Un’omelia allucinante…
Un’omelia allucinante…
Vorrei chiarire subito una cosa. Non mi diverto e neppure prendo gusto quando contesto strutture politiche ed ecclesiastiche, e i loro rappresentanti. E non è un mio pallino fisso, come se non vedessi altro.
Da anni e anni, non ho mai sopportato ingiustizie o barbarie d’ogni genere nel campo socio-politico, e non ho mai digerito che nella stessa Chiesa, anche diocesana, ci fossero chiusure o pseudo aperture, anche soffrendo per limiti dovuti ai miei incarichi pastorali. “Non tirare troppo la corda”, mi avvertivano i parrocchiani, nel timore che mi spostassero chissà dove. Inoltre, avere una parrocchia da guidare è sempre una struttura da sopportare, perché l’ideale esiste solo nei sogni, poi in realtà si ha a che fare con la realtà che è fatta di miserie umane.
Ma da aggiungere c’è una cosa che non posso tacere. Sono stanco di sentire che il mio lottare contro questo o contro quello è condizionato da certe mie esperienze negative o perché spinto da invidia o da qualche ribellione per partito preso. Inoltre, non ho alcun complesso di inferiorità: so di non avere lauree o doti super, ma ho sempre attinto alle mie energie interiori, e a un carattere che da timido si è man mano trasformato in ostinato, cocciuto e forte. Sì, energie interiori, perché è dalla sorgente dell’essere che nasce il vero scopo per cui uno crede, lotta senza cedere ad alcun compromesso.
Se lotto, è perché credo in una società “altra” da questa, insozzata di ogni lordume, e credo in una Chiesa che non è solo struttura o istituzione religiosa.
Non ho nulla da perdere, non avendo una propria famiglia di cui preoccuparmi, ed essendo oggi come oggi costretto a vivere di essenzialità.
Chiarito questo, a parte il mio lottare nel campo politico, vorrei dire, concretamente, che la Diocesi milanese, dopo Dionigi Tettamanzi, ha subìto un tale allontanamento dalla strada della saggezza di nobili pastori che non si può, come fa la maggior parte del clero milanese, limitarsi a mugugnare, senza avere il coraggio di esporsi pubblicamente contestando ciò che non va, tanto più che in questo periodo storico, dove sta riemergendo ogni male possibile, si esigerebbe almeno qualche profeta dalla voce perentoria in linea con il Vangelo più radicale.
Anche qui, non ce l’ho con Mario Delpini in quanto Mario Delpini, ma nel suo ruolo pastorale, di guida di una Diocesi tra le più grandi del mondo. È vero che questo attuale papa sta distruggendo le grosse diocesi per dare importanza alle piccole, e così dominare una Chiesa finita nelle mani di gerarchi piccoli di testa e di fede.
Certo che è estremamente offensivo parlare di piccole teste e di gerarchi senza fede, ma è così. Lo notano tutti quanti hanno un po’ di testa e che vorrebbero una Chiesa più evangelica.
Come si fa a non vedere una diocesi senza testa e senza fede? Cosa intendo per testa e per fede? Intendo dire che nei pastori e nei loro collaboratori manca quell’intelletto o saggezza per cui si ha una chiara visuale del cammino da seguire. L’intelletto è nel nostro essere più profondo: quell’intelletto “attivo” (come direbbe Aristotele), che è illuminato dall’Alto o dal Bene Sommo Assoluto.
Anche la Diocesi milanese è nelle mani di un pastore che si fa guidare non dall’intelletto “attivo”, ma dall’intelletto “passivo” (come direbbe Aristotele), quello che è imbevuto, come una spugna, di cose che provengono dall’ego. E le conseguenze le vediamo tutti: una pastorale impregnata di cose, di carnalità, di esteriorità.
Ma per il vescovo Mario che cos’è per te la Fede, quella di cui parlava Cristo: “Quando il Figlio dell’uomo verrà, troverà la fede sulla terra?”.
Di quale Fede Cristo parlava? I Mistici speculativi medievali distinguevano la Fede evangelica dalle credenze religiose o da quei riti carnali che spengono la Fede nello Spirito santo.
La Chiesa istituzionale continua ad essere quel grosso animale di cui parlava Platone: una grossa istituzione, ma senz’anima.
Di nuovo sono rimasto di stucco (forse perché ho ancora qualche speranza di ravvedimento), sentendo l’omelia che Mario Delpini ha tenuto ai nuovi diaconi, che l’anno prossimo saranno ordinati sacerdoti. Un’omelia senza capo e senza coda. Sempre con il solito stile comunicativo noioso e irritante, restando fuori, sì in periferia, di quella interiorità che è la Fonte essenziale, a cui attingere almeno quando si parla a giovani teologi in preparazione al loro sacerdozio.
Non doveva parlar loro di spiritualità, di essere, di Spirito santo, ecc. ecc.: alla fine, che cosa ha detto? Nulla!
Vescovo Mario, non sai che è peccato gravissimo perdere o non sfruttare al Meglio le occasioni di Grazia? Avere davanti giovani teologi e non dire nulla di veramente positivo, così da caricarli di quella Grazia, che è dono dello Spirito, e tradire le loro attese, che cos’è?
Forse quei candidati erano venuti già rassegnati a sentire un discorso vuoto, e questo che cos’è, se non pessimo segno che da questo vescovo oramai non ci si deve aspettare nulla di Buono.
Leggete
L’Arcivescovo Delpini ai Diaconi: «Siate testimoni di gioia nella civiltà delle apparenze»
Diaconi 2023, pronti ad annunciare l’amore di Cristo per la Chiesa e il mondo
Ma perché non trovare modo di riallacciare un dialogo? Perché non aiutarsi vicendevolmente?
È così bello se un prete ha delle qualità e lo si ascolta, lo si prende in considerazione, lo si rende partecipe…
Se un prete può ancora dare tanto, perché non dargli la possibilità?
Lo si chiude in gabbia come si fa con le bestie feroci. Ne siete colpevoli e responsabili, ed è poi inutile che vi arrabbiate o vi scandalizzate.
Don Giorgio dice la verità, la sacrosanta verità, e per questo dà fastidio.
Anche io sono stanca di tutta questa ipocrisia.
Don Giorgio appena sente di un’ingiustizia parte in quinta e si fa in mille per aiutare quelli schiacciati dalla forza del potere.
Si ricordi, Vescovo Mario, che se dovesse mai capitarle una ingiustizia o che altro, don Giorgio si farebbe in mille per aiutare anche Lei!
Martina apprezzo il tuo commento ma non mi trovi d’accordo.
Qui non si tratta di uno scambio di favori; tu aiuti me e io aiuto te. C’è in ballo la testimonianza cristiana di un Vescovo. Nel comportamento del Vescovo sta prevalendo il rancore, l’orgoglio, l’incapacità di dire: “abbiamo sbagliato ad isolarti per tutti questi anni, non lo meritavi”. Nel nostro mondo le cose si risolvono chiedendo SCUSA. Ma la parola “SCUSA” è SCONOSCIUTA ai preti. Loro sono infallibili e anche quando sbagliano non si sentono mai di chiedere SCUSA…MAI.
Quindi don Giorgio, a parer mio, deve rimanere nella sua posizione aspettando che qualcuno si faccia avanti e chieda SCUSA e gli proponga di collaborare.
Sul discorso della comunità, della collaborazione bisognerebbe aprire un capitolo infinito. Nella scorsa Messa Crismale il Vescovo Mario ha avuto un coraggio incredibile: dopo anni in cui i diaconi e i laici son stati considerati NIENTE, come pecoroni da tirar dietro, ha avuto il coraggio di dire che TUTTI siamo co-responsabili della missione del Vescovo. Sai, ci son pochi preti, non riusciamo a coprire le parrocchie allora tornano utili TUTTI. Qui siamo oltre l’ipocrisia…ben oltre. Cosa dovrei fare, dimenticare le innumerevoli volte dove ci si è dimenticati della Chiesa Sinodale (sinodale è la parola tornata di moda nel 2023) e tornare ad essere grato al Vescovo per l’opportunità che mi da di sentirmi co-responsabile della missione del Vescovo? Attenzione deciderà sempre lui senza ascoltare nessuno ma tu sarai co-responsabile: che onore ragazzi!!! Questi le han mai lette le sacre scritture? Han mai immaginato com’era il rapporto tra i fedeli delle prime comunità?
C’è da chiedere SCUSA per l’abuso di potere e psicologico che molti han esercitato sui fedeli. Per i sensi di colpa suscitati. Per l’ingiusta cattiveria sfogata contro la gente. Per aver isolato le persone che la pensavano diversamente da loro. Devono chiedere SCUSA, anzitutto.
La giustizia non si svende….chieda SCUSA poi magari ne riparleremo.
Qui non siamo fessi!
Quanti anni hanno rubato a don Giorgio? Quanto bene poteva nascere da quel tempo con don Giorgio in una parrocchia? Di questo dovranno rendere conto. Dell’esser schiavi del loro smisurato ego….e di aver punito ingiustamente una persona; di averla reclusa, isolata. Solo perchè ha osato pensare diverso da te e lo ha detto pubblicamente. Mi vengono i brividi a scrivere queste cose…i brividi…
Simone, forse non mi sono espressa bene.
Intendevo dire che don Giorgio non dovrebbe dare una mano a chi sta sbagliando ma, se richiesto, consigliarlo per il meglio.
Ovvero suggerire una alternativa alla pastorale di Delpini perché sia più Evangelica.
Perchè Delpini ha una proposta pastorale? Ha un’idea di pastorale?
La sua idea è quella di girare in lungo e largo la diocesi, per non ascoltare la gente, i sacerdoti e chiunque incontra. Parla, parla, parla ma non ascolta mai nessuno.
Altre tracce di un’idea pastorale non le trovo.
Nell’ultima “proposta” (se così si può chiamare) pastorale c’è un intero capitolo dove invita tutti all’educazione affettiva dei più giovani. Riporto testuale un estratto: “è necessario offrire persuasivi percorsi educativi alla libertà autentica… per creare contesti di libertà che resistano alla “colonizzazione culturale” che impone la banalità dei luoghi comuni, la riduzione della relazione ai rapporti sessuali, la rassegnazione all’incontrollabilità dei sentimenti, delle passioni, delle pulsioni».”
Ha detto qualcosa di concreto? Ha tracciato una strada? Ha dato indicazioni chiare su come affrontare questa situazione?
NO! Come sempre ha alluso ma non ha approfondito; è rimasto in superficie, non si è esposto (il furbone) … poi ognuno declini come meglio crede.
Questa è una proposta pastorale? Queste son chiacchiere da bar.
Come se io dicessi vivete bene ma non condividessi delle indicazioni per vivere bene. Lui fa sempre così.
Quindi non c’è un tema di proporre un’alternativa…adesso NON c’è una proposta pastorale, bisognerebbe finalmente proporne una e smetterla con queste PAROLE VUOTE elogiate dai soliti leccaculo della curia. E qui mi fermo…