Il populismo porta il Bene comune alla deriva

L’EDITORIALE
di don Giorgio

Il populismo

porta il Bene comune alla deriva

Il populismo, ovvero quando il Bene comune si fa egoismo di massa, ovvero una massa di egoisti. Perciò, il populismo è quel favorire nell’essere umano il suo peggior istinto animalesco.
Il populismo conduce inesorabilmente alla morte di ogni senso democratico, se è vero che la Democrazia è il progresso di un popolo alla luce di nobili principi di saggezza.
Sì, il Bene comune è saggezza, perciò è in forte contrasto con ogni mancanza di Pensiero.
Il populismo è l’anti-Pensiero, perché vive di istinti carnali.
Non c’è nulla di più carnale del populismo, che però si riveste di ogni forma ideologica o di ogni giustificazione anche religiosa, onde assumere le sembianze di un grande benefattore.
Mai come oggi il populismo fa stragi di coscienze, dopo che il popolo ha creduto di aver raggiunto qualche apparenza di democrazia: sta qui la più grande illusione!
I cittadini con il loro voto ingannano se stessi, quando a votare in realtà non bèla loro coscienza, ma quella falsa idea di democrazia inculcata in loro da populisti che manovrano abilmente il voto o le scelte proponendo come bene comune il rinnegamento della Democrazia.
Per dirla in breve: i cittadini votano, ma col criterio del populismo più bieco che annulla con false promesse ogni nobile idea di Bene comune.
In altre parole: il populismo non agisce sull’Intelletto, ma sulla pancia o sull’aspetto più carnale di una massa che, in quanto massa, crede di avere in mano le sorti di una nazione, che in realtà non è che una massa carnale.
Non c’è che una via: o lasciar andare la massa verso la sua implosione, o risvegliare l’Intelletto, ma ciò sarà un compito duro, quasi impossibile.
2 giugno 2018
EDITORIALI DI DON GIORGIO 1
EDITORIALI DI DON GIORGIO 2

1 Commento

  1. Giuseppe ha detto:

    La terza repubblica è nata all’insegna del governo del cambiamento. È una delle dichiarazioni trionfalistiche più ricorrenti in questi giorni che, oltretutto, è pure una menzogna.
    Per cominciare la costituzione repubblicana del 1946 è tuttora in vigore e grosso modo presoché invariata. Ci sono state è vero alcune modifiche e aggiunte, in parte già previste in fase costituente, considerato che la sua completa attuazione ha richiesto diversi anni di assestamento, ma le norme fondamentali che fanno dell’Italia una repubblica democratica di tipo parlamentare sono sempre attuali. Non ha senso perciò parlare di seconda o terza repubblica. Sarebbe come voler dare ad intendere che ogni volta che cambia la composizione dell’esecutivo si dia vita a una nuova forma di stato. Tra l’altro nell’unica occasione in cui sono stati proposti dei cambiamenti sostanziali, nel referendum costituzionale promosso da Renzi, la maggior parte degli italiani ha bocciato l’iniziativa. In secondo luogo, la maggioranza che dovrebbe sostenere il nuovo governo è composta da movimenti che nelle intenzioni di partenza si proponevano di demolire i vecchi giochi della cosiddetta partitocrazia, eppure adesso il governo a cui stanno dando vita si basa su uno spudorato accordo privato di compromesso tra due partiti, oltretutto avversari da sempre, che in comune hanno solo un populismo esasperato che gioca sui malumori della popolazione, che cercano di arrufianarsi alimentandone le illusioni, mentre se ne frega del buon senso e delle più elementari regole di convivenza civile. Quanto al tanto strombazzato cambiamento, si concretizza esclusivamente sullo scambio di ruoli tra maggioranza e opposizione, confermando una volta di più che chi lo invoca, lo fa quasi sempre per prendere il posto di chi governa per gestire il potere a proprio piacimento.
    Al momento, c’è una sola persona che può circoscrivere il raggio d’azione e limitare le prevaricazioni latenti di Di Maio e Salvini, ed è il professor Conte, basta che interpreti correttamente la sua funzione di primo ministro e presidente del Consiglio, senza cedere a pressioni e condizionamenti. Speriamo che ci riesca…

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