di don Giorgio De Capitani
Più i giorni passano, più la nebbia s’infittisce e le pecore si disperdono.
Mai come in questi ultimi anni il Duomo di Milano si è svuotato di fedeli, anche nelle ricorrenze più solenni, come la Pasqua. Si dà la colpa ai controlli minuziosi delle forze dell’ordine per paura di atti terroristici. Ma è una scusa, una bella scusa, solo una scusa. La realtà è sotto gli occhi di tutti, ma il Pastore non vuole riconoscere di aver perso o disperso il gregge.
I milanesi non hanno più un punto di riferimento autorevole. Il Pastore c’è, ma non c’è: esiste solo formalmente per arrivare al termine del suo mandato, ma il suo cuore si è fatto arido, come la sabbia.
In realtà, fin dall’inizio del suo episcopato milanese, Angelo Scola non è mai riuscito a ingranare o, meglio, fin da subito non ha capito nulla di una Diocesi, che gli è caduta addosso, schiacciandolo in ogni suo pur timido tentativo di movimento.
Ha iniziato male, così come male si era allontanato, per farsi ordinare prete in un’altra diocesi, disobbedendo al suo vescovo di allora, cardinale Giovanni Colombo.
In questi cinque anni, dal 28 giugno 2011 quando venne nominato da Papa Benedetto XVI arcivescovo di Milano fino ad oggi (aprile 2016), Angelo Scola non ha mai azzeccato una Lettera Pastorale che potesse dire qualcosa di evangelicamente stimolante. Nulla! Documenti, più che Lettere, con poco pochissimo consenso popolare, nonostante che, ad ogni uscita, le tentasse tutte per promuoverle.
Sarà per il suo linguaggio arido e poco comunicativo, stile ciellino (la sua formazione alla scuola di don Giussani lo ha mentalmente timbrato), ma, oltre a questo, è il contenuto a non essere incisivo, ben lontano da quelle intuizioni di pensiero profondo, che era l’anelito di Carlo Maria Martini per la verità divina.
Non parliamo poi delle aride omelie eucaristiche o degli incontri-sproloqui che da mesi tiene, tutti uniformi, per le visite pastorali ai decanati della Diocesi. Una pena ascoltarli! Qualcosa di insopportabile. Si sente che manca il cuore di un Pastore. E le pecore se ne sono andate a brucare altra erba.
E così anche il clero è rimasto solo, senza un pastore, senza una guida, senza un maestro. Solo, a vegetare! Un clero, quello milanese, che continua nel suo operare stanco, tra uno sterile attivismo tipicamente meneghino (un po’ fai da te!) ed una indolenza a guardare avanti, ad aprire qualche nuova strada. Si sperimenta sul vecchio, riverniciandolo di nuovo, senza saggezza profetica. Tutto si fa, pur di attirare i ragazzi alla catechesi o ai sacramenti, anche con pizze e altro. Siamo veramente al dolce finale!
Il clero milanese è sempre stato un problema anche per i vescovi più aperti (lo stesso Martini non è stato né capito né accettato), ma per vescovi tipo Angelo Scola tutto si blocca sul quieto vivere o vegetare, nel circolo vizioso di trottole manageriali. Sì, la pastorale si ferma, ma non si fermano i soldi per infrastrutture talora pesanti e inutili. E le pecore se ne sono andate altrove, nonostante gli sbandieramenti ai quattro venti delle iniziative prodotte sul suono delle campane a festa, a richiamare i credenti sempre con la stessa intenzionalità festaiola. Come una gara al rialzo godereccio, per vedere chi attira più gente a riempirsi la pancia. E poi ci lamentiamo dei leghisti! Beh, non dimentichiamo che ci sono anche preti diocesani con simpatie leghiste.
E così le comunità cristiane si sono paganizzate, all’ombra della torre campanaria, tra il sacro e il profano, tra odori d’incenso e fumi di arrosto, dove l’anima si è fatta una cosa sola con le salamelle.
Non do la colpa di tutto questo solo a Angelo Scola, ma Scola ha fatto nulla per riportare i credenti a quella essenzialità, che è l’anima stessa dell’essere umano-divino.
E ora che fare? Che cosa o chi attendere per quella rinascita, che in realtà è sempre stata una grossa spina di ogni episcopato milanese?
Si fanno già i nomi del successore di Angelo Scola. Ciò non mi appassiona! Anzitutto, aspetto che Scola se ne vada al più presto, augurandogli ogni felicità, e poi confido in quella provvidenza che a Milano, in epoche difficili, non ha mai fatto mancare i suoi interventi straordinari.
Sì, oggi la Diocesi ambrosiana ha bisogno di una grazia del tutto eccezionale. Ma… ce la meritiamo? Questo è il punto.
Sulla valutazione dell’episcopato di Scola si può anche concordare, sia pure in modo forse meno secco e un po’ meno astioso (e lo dico io che ai ciellini non concendo un briciolo di attenuanti).
Credo però che ciò che oggi è chiesto alle chiese è di essere meno vescovo-dipendenti, parroci-dipendenti eccetera. Dobbiamo aspettare il prete eccezionale, il vescovo eccezionale, perché la nostra fede e la nostra carità crescano? Vorrei proprio che così non fosse!
Il “materiale umano” anche dei seminari, è quello che è. Anche i seminaristi non sono alieni, non sono antropologicamente separati, sono figli del loro tempo. E così i preti, e così (anche se dovrebbero esser meglio selezionati) i vescovi.
Sono tutti i credenti assieme, a fare la chiesa (universale e locale). La “forma” che la chiesa assume è data da ciascuno; credo che oggi meno che mai la chiesa diocesana prenda la forma che decide il vescovo. Le circolari da Piazza Fontana arrivano numerose come la grandine sulle scrivanie dei nostri poveri parroci (sempre più anziani e sempre più stanchi), e di solito lì si fermano.
Non è tanto ciò che dice o non dice, fa o non fa il vescovo quindi a fare la differenza. Davvero un Martini redivivo potrebbe cambiare le cose? Sono scettico in proposito.
Il problema è la qualità della “mia” fede, non la qualità del vescovo. Altrimenti rimbalziamo sempre i problemi su altri, è sempre “colpa” di qualcun altro…
A costo di dire delle banalità, a volte mi chiedo che preparazione abbiano i giovani che, aspirando al sacerdozio, frequentano seminari e corsi universitari (o parauniversitari) di formazione, e cosa venga loro effettivamente insegnato. So benissimo che l’esperienza si matura sul campo, affrontando una realtà che spesso è diversissima da quella teorica degli studi, capita la stessa cosa -ovviamente- anche a chi non ha alcuna vocazione religiosa e, terminata l’esperienza scolastica, si trova immerso nel mondo, spesso sconosciuto, e a volte ostile, degli adulti. Eppure gli studi dovrebbero pur servire a qualcosa di più che a una conoscenza elementare, più o meno corretta, di dati e nozioni, e se possibile anche a preparare alla vita. Dico questo perché mi sembra che il comportamento di sua eminenza Angelo Scola sia molto simile a quello di altri prelati (anche parroci o semplici preti) che mi è capitato di incontrare. Indubbiamente ogni persona ha il suo carattere e il suo temperamento che incidono sul modo di agire e di rapportarsi con gli altri, ma anche il tipo più intraprendente e carismatico ha comunque bisogno di basi solide e di una preparazione adeguata, cosa che sembrerebbe un po’ carente nel cardinale, sebbene si tratti pur sempre un uomo di grande cultura.
Non posso che rinviare al mio commento all’editoriale.
Se son veri i nomi dei candidati ad arcivescovo di Milano che stanno circolando recentemente (ai nomi di Brambilla e di Negri del P.I.M.E., si è aggiunto quello di Pizzaballa, custode di Terrasanta) mi sembra che la vostra diocesi abbia un’alba di speranza…diversamente da altre diocesi piemontesi….
Chi è Negri del PIME? Il PIME una volta era il covo dei ciellini!
E’ un Vescovo che è in Brasile, diocesi di Santo Amaro… secondo informazioni provenienti dal clero novarese (metà piemontese e metà milanese!)
Grazie!
pare che papa francesco abbia scelto pizzaballa , custode di terrasanta, come successore di scola, cosa ne pensa ?
Non lo conosco. Non frequento molto le gerarchie della Chiesa.