le cose sono un po’ diverse.
    Sia perchè occorre tenere presente, come dovrebbe essere noto, che non è l’organismo in quanto tale della congregazione a muovere le accuse, ma il cosiddetto promotore di giustizia, figura analoga a quella del PM.
    Se, quindi, una causa non è stata promossa, bisogna verificare quale ipotizzata notitia criminis sia giunta al promotore, e se sì, perchè non si sia attivata l’azione penale.
    Quanto all’indagine previa, il presupposto è la notitia criminis.
    A tale riguardo occorre analizzare con attenzione alcuni passaggi.
    Scola, nei cui confronti non ho mai nutrito alcuna empatia, quindi dico quello che penso non per empatia con alcun soggetto, afferma una conoscenza, ma questa da dove viene?
    UN conto è sapere ora, altro conto era sapere allora.
    A quanto pare, ci sono fonti da cui sia la diocesi, sia la rete l’abuso ora attingono, probabilmente le stesse che depongono alla magistratura….ma a quel tempo?
    E’ a questo che bisogna rispondere.
    Perchè occorre capire se il trasferimento sia stato conseguenza di fatti conosciuti, o di altri motivi.
    Cioè un trasferimento può avere diversi motivi.
    A me pare che ancora questo non sia chiarito.
    Inoltre anche l’indagine penale italiana da quando è partita?
    Tutti elementi che vanno chiariti.
    Si afferma che Delpini sapesse da allora, ma non si dice cosa abbia dichiarato Delpini a tal riguardo.
    GLi era giunta o no una notitia criminis, presupposto previsto dal diritto canonico quale conditio sine qua non dell’indagine previa?
    Fermo restando che andando a leggere le norme di diritto canonico, poi di fatto troviamo un’abbondanza di tesi controverse tra gli stessi canonisti su come debba essere svolta l’indagine previa, proprio a fronte della eccessiva genericità delle norme.
    Senza poi dimenticare comunque taluni obblighi di riservatezza, quindi, anche a fronte delle norme del riformato concordato, e la magistratura italiana non potrebbe far venir meno tali obblighi di riserbo che, in quanto previsti dal diritto canonico, per via del rinnovato concordato vanno osservati anche dal diritto italiano.
    E ovviamente la magistratura è chiamata a pronunciarsi nel contraddittorio della formazione della prova.
    In sintesi, abbiamo quindi due possibili scenari: conferma delle accuse ed in tal caso accertamento di chi sapesse o meno, oppure
    smentita.
    In caso di condanna del sacerdote, occorre chiarire chi sapeva ma se fosse tenuto al segreto o meno, per i motivi anzidetti.
    A quanto pare l’elemento fondamentale è la denuncia, ma il fatto che alcuni della diocesi avrebbero informato anche Delpini o altri è certo, o è solo una ipotesi?
    Esiste una notitia criminis canonica, oppure no?
    A me questo ancora non è chiaro.
    E’ proprio anche questo che devono accertare i magistrati.
    Aggiungo solo che tra i punti su cui i canonisti concordano, esiste il fondamentale principio che non si possono esercitare in alcun modo pressioni finalizzate a far confessare l’eventuale colpevole.
    E senza dimenticare che la giustizia canonica penale non funziona come la procedura penale italiana, infatti prevedendo che si applichi il canone 1341.
    In altri termini, una giustizia penale di tipo…statunitense, dal momento che a differenza del pm italiano, nè l’ordinario competente per l’indagine previa, nè l’attorney statunitense che svolge funzioni di pm hanno l’obbligo dell’azione penale, il che cambia completamente le cose.
    Ovviamente di questo dovrebbero tener conto i magistrati italiani, anche perchè diversamente disattenderebbero norme dell’ordinamento italiano, come quelle del riformato concordato.

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