Ridicolo! Grottesco! Una rottura di coglioni!

L’EDITORIALE
di don Giorgio

Ridicolo! Grottesco! Una rottura di coglioni!

Come si può iniziare bene la giornata, leggendo i giornali, che sono sempre alla caccia della notizia sensazionale, per di più colorata da gossip pruriginoso, o politicamente insensata, partorita da menti più o meno perverse?
Anche sulle passate elezioni amministrative, quanti pareri discordi! Uno diceva una cosa, a cui subito ribatteva chi pensava il contrario. Una ridda di opinioni, di supposizioni, di teorie strampalate.
Ridicolo! Grottesco! Una rottura di coglioni!
Ad ogni turno elettorale succede sempre che i politici sconfitti si consolino “sperando” di rifarsi, mentre i vincitori si gasino, ma… fino a quando?
Tutto in balìa degli umori del popolo bue!
Non ci rendiamo conto che la Democrazia è nelle mani di un popolo che della Democrazia ha un concetto tutto suo, ovvero talmente basso da ridurre tutto a una banalità esasperante?
Sì, la Democrazia è in balìa degli umori altalenanti del popolo-massa, rincoglionito fino a votare chissà per quali motivazioni inconsce. Tanto inconsce che nessuno capisce fino a che punto abbiano una qualche ragionevolezza.
Il popolo bue ora vota a destra, ora vota a sinistra, ora vota al centro, e i politologi (una marea di sparaballe!) nella più totale disperazione eccoli però alla ricerca delle ragioni di un comportamento così strano, così girovago, così scriteriato, la cui origine dipende forse più dal popolo bue che dalla politica in sé.
Il popolo bue non sa votare. Preferisce addirittura astenersene. Nemmeno fa la fatica di pensarci. “Ma chissenefrega!!, così pensa il popolo-bue.
E a giustificarlo c’è un grande saputello con il cervello a forma di botte piena di veleno: si chiama Marco Travaglio, il quale deve pur sempre una dire una stronzata, altrimenti se non la dicesse il suo ventre farebbe rumori strani.
E allora diciamo con coraggio: le votazioni sono un diritto sì, ma degli spiriti liberi.
Altrimenti sono umori o apatie di un popolo che non ragiona affatto.
E se è vero che qualcuno al popolo ha tagliato la testa, è altrettanto vero che il popolo la testa se l’è fatta tagliare, senza belare.
È colpa anzitutto del popolo bue che non sa reagire al male, appellandosi alla coscienza, che è qualcosa di interiore.
Al popolo bue in fondo piace vivere così, da bue.
Tutti parlano, tutti discutono, tutti dicono la loro, ma è una massa di istinti, di pretese, di egoismi.
E se il popolo ragiona, è solo per un attimo, poi torna ad essere quel popolo bue che sta trascinando il mondo in un burrone irreversibile.
Pensiamo anche alla storia del popolo ebraico: l’Antico Testamento qualcosa dovrà pur insegnarci.
Leggiamo i profeti, le loro invettive, e la speranza in quel futuro messia che, quando finalmente è venuto, i capi e il popolo ebraico non l’hanno riconosciuto e l’hanno messo su una croce.
Che assurdità!
Tante cose ci sarebbero da dire sui mass media, sul popolo bue, sul mondo politico e sulla chiesa, la quale ha contribuito parecchio a lasciare la gente nella ignoranza.
Poi il popolo si è svegliato, ma come? Non educata, la gente ha preteso solo diritti, nient’altro che diritti.
Ed ora paghiamo tutto questo marciume che sta sotterrando l’universo.
Sì, il popolo non sa che cos’è la Democrazia, che è qualcosa di così alto da richiedere un pensiero, ovvero che l’intelletto attivo sia efficiente.
Il populismo non fa che accarezzare la pancia della gente, lasciando la testa improduttiva.
Quando la gente pensa, diventa pericolosa per la società, per lo stato e per la chiesa.
Il populismo toglie alla gente la capacità di ragionare.
I peggiori nemici del populismo sono gli spiriti liberi. E il loro destino è di essere condotti nei tribunali, e sgozzati senza pietà.
02/07/2022
EDITORIALI DI DON GIORGIO 1
EDITORIALI DI DON GIORGIO 2

Lascia un Commento

CAPTCHA
*