1 novembre 2024: TUTTI I SANTI
Ap 7,2-4.0-14; Rm 8,28-38; Mt 5,1-12a
Tutti gli anni torna la stessa domanda: che senso ha celebrare una festa in onore di tutti i santi? Già dire “celebrare in onore” implica un culto, ed è sul culto che avrei delle riserve, dei dubbi, delle dissidenze.
Non ce l’ho con il santo in sé, canonizzato, cioè riconosciuto pubblicamente santo dalla Chiesa istituzionale per essere proposto come ideale a tutto il mondo, casomai avrei tanto da contestare i criteri per cui la Chiesa istituzionale, dopo un iter non certo semplice e breve, finalmente riconosce una certa persona degna di essere venerata.
È il culto che mi pone problemi: un culto che la gente è portata a esagerare, certo dipende dal santo o dalla santa, sempre in vista di un tornaconto, anche semplicemente spirituale. Ma non diamo tutta la colpa alla gente, quando la stessa istituzione ecclesiastica favorisce un tale culto andando oltre il fatto che qualsiasi santo è sempre una creatura, che ha dei limiti, debolezze, è fragile, è precaria. C’erano anticamente monaci, e non solo monaci, che si confessavano più volte al giorno.
E la gerarchia è arrivata al punto di promuovere il culto delle reliquie, ovvero di pezzi o addirittura di tutto il cadavere di un santo. E proprio le reliquie sono diventate oggetto di quella idolatria, condannata duramente dagli antichi profeti. Gli ebrei non potevano farsi nemmeno una pallida immagine visibile del loro dio.
Nell’Europa medievale si credeva che il contatto con i resti dei santi, o di Cristo stesso, avesse proprietà curative e spirituali. Questo generò un intenso traffico di reliquie, nel quale non mancarono i casi di truffa e i furti. Federico III il Saggio (1463-1525), principe elettore di Sassonia, riuscì in poco tempo a trasformare la piccola cittadina di Wittemberg in un centro culturale e religioso di grande importanza. Fondò l’università e ricostruì il castello e la chiesa annessa, dedicata a tutti i santi. Era un grande collezionista di reliquie, parte delle quali lui stesso portò dalla Terra Santa. Nel 1509 se ne catalogarono 5.005. Questo numero aumentava in modo esponenziale con l’andare degli anni e nel 1520 si arrivò alla bella cifra di 19.013 reperti, fra i quali si trovavano ben 42 corpi interi di santi. Tutte queste reliquie potevano essere venerate nella chiesa del castello che per questo motivo divenne famosissima. Questo tempio inoltre aveva un’attività febbrile, infatti vi si celebravano più di 9.000 messe l’anno, delle quali circa 1.100 erano cantate. Le reliquie venivano esposte in determinati giorni dell’anno, ma soprattutto nella festività di Ognissanti. Per l’occasione arrivavano migliaia di pellegrini che venivano a visitarle e lasciavano generose offerte per ottenere le indulgenze legate alla venerazione delle stesse. Quest’enorme fonte di introiti rendeva possibile il mantenimento non solo della chiesa, ma anche dell’Università, dove era professore di teologia Martín Lutero. Fu proprio sulla porta di questa chiesa dove Lutero, la vigilia della festa di Ognissanti (31 ottobre) del 1517, affisse le sue famose 95 tesi contro le indulgenze. Le qualificava come una farsa, il cui unico fine era quello di estorcere denaro, approfittando dell’ignoranza e della superstizione della gente. Dio ha il potere di rimettere i peccati, non il papa, e per ricevere la grazia sono necessari il pentimento e la fede, non il denaro.
Ma torniamo alla domanda: che senso ha onorare i santi? Baciare forse un pezzo di vestito o di un orecchio, o della lingua o altro? Si dice che per fortuna Gesù Cristo è risorto, non lasciando traccia del suo corpo, ma nonostante questo trovate a Roma reliquie di Gesù nelle sue parti più intime.
Che senso ha onorare i santi? I santi non si onorano, non sono da incensare o idolatrare, casomai da imitare in qualche loro virtù, o meglio, preferisco dire che i santi possono stimolarci proprio per la loro caparbietà di essere dalla parte della giustizia, intesa in senso divino. E i santi non sono tanto quelli canonizzati dalla Chiesa istituzionale: questi santi da venerare, in quanto dichiarati ufficialmente santi, non sono quelli autentici, o meglio, vengono ripresentati, anche nelle biografie, come l’immagine perfetta di una certa Chiesa istituzionale perfetta, invece i santi sono coloro che hanno testimoniato Cristo, come Giovanni Battista che ha dato la sua stessa vita per non tradire la sua missione di preparare la venuta del Messia. E giustamente don Primo Mazzolari ha commentato: la testa sul vassoio di Giovanni Battista parlava più di quando era attaccata al collo di Giovanni quando era in vita. Ricordate l’episodio, narrato nei vangeli, del ballo erotico di Salomè, figlia di Erodiade, che in quanto amante di Erode Antipa, era stata rimproverata, insieme al re, dallo stesso Battista.
Certo, anche i più piccoli hanno bisogno di forti esempi, di nobili modelli, non tanto da imitare in sé, ma nella loro testimonianza del Vangelo di Cristo. Ogni santo, piccolo o grande, dovrebbe dirci ogni giorno, diciamo frequentemente: punta al Vangelo più radicale, non devi guardare me, non devi idolatrare me, ma quel Cristo per quale io dato tutto me stesso.
Capite allora l’oscenità, la blasfemia di venerare pezzi di corpo di un santo, piccolo o grande che sia? Cristo ripeterebbe la stessa invettiva contro gli scribi e i farisei: elevavano monumenti per quei santi che loro stessi avevano martirizzato.
E succede ancora oggi: baciamo una reliquia di un santo, e poi tradiamo quei valori per i quali quel santo ha lottato e ha dato la propria vita.
Non sono i santi in sé, ma quei valori per i quali hanno lottato fino alla morte, che devono costituire lo stimolo perché ciascuno di noi sia coerente con il Vangelo fino in fondo.
E addirittura si arriva a mettere anche per legge crocifissi dappertutto, dimenticando e tradendo quel Cristo che ci ha detto: “Metanoèite”, cambiate il vostro modo di pensare, perché voi pensate da razzista, xenofobo, barbaro, incivile: violate, calpestate ogni diritto umano imponendo da venerare colui che è venuto per abbattere le barriere, i confini, perché c’è solo una patria, quella umanità per cui siamo tutti fratelli e figli di Dio.
I santi non vanno dunque venerati in sé, addirittura rendendoli degli idoli: quel colmo di perversione religiosa, per cui gli antichi profeti si adiravano colpendo l’incoerenza di un popolo che aveva tra l’altro giurato fedeltà all’Unico Dio, nell’Alleanza.
I santi possono essere forti stimoli per riscoprire i valori eterni, e sono importanti, anche oggi, soprattutto oggi, in questa società dove i modelli sono tutt’altro che nobili. Assistiamo alla esaltazione di perversioni umane, e succede che la Chiesa contrappone a tale esaltazione di idoli di cartongesso, la venerazione di pezzi di cadaveri di santi uccisi due volte: quando erano in vita perché ignorati anche dai credenti, e poi da morti perché venerati come cadaveri consumati dal tempo.
È Eterno presente che dobbiamo riscoprire nei santi, perché noi che viviamo ancora su questa terra non dimentichiamo di essere figli di Dio, e fratelli di tutti, in nome di quell’Eterno presente che rende anche noi eterni.
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