La sede del Parlamento Europeo a Strasburgo, in Francia (AP Photo/Jean-Francois Badias)
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Il Parlamento Europeo,
per chi non ne sa quasi niente
Qualche informazione utile in vista delle elezioni: perché ha tre sedi, cosa fa esattamente e come mai il numero dei suoi membri cambia spesso
Tra il 6 e il 9 giugno nei 27 paesi membri dell’Unione Europea si voterà per rinnovare il Parlamento Europeo, il principale organo legislativo dell’Unione. Per arrivare più preparati al voto abbiamo provato a spiegare dov’è, com’è fatto, da quanto esiste, da chi è composto, come si elegge, che lavoro fa esattamente chi diventa parlamentare europeo, e in che modo le elezioni condizioneranno anche diverse altre nomine delle istituzioni europee.
Come andarono le prime elezioni
Si tennero domenica 10 giugno del 1979 in 9 paesi, fra cui l’Italia, e furono le prime elezioni dirette del Parlamento Europeo, che con nomi diversi esisteva dal 1952: fino al 1979 eurodeputate ed eurodeputati venivano nominati dai parlamenti nazionali dei singoli stati membri. A quei tempi l’Unione Europea si chiamava ancora Comunità Economica Europea (fu con la ratifica del Trattato di Maastricht, nel 1992, che diventò prima Comunità Europea e poi Unione Europea). Vinsero i Socialisti e Democratici, il principale gruppo politico europeo di centrosinistra, che ottennero 113 seggi su 410 totali, seguito dal Partito Popolare Europeo (PPE), il principale partito di centrodestra, che ne ottenne 107. Dopo quelle elezioni fu eletta presidente del Parlamento Europeo la magistrata e politica francese Simone Veil, prima donna della storia a ricoprire questo incarico. Veil era stata fino a quel momento ministra della Salute in Francia.
In Italia vinse la Democrazia Cristiana, parte del PPE, che ottenne il 36,45 per cento dei voti. Al secondo posto arrivò il Partito Comunista Italiano (PCI), col 29,57 per cento dei voti. All’epoca il PCI faceva parte del gruppo parlamentare Comunista, che poi si sciolse nel 1989, poco prima del crollo del muro di Berlino. C’era già anche il Partito Radicale, che ottenne il 3,67 per cento. In quelle prime elezioni in Italia furono eletti come europarlamentari, tra gli altri, Enrico Berlinguer, cioè il segretario del Partito Comunista, l’ex presidente del Consiglio Mariano Rumor e poi per il Partito Radicale lo storico leader Marco Pannella e lo scrittore Leonardo Sciascia.
Dove sono le sue tre sedi
La prima è a Strasburgo, in Francia, la seconda a Bruxelles, in Belgio. Quella meno nota e utilizzata dai parlamentari invece si trova in Lussemburgo: ci lavorano soprattutto i dipendenti del segretariato generale del Parlamento, cioè il suo principale organo amministrativo. Nella sede di Bruxelles si svolge gran parte del lavoro ordinario, mentre più o meno una volta al mese a Strasburgo si svolgono le sessioni plenarie, durante le quali le misure più importanti vengono dibattute e poi approvate. La città di Strasburgo fu scelta perché considerata un simbolo della pace mantenuta in Europa occidentale dopo la Seconda guerra mondiale: fra Ottocento e Novecento infatti fu a lungo contesa da Germania e Francia.
Per tutto il resto del tempo parlamentari europei, funzionari, assistenti e lobbisti lavorano a Bruxelles: qui si svolgono soprattutto gli incontri delle commissioni parlamentari. Sono 20 in tutto: la più grande è la Commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare (ENVI), di cui fanno parte 81 parlamentari europei. Capita che ci siano eccezioni alla divisione del lavoro tra le due sedi del Parlamento: durante la pandemia, per esempio, quasi tutte le sessioni plenarie si sono svolte a Bruxelles per evitare di costringere eurodeputati ed eurodeputate e relativi staff a viaggiare, moltiplicando le occasioni di contagio.
Il numero di parlamentari cambia spesso
Il trattato di Lisbona del 2009, l’ultimo in ordine di tempo tra quelli dell’Unione, ha fissato il numero massimo dei parlamentari europei a 751. Ma negli anni le cose sono cambiate più volte: nel 1979, anno delle prime elezioni, i seggi erano 410; tra il 2007 e il 2009, con l’ingresso nell’Unione di Bulgaria e Romania, arrivarono eccezionalmente a 785, per tornare poi a 736. Al momento sono 705, ma dopo le elezioni che si terranno fra il 6 e il 9 giugno diventeranno 720.
Il criterio è demografico: i seggi assegnati ai paesi dipendono dalla loro popolazione, e variano se gli abitanti di un certo paese aumentano o diminuiscono (alle elezioni di quest’anno aumenteranno i propri seggi 12 paesi). La Germania, il paese europeo più popoloso, ne ha 96; l’Italia, il terzo dopo la Francia, ne ha 76. C’è un aggiustamento per far sì che i paesi più piccoli e meno popolosi come Malta e Cipro non siano eccessivamente sottorappresentati: quello della proporzionalità degressiva, che assegna ai paesi più piccoli più seggi di quelli che in realtà gli spetterebbero.
Per capirci: a Malta vivono più o meno le stesse persone che abitano nella provincia di Reggio Emilia, circa 530mila. Eppure Malta elegge 5 parlamentari europei, mentre Reggio Emilia è compresa in una circoscrizione molto ampia che comprende Veneto, Trentino-Alto Adige, Friuli Venezia Giulia ed Emilia-Romagna ed elegge complessivamente 15 parlamentari europei.
Ogni paese elegge i propri parlamentari europei a modo suo
I trattati europei prevedono che i parlamentari vengano eletti con un sistema proporzionale. Se a un certo paese spettano 10 parlamentari europei e un partito ottiene il 10 per cento, elegge un parlamentare europeo, cioè uno su dieci. Nella pratica le cose sono molto più complicate: il Parlamento viene eletto con 27 leggi elettorali diverse, una per stato membro (quella italiana è del 1979, ed è la più antica legge elettorale attualmente in vigore nel paese). E complessivamente esistono otto metodi statistici diversi per assegnare i seggi ai vari partiti: tutti tendenzialmente proporzionali, ma con clausole e meccanismi leggermente diversi.
Ci sono poi tantissime altre differenze: alcuni paesi sono divisi in circoscrizioni (l’Italia ne ha 5), altri no. C’è chi ha liste bloccate come la Germania e la Francia, e chi permette di esprimere preferenze, come l’Italia. Ci sono paesi con soglie di sbarramento diverse (in Italia è il 4%), e altri che non la prevedono proprio, come Belgio e Finlandia. Cambiano anche le modalità di voto: l’Estonia è l’unico paese in cui si può votare online; 13 paesi permettono di votare per posta (tra questi non c’è l’Italia). In tre paesi si può incaricare una persona di fiducia di votare per sé, oltre che per lei: sono Francia, Belgio e Paesi Bassi. Un’altra differenza è l’età minima per votare, un tema molto discusso da tempo: nella maggior parte dei paesi, tra cui l’Italia, è 18 anni. In Belgio, Germania, Austria e a Malta è 16 anni, in Grecia 17.
Sono diversi anche i giorni in cui si vota: i Paesi Bassi saranno i primi, il 6 giugno. L’Italia sarà l’ultimo paese a chiudere i seggi, alle 23 del 9 giugno.
Il Parlamento Europeo non fa davvero le leggi
Il Parlamento discute, emenda e approva atti legislativi di vario tipo, complessivamente un po’ diversi da quelle che nella politica nazionale chiamiamo “leggi”. Ci sono atti vincolanti, come i regolamenti, le direttive e le decisioni, e altri che non lo sono, come le raccomandazioni e i pareri. Tra gli atti vincolanti, alcuni si applicano ovunque nella stessa forma, come i regolamenti. Le direttive invece fissano un obiettivo comune e lasciano ai singoli stati il margine per decidere come raggiungerlo.
Il Parlamento ha un potere di iniziativa legislativa, ma assai limitato: gran parte delle proposte che esamina arriva dalla Commissione Europea, cioè l’organo esecutivo dell’Unione. Ha però un ruolo importante nel definire il bilancio dell’Unione Europea, cioè i soldi che i singoli stati trasferiscono all’Unione per distribuirli con criteri decisi dalle istituzioni comunitarie. Il Parlamento svolge le proprie funzioni insieme al Consiglio dell’Unione Europea, che però non è composto da membri eletti direttamente: al Consiglio siedono i ministri dei governi dei 27 stati membri, diversi a seconda della materia di cui si discute.
Al Parlamento Europeo governa sempre la stessa maggioranza, da quasi mezzo secolo
Una volta eletti, i parlamentari e le parlamentari provenienti dai vari partiti nazionali si iscrivono a uno dei gruppi politici di cui è composto il parlamento: al momento sono sette, ognuno dei quali espressione di un partito europeo, cioè in sostanza di federazioni che raccolgono partiti nazionali che la pensano in maniera simile. C’è il gruppo del Partito Popolare Europeo, il principale partito europeo di centrodestra, di cui fa parte Forza Italia; i Socialisti e Democratici, di centrosinistra, di cui fa parte il Partito Democratico; Renew Europe, liberale e di centro, di cui fanno parte Azione e Italia Viva; i Conservatori e Riformisti Europei, di estrema destra, di cui fa parte Fratelli d’Italia; Identità e Democrazia, di estrema destra ma con posizioni diverse da ECR su alcuni temi, di cui fa parte la Lega; il Gruppo della Sinistra al Parlamento Europeo, di sinistra, e I Verdi/Alleanza libera europea, ambientalisti e di sinistra. Il Movimento 5 Stelle non è iscritto a nessun gruppo.
Fin dalla nascita del Parlamento Europeo la maggioranza che gestisce i lavori dell’aula è stata formata da Popolari, Socialisti e Liberali.
Il Parlamento Europeo elegge anche la presidenza della Commissione Europea
Una delle prime cose che farà il Parlamento Europeo, dopo le elezioni, sarà eleggere la nuova presidenza della Commissione Europea, che decade ogni volta che il Parlamento Europeo esaurisce il proprio mandato, ogni cinque anni. Esiste quindi un legame, anche se indiretto, fra il voto alle elezioni europee e la nomina della Commissione. Attualmente la presidente è Ursula von der Leyen, che si è ricandidata per un secondo mandato (ci arriviamo).
L’elezione della presidenza della Commissione Europea funziona così: il Consiglio Europeo, cioè l’organo che raduna i capi di stato e di governo e che non va confuso col Consiglio dell’Unione Europea, propone un candidato o una candidata. Se quest’ultima ottiene più della metà dei voti in Parlamento, viene eletta; in caso contrario, il Consiglio ha un mese di tempo per proporre un’altra persona.
Dal 2014 esiste anche un discusso meccanismo informale, quello dello spitzenkandidat (“candidato di punta”): prima delle elezioni ciascun gruppo comunica il suo candidato alla carica di presidente della Commissione. Se quel partito ottiene più voti di tutti, in teoria ha la possibilità di proporre il proprio candidato o candidata di punta come presidente. In teoria, appunto: i trattati non prevedono alcun meccanismo di questo tipo.
L’articolo 17 del Trattato di Maastricht, il trattato fondante dell’Unione, prevede soltanto che il Consiglio debba proporre un nome «tenuto conto delle elezioni del Parlamento Europeo». A queste elezioni von der Leyen si presenta come candidata presidente del PPE, ma non è chiaro se i capi di stato e di governo del Consiglio Europeo terranno conto di questo suo ruolo, anche nel caso il PPE dovesse ottenere più voti degli altri partiti.
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Piccolo glossario
delle istituzioni europee
Sicuri di sapere la differenza fra Consiglio Europeo, Consiglio d’Europa e Consiglio dell’Unione Europea?
I funzionari europei non sono noti per la fantasia con cui danno i nomi alle proprie istituzioni, e confondersi è normale. Fra Bruxelles e Strasburgo, per esempio, hanno sede il Consiglio dell’Unione Europea, il Consiglio d’Europa e il Consiglio Europeo: e sì, sono tre istituzioni differenti che hanno compiti molto diversi (una delle tre non fa nemmeno parte dell’Unione Europea). Abbiamo messo insieme un prontuario da tenere sotto mano, a cui ricorrere nei momenti di smarrimento.
Unione Europea (UE): ok, prima di tutto le basi. L’Unione Europea è la più importante organizzazione internazionale in Europa, e raccoglie 28 stati che hanno deciso di cederle un pezzetto della propria sovranità (presto saranno 27, con l’uscita del Regno Unito, ma magari poi entrerà qualcun altro). I suoi organi sono il Parlamento e il Consiglio, che detengono il potere legislativo, e la Commissione, l’organo esecutivo. La UE ha anche un organo giurisdizionale, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ma andiamo con ordine.
Parlamento Europeo: esiste dal 1962, è il principale organo legislativo comunitario. I deputati vengono eletti a suffragio universale più o meno negli stessi giorni in tutta l’Unione. Ogni paese ha una quota di parlamentari che viene assegnata in base alla popolazione: l’Italia ha 73 europarlamentari – è la terza delegazione più numerosa – la Polonia 51, la Croazia 11, e così via. Rimangono in carica cinque anni. La sede principale è a Bruxelles, in Belgio: una volta al mese si radunano invece per la seduta plenaria a Strasburgo, in Francia, durante la quale approvano le misure più importanti. Dal 2017 il presidente del Parlamento Europeo è Antonio Tajani, espressione del Partito Popolare Europeo (il gruppo politico più rappresentato, di centrodestra). Oggi ha 751 membri, che verranno ridotti a 705 dopo l’uscita del Regno Unito dall’Unione.
Commissione Europea: esiste dal 1968 ed è l’organo esecutivo dell’Unione, una specie di governo ma con competenze più ridotte. Ci lavorano circa 25mila persone, la metà di quelle impiegate nelle istituzioni comunitarie. La Commissione si divide in 31 direzioni generali, che ricalcano più o meno i ministeri. I ministri – che si chiamano “commissari” – sono 28, e devono appartenere ognuno a un paese diverso dell’Unione. Rimangono in carica cinque anni, gli stessi della legislatura del Parlamento. La commissaria italiana è Federica Mogherini: dal 2015 è l’Alto rappresentante per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza, una specie di ministro degli Esteri. Il presidente della Commissione viene generalmente espresso dal gruppo politico europeo più votato alle elezioni: l’attuale presidente è il lussemburghese Jean-Claude Juncker, in carica dal 2014.
Consiglio dell’Unione Europea: è stato istituito nel 1992 e detiene il potere legislativo insieme al Parlamento Europeo. Ha anche competenze sulla politica estera, l’economia e la sicurezza. È composto da un rappresentante del governo per ogni paese dell’Unione, a seconda del tema che si discuta. Alcuni sono più influenti di altri: la riunione dei ministeri dell’Economia dei vari paesi, per esempio, si riunisce a cadenza fissa e ha assunto un nome proprio (Consiglio Economia e Finanza, o Ecofin). È il luogo dove contano di più le alleanze dei singoli stati, dato che decisioni vengono prese all’unanimità o a maggioranza qualificata, che tiene conto della popolazione di ciascuno stato: il veto di un singolo governo o di un’alleanza interna – magari fra paesi della stessa area geografica – ha il potere di bloccare una proposta di legge già passata dal Parlamento. La presidenza del Consiglio viene assunta a turno, per sei mesi, da ciascun paese: dall’1 luglio 2018 il paese a cui spetta è l’Austria.
Consiglio Europeo: non va confuso col Consiglio dell’Unione Europea. È un organo di indirizzo politico formalizzato di recente, nel 2009, e riunisce i 28 capi di Stato o di governo dei paesi membri. Ha sede a Bruxelles, in Belgio, nello stesso palazzo del Consiglio dell’Unione Europea (per aumentare la confusione) e si riunisce almeno quattro volte all’anno. Il suo presidente è eletto al di fuori dei suoi membri, e rimane in carica due anni e mezzo: attualmente è il polacco Donald Tusk, che concluderà il suo mandato nel 2019.
Consiglio d’Europa: non va confuso né col Consiglio della UE né col Consiglio Europeo, soprattutto perché non è un organo dell’Unione Europea. È una istituzione molto più antica, nata nel 1949 per promuovere la democrazia e i diritti umani: l’anno successivo ha poi prodotto la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, il trattato europeo più importante per il riconoscimento dei diritti umani, valido ancora oggi. L’assemblea del Consiglio d’Europa ha sede a Strasburgo e ha 324 membri, che sono parlamentari di 47 stati, 28 dei quali fanno parte dell’Unione Europea. Oggi non è molto visibile a livello mediatico, non può approvare leggi e non ha un grande peso politico, ma gli sono riconosciuti alcuni successi, come aver contribuito all’abolizione della pena di morte nei paesi dell’ex Jugoslavia e di quasi tutti quelli dell’ex Unione Sovietica.
Corte europea dei diritti dell’uomo: è un organo giurisdizionale internazionale, creato nel 1959 per far rispettare la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo: quindi è legato al Consiglio d’Europa, e non all’Unione Europea. Si occupa soprattutto dei casi che riguardano la violazione dei diritti individuali: possono fare ricorso sia le persone che ritengono che uno stato membro del Consiglio d’Europa abbia violato i loro diritti umani, sia uno stato. Attualmente ha sede a Strasburgo ed è presieduta da un giudice italiano, Guido Raimondi. Sulla carta gli stati sono vincolati ad accettare le sentenze della Corte, ma non succede sempre: un anno fa Politico aveva calcolato che fra le 10mila sentenze emesse dalla corte ma non rispettate, una su cinque riguardava l’Italia.
Corte di giustizia dell’Unione europea: è l’organo giurisdizionale dell’Unione Europea. Ha sede in Lussemburgo ed è composta dal Tribunale dell’Unione Europea, che emette le sentenze di primo grado, e dalla Corte vera e propria, che funziona da grado di appello. Si occupa di far rispettare i trattati e le leggi europee, e punisce con multe o provvedimenti più gravi gli stati inadempienti, come ad esempio quelli che non fanno rispettare i regolamenti emessi dagli organi legislativi dell’Unione. La Corte è composta da un giudice per ogni paese membro: attualmente il presidente è il belga Koen Lenaerts.
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