Sei anni fa moriva Dj Fabo, ma la politica continua a ignorare il Fine vita

da L’Espresso
27 Febbraio 2023

Sei anni fa moriva Dj Fabo,

ma la politica continua a ignorare il Fine vita

In Italia sono raddoppiate le richieste di aiuto per una morte dignitosa. Ma sulla possibilità di una legge il Parlamento continua a non fare nulla
di Simone Alliva
Sono passati 6 anni dalla morte di Fabiano Antoniani, meglio noto come Dj Fabo, aiutato da Marco Cappato a raggiungere la Svizzera per ricorrere all’aiuto medico alla morte volontaria (il cosiddetto “aiuto al suicidio”). Sei anni di discussioni, proposte di legge, raccolte firme. Sei anni di fallimenti.
«Prova a legarti mani e piedi e a chiudere gli occhi e capisci come vivo» raccontava Antoniani all’Italia implorando un aiuto. Reso paraplegico e cieco da un incidente d’auto, alla politica chiese di poter «uscire da quella notte senza fine». Fu costretto a farlo in una cameretta della clinica Dignitas in Svizzera il 27 febbraio del 2017 dopo aver morso un pulsante per attivare l’immissione di un farmaco letale.
Inascoltato. Forzato alla fuga da un paese che non ti aiuta neanche a morire. Per oltrepassare il confine italiano, dove è necessario un ruolo attivo del paziente nella somministrazione del farmaco, il 40enne chiese aiuto a Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni. Tornato in Italia, Cappato si autodenunciò e fu iscritto nel registro degli indagati per il reato di aiuto al suicidio, venendo assolto nel 2019 “perché il fatto non sussiste”. Con la sentenza 242 del 2019, conosciuta come sentenza dj Fabo/Cappato, la Corte Costituzionale ha sancito in parte l’illegittimità costituzionale dell’articolo 580 del codice penale così da escludere la punibilità per chi agevoli il proposito di suicidio autonomamente.
Nell’assenza di una legge, ancora oggi per andarsene con dignità gli italiani sono costretti farlo oltre i confini della patria. Negli ultimi 12 mesi sono aumentate del 111 per cento le persone alle quali l’Associazione Luca Coscioni ha fornito informazioni e aiuto pratico sul fine vita. Un milione e 200mila cittadini hanno sottoscritto la raccolta firma per il referendum sull’eutanasia legale, poi bocciato dalla Corte costituzionale. Numeri che sono il metro esatto della distanza che separa l’esperienza personale dei cittadini dall’azione politica del Parlamento.
La proposta di far approvare una legge (contestata e sofferta, come raccontato da L’Espresso) è naufragata lo scorso anno con la fine anticipata della legislatura. Non è bastato il richiamo della Corte Costituzionale nel 2018 che dava un anno di tempo al Parlamento per legiferare. Non è servito che la stessa dichiarasse illegittima la norma che punisce l’aiuto al suicidio nella parte in cui non consente che vi si ricorra per le persone libere e consapevoli tenute in vita con “sostegni vitali”, affette da malattie irreversibili e da sofferenze insopportabili.
La nuova legislatura conta sei proposte depositate tra Camera e Senato, già assegnate alla commissione competente. Arrivano tutte dalle opposizioni, le firmano: Riccardo Magi (+Europa), Enrico Costa (IV), Elisa Pirro (M5S), Gilda Sportiello (M5S), Alfredo Bazoli (PD), Dario Parrini (PD). Al Parlamento giace inoltre dal 2013 una proposta di legge di iniziativa popolare sul suicidio assistito, dimenticata. Il tema non sembra interessare la maggioranza di governo, la presidente Giorgia Meloni definì «sacrosanta la decisione della Corte costituzionale di dichiarare inammissibile il referendum proposto dai radicali sull’omicidio del consenziente, anche se sano». Per la leader di Fratelli d’Italia il diritto a una morte dignitosa «avrebbe scardinato il nostro ordinamento giuridico, da sempre orientato alla difesa della vita umana e alla tutela dei più fragili e deboli».
Intanto, di fronte ai casi di cronaca che raccontano un’altra Italia pronta alla fuga per cercare una morte dignitosa, a fine gennaio il ministro della Salute Orazio Schillaci ha chiesto al Comitato di bioetica di fornire un parere sul suicidio assistito. Un comitato che può vantare membri come Giuseppe Casale, il medico che si rifiutò di staccare la spina dei macchinari che tennero in vita Piergiorgio Welby, co-presidente dell’associazione Coscioni affetto da distrofia muscolare che lottò per vedersi riconoscere il diritto all’eutanasia e Marcello Ricciuti convinto che «l’esistenza di un’opzione legale per una via rapida che porti alla morte implica una scarsa considerazione del valore della persona che sta morendo e del viaggio che sta conducendo». Il 24 febbraio il Comitato ha identificato nei recentemente istituiti Comitati etici territoriali gli organismi ”competenti a rendere il parere in materia di suicidio assistito” , insomma ha optato per un rimbalzo di responsabilità.
Lontano dai palazzi, nel mondo reale, i cittadini fanno da soli e aumentano sempre di più i pazienti che hanno chiesto aiuto a Marco Cappato per raggiungere la Svizzera attraverso Soccorso Civile, l’associazione da lui fondata nel 2015 insieme a Mina Welby e Gustavo Fraticelli per affermare i diritti delle persone attraverso azioni di disobbedienza civile. Gli effetti di una politica sorda davanti al dolore.
«La responsabilità del silenzio della politica su questo tema non è solo dei vertici partitici di una destra reazionaria, ma anche di quelli di una sinistra inerte, che in questi anni di governo non ha mai nemmeno portato in commissione la discussione sulla proposta di legge di iniziativa popolare – spiega Marco Cappato all’Espresso – Non ci facciamo alcuna illusione sulla capacità di questo Parlamento di affrontare adeguatamente la questione per rispondere alle urgenze dei pazienti che chiedono il rispetto delle loro scelte nel fine vita. Per questo, fino a quando sarà emanata una legge che rispetti le volontà dei malati senza discriminazione, con l’organizzazione Soccorso Civile.org continueremo a disobbedire».

Lascia un Commento

CAPTCHA
*