Casale la città simbolo contro l’amianto dove i denari per fare le bonifiche si spendono
da La Stampa
1 aprile 2017
Casale la città simbolo contro l’amianto
dove i denari per fare le bonifiche si spendono
Lo stabilimento Eternit, il più vecchio (dal 1907) e il più grande in Italia, produsse manufatti (principalmente lastre per tetti e tubi) per ottant’anni
Silvana Mossano
Casale Monferrato
L’esempio è Casale. Suo malgrado. Non l’ha certo inseguito il ruolo di città simbolo nel mondo per la lotta all’amianto, ma, per non soffocare, ha dovuto reagire ponendosi un obbiettivo senza cedimenti: eliminare ogni traccia di fibra da questa terra martoriata di vittime.
A Casale Monferrato i soldi per le bonifiche vengono impiegati eccome. Si può dire che in certi momenti ne sono arrivati pochi o, comunque, non sufficienti, ma, man mano che arrivano, si spendono perché è ben chiaro che togliere amianto significa ridurre il numero di vittime incolpevoli.
Lo stabilimento Eternit, il più vecchio (dal 1907) e il più grande in Italia, produsse manufatti d’amianto (principalmente lastre per tetti e tubi) per ottant’anni. Fu chiusa nel 1987.
Casale acquisì la consapevolezza scientifica (furono fondamentali gli studi epidemiologici) che di amianto moriva non soltanto chi aveva lavorato nella fabbrica.
Moriva anche chi aveva respirato la fibra sparsa senza pudore nell’aria, nei cortili, nelle case. Si comprese, fin dall’epoca del sindaco Riccardo Coppo, che serviva un progetto complessivo per eliminare l’«eternit» ovunque: da edifici pubblici e privati. Il piano fu predisposto e approvato dalla Regione, ma non ebbe la copertura finanziaria per essere realizzato tutto e subito. Si andò per tappe, prima con contributi per smantellare l’amianto da strutture pubbliche, poi, dal 2005, anche da quelle private, con conferimento dei manufatti dismessi in una discarica gestita in maniera controllata proprio perché pubblica. Su questa linea, dopo Coppo, si sono mossi i successori: Paolo Mascarino e Giorgio Demezzi.
Si arrivò al 2014, quando il piano delle bonifiche si intersecò con l’iter giudiziario. Infatti, a novembre, uscì dalla Cassazione quella che fu definita la sentenza choc che affogò nella prescrizione il maxiprocesso Eternit. Il sindaco Titti Palazzetti, insieme ai suoi funzionari e alla delegazione dell’Afeva (con la storica presidente, ora d’onore Romana Blasotti Pavesi) andarono a chiedere al governo Renzi e per conto di tutto il territorio un «risarcimento morale» in forma tangibile. Ottennero 65 milioni, frazionati in tranches. Non una cifra a caso, ma la somma esatta, contabilizzata al centesimo, ancora necessaria per bonificare tutto l’amianto che resta nell’area del cosiddetto Sin (Sito di interesse nazionale, istituito nel 1998) di Casale e 47 Comuni intorno.
A Casale tutti gli edifici pubblici sono già a posto. Ora si prosegue con quelli privati (tetti e polverino, dove si trova) incentivandoli e facilitandoli il più possibile, con l’aggiunta delle cosiddette «bonifiche in danno», laddove interviene il Comune se il proprietario non procede, per poi provare a rivalersi successivamente con azioni legali. Ma intanto si fa. Certo, bonificare Casale non basta: in Italia sono stati mappati 46 mila siti contaminati d’amianto (cifra in difetto). Bisogna insistere sulla strada segnata dalla martoriata, ma reattiva Casale che ha un’ambizione vitale e legittima: diventare «amianto free» entro il 2020.
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In realtà, la contaminazione da amianto ed i rischi connessi sono molto più vasti di quanto si immagini.
Pensiamo ai manufatti in cemento amianto risalenti ad alcuni decenni fa e sparsi sul territorio nazionale.
Se Casale è simbolo di questo disastro, altre località non sono immuni da rischi e contagi, per i quali i risarcimenti non bastano mai.
Possiamo parlare ormai di disastri irreparabili, quello della giustizia, che non riesce a dare risposte, e quello ambientale e sanitario.
Infatti, anche bonificando, come si pensa ad annullare i rischi di tutte le fibre ormai sparse nell’ambiente?
Mi pare abbia prevalso una burocrazia, tutta italiana, che ha più che altro creato problemi.
Più che a Casale, dove bene o male qualcosa si sta muovendo, la nostra attenzione dovrebbe essere rivolta a tutte le altre località in cui si fa poco o niente… Siamo in Italia, il paese in cui la burocrazia riesce a soffocare anche le iniziative più lodevoli. E per definizione il paese in cui prospera “l’ufficio complicazione affari semplici”…