
da www.repubblica.it
01 AGOSTO 2024
“Nel centenario di Basaglia
una legge di Fratelli d’Italia
vuole riaprire i manicomi”
di Maria Novella De Luca
Allarme delle associazioni che difendono la 180: “Tornano segregazione e contenzione, niente risorse sui servizi territoriali, sempre più a rischio le carceri”
Le persone con disagio mentale sono persone da curare o da “contenere”? Sono persone da integrare o da “separare”? E di salute mentale si deve occupare il ministero della Sanità o il ministero della Giustizia? Chi ha un disturbo psichico è da considerare soggetto da sottoporre a “misure di sicurezza” così come chi compie un reato?
Il ritorno dei manicomi
Domande provocatorie certamente, eppure nel centenario della nascita di Franco Basaglia, a 46 anni dal varo della legge 180, il nostro Paese sta virando pericolosamente verso un ritorno, seppure riveduto e corretto, dei manicomi. O almeno questo è l’allarme che decine di associazioni che si occupano di salute mentale hanno lanciato, in questi giorni, dopo la presentazione in commissione Affari Sociali del Senato del disegno di legge firmato da Francesco Zaffini e da altri 22 senatori di Fratelli d’Italia.
Le criticità della legge 180
Perché il Ddl “Disposizioni in materia di tutela della salute mentale” altro non sarebbe che “una tragica nostalgia del manicomio”, affermano, tra le altre, realtà come il Coordinamento per la salute mentale, la Conferenza Franco Basaglia, l’Unasam, la Società italiana di epidemiologia psichiatrica, Antigone, StopOpg. “Sappiamo bene che la riforma Basaglia, pur positiva e ricca di successi, non è stata pienamente applicata”, scrivono le associazioni in un lettera aperta che ha già raccolto centinaia di firme, annunciando una nuova Conferenza nazionale autogestita sulla salute mentale il 22 e 23 novembre a Roma. “Mentre oggi una grave crisi colpisce il nostro servizio sanitario nazionale, indebolito da tagli e spinte privatistiche, si sfalda la rete, spesso ancora precaria, dei servizi sociali nei territori. Lo stato di debolezza dei Dipartimenti di Salute Mentale che devono assicurare il diritto alla salute mentale e alle cure, espone sempre più le persone con sofferenza e i loro familiari a un’inaccettabile condizione di abbandono, di prestazioni frammentate, per lo più farmacologiche, di internamento in strutture residenziali istituzionalizzanti e cronicizzanti. Crescono stigma e pratiche non rispettose dei diritti, la più estrema è la contenzione meccanica”.
“L’incolumità dei professionisti”
Negli undici articoli del disegno di legge firmato da Fratelli d’Italia si afferma, fin dall’articolo uno, sia l’esigenza (naturalmente) di assicurare alle persone affette da disagio psichico reale accesso all’assistenza, insieme però all’esigenza di garantire “l’incolumità dei professionisti operanti presso i servizi per la salute mentale”.
Segregazione e coercizione
Dunque della persona con sofferenza psichica si sottolinea, subito, la “pericolosità”. Da contenere con misure coercitive, con il raddoppio della durata dei Tso, i trattamenti sanitari obbligatori che passano da sette a quindici giorni prolungabili. “Vengono sdoganati per legge misure e trattamenti coattivi fisici, farmacologici e ambientali, con modalità che evocano senza nominarlo il regolamento manicomiale del 1909, invece di valorizzare ed estendere le pratiche di servizi che operano da tempo senza il ricorso alla contenzione”, denunciano le associazioni.
L’orrore dei manicomi
È la storia che si ripete fin dal 1978, anno di approvazione della legge Basaglia che sancì la fine dell’orrore dei manicomi. Due filosofie contrapposte: la cura dentro la società, la cura nella segregazione. Una concezione della malattia, come frutto – anche – di malattie sociali quali la povertà, l’esclusione sociale, la mancanza di lavoro, l’abbandono affettivo, e la malattia intesa in senso puramente somatico e biologista.
“La filosofia di una psichiatria manicomiale”
Gisella Trincas, presidente di Unasam, l’unione nazionale delle associazioni per la salute mentale, è preoccupata e non lo nasconde. “E’ un disegno di legge che utilizzando un linguaggio ingannevole ci riporta nella filosofia di una psichiatria manicomiale. Si parla di aumento dei posti letto nei servizi di diagnosi e cura, ma non di risorse per i centri di salute mentale sul territorio e di aumento di personale. Dunque si punta a ospedalizzare e separare i pazienti dalla società e dalla famiglia, non curarli nel loro contesto. Si tornano a evocare misure di sicurezza speciali coinvolgendo il ministero della Giustizia, insistendo sulla pericolosità sociale delle persone con disturbi mentali, quando le stesse linee guida dell’Onu hanno cancellato quella definizione”.
Bambini e ragazzi senza cure
Ma gli elementi critici non finiscono qui. All’articolo 2, dove si citano le “Attività di prevenzione” il fulcro sono i bambini e gli adolescenti. “La legge propone di effettuare screening diagnostici per individuare tempestivamente nei bambini e negli adolescenti eventuali disturbi mentali. Vi rendete conto di quanto è pericoloso tutto questo? Di quanti errori di valutazione si potrebbero fare con questi ipotetici screening? E’ vero, c’è un problema di sofferenza tra i più giovani, ma la verità è che nessuno cura i bambini e gli adolescenti, non esistono centri di salute mentale per loro, le neuropsichiatrie infantili sono state smantellate, pochi giorni fa due genitori mi hanno chiamato disperati perché la loro bambina di quattro anni con autismo viene curata con dei neurolettici. Che senso ha fare gli screening se poi nessuno prende in carico i ragazzi?”.
Perché la vera emergenza è l’abbandono in un Paese dove le risorse per la salute mentale sono le più basse d’Europa. La solitudine dei familiari. La disperazione – a volte – degli operatori, costretti a lavorare in condizioni impossibili e rischiose.
“Nell’abbandono è evidente che le persone peggiorano e la malattia si cronicizza, ma la risposta non può essere l’abuso della contenzione o l’uso indiscriminato di farmaci. Perché invece di prevedere nuove strutture idonee per i Tso o gli Aso cioè gli accertamenti sanitari obbligatori non si potenziano i servizi territoriali previsti dalla legge 180?”.
Impazzire in carcere
Stesso discorso per le carceri, aggiunge Trincas. “I penitenziari sono degli inferni con un numero spaventoso di persone con disturbi mentali. E sappiamo che il carcere stesso è di fatto un aggravante in queste situazione. Ma invece di curare questi detenuti, inserendoli, laddove è possibile, in percorsi territoriali, spesso sono giovani autori di reati lievi, il disegno di legge punta sezioni speciali nelle carceri, di fatto alla segregazione. Allo stesso modo vengono potenziate le Rems, residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza, invece di sostenere misure alternative al carcere, luogo patogeno e criminogeno per eccellenza”, conclude amaramente Trincas. La presidenza di Unasam invita però alla “resistenza”: “Questo disegno di legge va fermato, questo Governo vuole il controllo delle persone fragili, noi vogliano curarle”.
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