Omelie 2023 di don Giorgio: DELLE PALME

2 aprile 2023: DELLE PALME
Is 52,13-53,12; Eb 12,1b-3; Gv 11,55-12,11
Parto con una domanda: oggi è la domenica della passione o dell’ulivo? La Liturgia ci offre due schemi per la celebrazione della Messa, ognuno con propri brani scritturistici.
Liturgicamente predomina la Messa di Passione, tanto è vero che si può celebrare solo una Messa cosiddetta dell’ulivo, in tarda mattinata della domenica, con la processione appunto con l’ulivo mentre si entra in chiesa. Ma diciamo che popolarmente questa domenica è nota come la Domenica dell’ulivo, tanto più che l’ulivo, anche fuori della Messa, caratterizza questa domenica con iniziative o gesti, i cui significati vengono amplificati al di là del valore religioso. Mi ricordo che al tempo del Covid diversi sindaci avevano preso l’iniziativa di deporre un ramoscello di ulivo sulle tombe dei cimiteri chiusi al pubblico. Ridicolo! Chi ha bisogno di essere operatori di pace: i vivi o i morti già in pace? Ma i morti ci fanno sempre comodo come se fossero loro a prendere il nostro posto. Ma vorrei aggiungere: altrettanto stupidamente la Chiesa, sempre in quell’occasione di rigide restrizioni a causa del virus, aveva inventato una domenica dedicata all’ulivo. Ridicolo!
E allora passiamo alle cose serie. Con oggi si inizia la cosiddetta “Settimana santa”: già dire santa dice tutto il nostro impegno di credenti. Viene chiamata anche “Settimana autentica”, che don Marco Navoni, prete ambrosiano, Nuovo Prefetto dell’Ambrosiana, competente anche nel campo liturgico, così spiega: «Negli antichi documenti della liturgia ambrosiana la settimana santa è chiamata curiosamente settimana “autentica”, quasi a voler dire che è la “vera” settimana dell’anno liturgico, la settimana eminente fra tutte le altre, proprio perché in essa il credente è chiamato a ripercorrere il mistero pasquale di Cristo che per la nostra salvezza soffre, muore e risorge».
Già dire Mistero pasquale dice il cuore della Settimana Santa e dice il cuore del Cristianesimo, tanto è vero che, lo dico sempre, il cuore del messaggio evangelico (detto in greco “kerigma”), annunciato dagli Apostoli nei primi anni dopo la risurrezione di Cristo era esclusivamente il Mistero pasquale, nella sua triplice realtà di: passione, morte e risurrezione di Cristo. Non si predicava altro: non si parlava né di miracoli né di parabole di Gesù, e tanto meno dei fatti che riguardavano la sua nascita e l’infanzia. E questo annuncio diciamo pasquale in modo del tutto prioritario durò per tanti anni, poi sono arrivati i Vangeli messi per iscritto dai tre evangelisti, Marco, Matteo, Luca e, verso la fine del primo secolo, arrivò il quarto Vangelo, di Giovanni.
Perché dico questo? Per far capire che anche quest’anno, come ogni anno, stiamo per vivere e rivivere nella Fede il Mistero pasquale, nella sua realtà di passione, morte e risurrezione di Cristo.
Ho detto “vivere” e “ri-vivere”, che è più che un ricordare o commemorare. Vorrei sempre ripetere: ogni Mistero divino che celebriamo nella Liturgia non è tanto un ricordo o una commemorazione, ma una rinascita in noi di quel Mistero divino, anche nei suoi diversi aspetti, sempre e comunque contemplati nell’Unico Mistero come Rinascita che avviene però nella Fede più pura e non solo nei riti liturgici.
Qual è allora il senso di questa Domenica, detta di Passione? Introduce già la Settimana santa con letture che ci aiutano a cogliere il Mistero pasquale.
L’ulivo è solo una delle tante bazzecole che hanno fatto presa sulla gente sempre alla ricerca di qualcosa di superstizioso o di scaramantico.
Andiamo oltre, se vogliamo parlare di Fede pura.
Nel secondo brano della Messa, che riporta un brano della Lettera agli Ebrei, l’autore anonimo ci invita a “tenere fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento”. Pensate a quanto un tempo fosse pedagogicamente saggia la Liturgia che durante il periodo quaresimale faceva coprire tutte le statue presenti in chiesa, compresa quella della Madonna, e questo perché i credenti avessero fisso lo sguardo unicamente al Crocifisso. Quando ero a Monte, durante la Quaresima tenevo spoglio l’altare, e lasciavo solo due leggi con la Bibbia: via i vasi con il verde e tanto meno lasciavo i fiori. La gente quando entrava in chiesa, capiva che era Quaresima, e capiva l’essenzialità del Mistero pasquale. Soprattutto i bambini capivano, i bambini che avrebbero soprattutto oggi bisogno di segni o di simboli che parlino già da soli.
Qualcuno mi dirà: se c’è una settimana che è straordinariamente ricca di riti anche complessi e solenni, questa è la settimana santa. Sono d’accordo, e anche io ci tenevo a celebrarli nel migliore dei modi, perché la gente fosse però afferrata dal cuore del Mistero.
È sempre questione di equilibrio: anche le formalità sono importanti per catturare l’attenzione della gente, così distratta soprattutto oggi da mille cose inutili, ma tutto deve essere in funzione del vero scopo, che è cogliere l’essenza del Mistero divino.
È sempre vivo in me ciò che ha scritto non mi ricordo chi: “Quando entro in chiesa, subito il mio sguardo è rivolto verso l’altare, nessuna cosa mi deve distrarre mentre procedo verso l’altare, e man mano mi avvicino si fa sempre più nitido l’altare e ciò che rappresenta”. Così dovrebbe succedere anche per la prossima settimana: man mano mi avvicino alla Pasqua, mi distacco da tutto per cogliere l’essenziale del Mistero divino.
Lo so, ed è anche un istinto diciamo naturale: istinto per ciò che più ci fa soffrire, umanamente parlando. Il Venerdì santo è forse il giorno che più cattura la sensibilità umana della gente. Non solo credenti, anche gente che si è allontana dalla chiesa, anche atei il venerdì santo vengono in chiesa a baciare il crocifisso. Magari un gesto veloce, un tocco scaramantico, però tutto ciò non può non far riflettere.
La gente ha bisogno di Uno o di Qualcosa (un pezzo di legno in forma di croce) che la comprenda e proprio nel suo soffrire, visto che Cristo ha patito tutto ciò che un essere umano potrebbe patire.
Ma in quella croce vediamo già la Luce della risurrezione? Nelle lacrime (ho visto persone piangere quando baciavano il crocifisso) che cosa c’è oltre un dolore magari immenso?
Se è vero che il Mistero pasquale è: passione, morte e risurrezione di Cristo, quale parte ha per l’uomo la Risurrezione? Ho come l’impressione che i credenti, parlo in modo generico, siano più attaccati al venerdì santo che al giorno di Pasqua.
E come possiamo dimenticare ciò che l’apostolo Paolo ha scritto nella lettera ai cristiani di Corinto (15,14): “Se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede”?
E in un mondo in cui tutto sembra tenebra e disperazione, dolore e morte, non abbiamo almeno bisogno di qualche seme di risurrezione? Ma forse il cristianesimo puro è più che un seme, eppure lo abbiamo ridotto a una tomba vuota.

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