Follie antiscientifiche

Fotografia di Nir Elias/Reuters/Redux
da www.settimananews.it

Follie antiscientifiche

30 aprile 2025
di: Giulio Marchesini
Da persona razionale dotata di cultura medico-scientifica non mi riesce di abituarmi all’idea che tante persone nel mondo stiano perdendo il senno. È pur vero: un pizzico di follia può essere un bene per l’umanità. Erasmo da Rotterdam nel suo celebre Elogio ebbe a scrivere che la follia può regalare momenti di piacere: nessuno genera o è stato generato, se non grazie all’«ebbrezza gioiosa» della follia, che si nutre «di adulazioni, di scherzi, di indulgenza, di errori». Del resto, cosa c’è di più folle dell’amore tra due persone per tutta la vita!
La concezione della follia espressa da Erasmo sminuisce in parte il ruolo della razionalità nell’esistenza umana, a patto di «non ritenere estraneo a sé niente di ciò che è umano». Ma questa è saggia filosofia. Oggi, purtroppo ci si sta avviando su una strada che fa di una follia perniciosa – antirazionale e antiscientifica – la stella polare dei comportamenti, facendo saltare ogni progetto sensato per il futuro dell’umanità.
Così, mentre il cambiamento climatico distrugge il pianeta, mentre i potenti di turno ritengono giusto e doveroso fare la guerra e rivendicare più ampi confini per i rispettivi Paesi, mentre un immobiliarista vuole fare di Gaza un resort per i ricchi oltre a rivendicare la Groenlandia «perché mi serve», c’è l’equivalente di un ministro della Sanità del più potente Stato del mondo (Robert F. Kennedy Jr), già noto per le sue posizioni no vax e anti-sanitarie in toto, che vuole contenere l’epidemia aviaria lasciandola liberamente diffondere.
«Survival of the fittest, la sopravvivenza del più adatto», diceva Darwin. Poco importa che si tratti di polli o di galline ovaiole, di bovini da latte o di persone umane: sono sempre i più deboli a soffrirne! Non solo i più deboli fisicamente: su scala mondiale, infatti, sono sempre i Paesi con le popolazioni più povere a soccombere!

Influenza aviaria

Il problema dell’influenza aviaria da virus H5N1 è un problema molto più serio di quanto sappiano i non addetti ai lavori. Ora la guerra commerciale – prima ventilata e poi innescata da Trump – lo ha trasformato in un problema di prezzo delle uova che lo yankee medio esige a colazione, sino a muovere aerei cargo da molti Paesi europei verso gli aeroporti americani (tra dazi e non dazi) e a risolversi in richieste pressanti anche alle regioni della pianura padano-veneta, oltre che alla stessa Danimarca – nonostante il contenzioso «Groenlandia».
Ma vediamo di fare un po’ di chiarezza, scientifica.
Da quando scoppiò la prima grossa epidemia nei polli – quella che ha dato il nome all’aviaria (Hong Kong, 1997) – il virus, classificato come appartenente ai virus influenzali di tipo A ad alta diffusione e proveniente dagli uccelli acquatici, ha fatto più volte il giro del mondo, portato dagli uccelli migratori e operando progressivi salti di specie, infettando altri animali selvatici e quindi i mammiferi, in particolare i bovini da latte, con rari casi di trasmissione agli umani: ma mai, sinora, in trasmissione interumana.
Ora il virus è diffuso in tutta l’Asia, in Nord e Sud America, ma anche nelle regioni artiche ed antartiche (foche, leoni marini ecc.), ma focolai esistono quasi ovunque. Un recente editoriale della rivista Nature individua l’influenza aviaria quale prossima pandemia umana: basterebbe una sola ulteriore variazione genetica per permettere al virus di legarsi perfettamente al recettore umano (Nature, 27 gennaio 2025).

Negli Stati Uniti

La situazione negli Stati Uniti è particolarmente preoccupante. Il virus è presente nelle acque di molti fiumi e laghi. Perciò sono stati in precedenza abbattuti oltre 160 milioni di polli, in particolare galline ovaiole: così il prezzo delle uova è salito di oltre il 300%.
La maggiore preoccupazione deriva dal fatto che il virus si è rapidamente diffuso tra i bovini da latte, ove infetta le ghiandole mammarie trasmettendosi da animale ad animale, attraverso le mungitrici automatiche.
Gli animali infetti possono essere asintomatici. Il virus si ritrova, infatti, anche nel latte proveniente da allevamenti apparentemente indenni. La Food and Drug Administration ha dato indicazioni stringenti di bollire il latte – prassi che inattiva il virus – ma, per contro, per follia delle follie, è cresciuto negli Stati Uniti il movimento Go to Raw Milk, un movimento negazionista che, col supporto totale del ministro RFK Jr, spinge a bere il latte crudo. Sono ad oggi così segnalati circa un migliaio di infezioni umane, ed almeno un decesso. Ma la mortalità, in altri Paesi con sistemi sanitari più deboli, raggiunge probabilmente il 50% degli infettati.
Dopo l’entrata in carica del nuovo Governo americano, il ritiro degli Stati Uniti da tutte le organizzazioni internazionali ha comportato anche il blocco delle informazioni sanitarie, fino all’affermarsi della politica di lasciare che l’aviaria si diffonda, nella stima che si selezionino, da sé, animali resistenti: fenomeno assai improbabile sulla base delle caratteristiche del virus.
L’OMS (Organizzazione Mondiale di Sanità) continua a lavorare per monitorare la diffusione della malattia negli altri Paesi, pronta ad imporre l’abbattimento di tutti i capi negli allevamenti nei quali sia diffusa la malattia, e preparandosi ad allestire vaccini nel caso di infezione interumana. Esiste un piano mondiale di contenimento dell’aviaria fin dal 2021, ora messo a rischio dalla mancanza di dati e di finanziamenti dagli Stati Uniti.
La situazione è paradossale: in tutto il mondo ci si muove per orientare i sistemi sanitari verso la One Health Initiative, un sistema coordinato nel quale la salute umana non è ritenuta scindibile dalla salute di animali e piante, ovvero dalla salute dell’ambiente (vedi in figura sottostante).
Tale politica richiede interventi di salvaguardia del territorio (urbano e rurale) e della biodiversità, l’uso razionale di farmaci per prevenire l’antibiotico-resistenza, interventi di mitigazione ed adattamento nei confronti dei cambiamenti climatici, il controllo delle zoonosi e delle malattie infettive, la sicurezza del cibo e la sicurezza alimentare, ed infine il controllo dell’inquinamento ambientale. Tutte attività che non rientrano tra i protocolli dell’attuale Presidente americano, la cui sola preoccupazione è fare denaro!!
Quale salute globale sta nel lasciar morire animali infetti per gravi sintomi respiratori, diarrea, tremori e soffocamento, senza intervenire, al solo scopo di generare un’improbabile resistenza!? E se il virus completerà il salto di specie a causa di inefficienti politiche di contenimento del contagio e, quindi, avremo una nuova pandemia, che faremo? Attenderemo pazientemente che funzioni nuovamente la legge Survival of the fittest?

Con o senza l’umano

L’OMS dichiara di essere pronta a generare un vaccino ad hoc, ma non certamente ad affrontare una nuova pandemia globale in un mondo nel quale si dichiarano no vax le maggiori istituzioni americane.
Nel mondo determinato dall’Homo Sapiens, non esistono risposte semplici ed efficaci a problemi complessi: abbiamo espanso il mondo a nostro uso e consumo a spese di ogni biodiversità, costringendoci in gabbie fisiche, politiche e sociali nelle quali la natura stessa continua ad evolversi in un processo inarrestabile che ha tempi molto diversi da quelli che vorremmo.
Occorre un bagno di realtà – scientificamente fondato – che porti a considerare che la vita sulla Terra continuerà comunque, con o senza i Sapiens. Anche senza i Sapiens!
«La speranza non delude» ha detto papa Francesco indicendo il Giubileo della speranza. E allora mi viene da sperare ancora in una maggiore ragionevolezza e in una seria informazione scientifica!
Leggo che Robert Kennedy Jr è corso in Texas al funerale di una bambina di 8 anni di una famiglia no vax morta di morbillo per un’epidemia che ha coinvolto oltre 500 casi. I giornali riportano le sue tardive parole: «Sono qui per consolare la famiglia; l’unica soluzione è il vaccino». Speriamo!

Giulio Marchesini è docente di Dietistica presso l’Università degli studi «Alma Mater» di Bologna. È membro del gruppo Energia per l’Italia (www.energiaperlitalia.it)

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