Omelie 2022 di don Giorgio: FESTA DI TUTTI I SANTI

1 novembre 2022: TUTTI I SANTI
Ap 7,2-4.9-14; Rm 8,28-39; Mt 5,1-12a
C’è stato un momento in cui, anni fa, si è sentito il bisogno, per motivi di lavoro, per superare la crisi economica, così si diceva, di eliminare alcune feste di precetto, tra cui anche la commemorazione di tutti i nostri defunti, che si celebrava il giorno dopo la festa di tutti i santi, che invece è rimasta, anche finora.
Non so se è un bene eliminare alcune feste di precetto per far lavorare di più la gente, visto che la gente usa le feste per evadere e per stressarsi di più nello spirito.
L’ideale sarebbe che la gente prendesse ogni occasione di riposo lavorativo per dare più respiro al proprio spirito, anche come famiglia.
Oggi soprattutto forse non basta il riposo settimanale per far respirare l’anima. Ma l’anima respira, quando il corpo riposa in tutti i sensi.
Forse per questo la Chiesa anticamente ci teneva che le feste infrasettimanali contribuissero a spezzare il ritmo settimanale troppo logorante, dando soprattutto ai poveri un po’ di respiro. Sì, soprattutto i poveri, stressati da ritmi di lavoro anche infernali, sentivano il bisogno di far riposare il loro corpo.
Ma la Chiesa dava alle festività un senso profondo, che andava oltre il riposo materiale del corpo. Sì, quel senso profondo della vita che è come represso da una esistenza stressata in mille modi. Si andava in chiesa, anche perché in quel momento di preghiera corale ci si sentiva più uniti, più umani, più divini. La liturgia da parte sua caricava le ansie interiori di speranze eterne. Si cantava quasi con gusto. L’organo dava il suo contributo, come voce sovrumana. Oggi ogni scusa è buona per snobbare le esigenze dello spirito, stordendoci di suoni carnali.
Oggi, festività di tutti i santi. Che senso può avere celebrare tutti i santi del cielo?
Sembra quasi una provocazione della Chiesa perché si eviti il pericolo di fare di un solo santo quasi un oggetto unico della nostra devozione personale. Ognuno di noi ha le sue simpatie, le sue preferenze per un santo o per una santa.
La Chiesa con questa Festività vuole invitarci a pensare alla coralità di una santità che ha mille sfaccettature, mille volti, mille ricchezze, ma da cogliere nel loro insieme, anche se ogni giorno la Chiesa ci propone da venerare liturgicamente uno o al massimo due santi.
Quando vedo il dipinto sui santi del Beato Angelico mi colpisce una cosa: ogni santo raffigurato ha un colore diverso. Ogni santo vorrebbe dirmi qualcosa del Mistero divino. È come una tesserina che compone il grandioso mosaico divino. Ognuno ha il suo colore, ognuno ha il suo stile, ognuno è un dono, ognuno è un raggio del Sole divino, ognuno è un riflesso del Bene Sommo. Nella coralità si nota l’insieme del Mistero divino.
Forse per questo non sopporto certe esaltazioni di santi, che sembrerebbero quasi accaparrarsi tutto il Mistero divino. Pensate a san Francesco, che ha il monopolio della santità divina. Un Santo su cui si dice di tutto e di più, ignorando magari, senza magari, la sua vera fede. Oggi va di moda Padre Pio, va di moda un ragazzo che si chiama Carlo Acutis, citato addirittura nel suo discorso iniziale dal nuovo Presidente della Camera dei deputati.
Io non amo queste enfatizzazioni, che fanno perdere quel limite di ogni santo, quello di essere solo un raggio della luce del Sole.
Sì, certe devozioni popolari vanno rispettate e capite, ma non per questo vanno favorite. E attenzione alle reliquie: il corpo di un santo non conta quanto quella virtù che ha animato la vita di quel santo. Il culto delle reliquie non l’ho mai né capito né sopportato. È vero che ancora oggi la Chiesa lo favorisce, ma non per questo devo supinamente accettare qualcosa che ripugna alla mia idea di santità.
Ecco che cosa scrive Meister Eckhart, il maggior rappresentante della Mistica medievale: «Gente, che domandate a delle ossa morte? Cercate piuttosto la santità vivente, che può darci la vita eterna, ma quanto ai morti sappiate che non hanno nulla da dare né da ricevere».
Sempre a proposito della coralità dei santi, pensiamo al cielo di notte, costellato di quasi infinite stelle, piccole e grandi. Una coralità impressionante di luci, da contemplare come si contempla dentro di noi i raggi della Bellezza divina.
Nel loro meraviglioso insieme i santi mi dicono che anche io, nella mia umiltà, nella mia semplicità, nella mia piccolezza, posso essere una delle infinite tesserine del mosaico divino o una piccolissima stella del firmamento celeste.
Sono o no una scintilla divina? Certo, bisogna rientrare dentro di noi, per scoprirla e per viverla.
Infine, saggiamente la Chiesa il giorno stesso della Festività dei Santi, nel pomeriggio, invita ancora oggi ad andare al cimitero a pregare per i nostri morti. Sulla facciata della cappella dei preti nel cimitero di Monte ho fatto mettere a caratteri ben visibili questa scritta in latino: Vivere memento, ricòrdati che devi vivere.
Questo è il messaggio che ci danno i nostri morti quando siamo in un cimitero: “Torna a casa, e cerca di vivere al meglio”.
Questo è anche il messaggio del Cristo risorto: non si va al cimitero per deprimerci, solo per piangere, ma per avere una parola di speranza, sulla parola del Risorto.
La parola “cimitero” significa dormitorio: i nostri morti sembrano dormire in attesa della risurrezione eterna. Sulla facciata di qualche cimitero potete trovare questa parola in latino: “resurrecturis”, a coloro che risorgeranno.
Cimitero dunque significa anche silenzio, per meditare sul senso della nostra vita.
Nei nostri cimiteri sono sepolti anche dei santi, quei nostri familiari che hanno in vita testimoniato una grande umile fede nel Signore.
Quando ero a Monte, nelle omelie, quando moriva un uomo o una donna di grande fede, dicevo: “La parrocchia ha tante di queste colonne su cui appoggia il futuro della comunità!”.
Soprattutto quando come oggi queste colonne di grande fede sembrano scomparse, non dimentichiamo le radici e le colonne del passato. È per loro che la speranza non morirà mai.

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