Le scuole non siano mai più seggi elettorali

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03/08/2020

Le scuole non siano mai più seggi elettorali

Creare delle tensostrutture all’esterno delle scuole non costerebbe di più della sanificazione e del segnale negativo che daremo ai ragazzi con un’altra interruzione a 5 giorni dall’inizio dell’anno
Iside Castagnola Avvocata
Sembra che questa sia la volta buona, da anni vari esponenti politici lo propongono ritualmente, ma pochi hanno lavorato concretamente per risolvere la questione anche dal punto di vista amministrativo visto che per la procedura elettorale ci si deve attenere a un D.P.R. del 1957 che stabilisce le caratteristiche delle sale dove si vota.
La situazione quindi è complessa ma creare delle tensostrutture all’esterno delle scuole non costerebbe di più della sanificazione e del segnale negativo che daremo ai ragazzi con un’altra interruzione a 5 giorni dall’inizio dell’anno. Di sacrificarsi vien chiesto sempre alla scuola e ai genitori che rimangono nell’incertezza perenne.
Ma come fanno all’Estero? Nel Regno Unito i seggi elettorali sono spesso allestiti per strada, in posti dove la gente solitamente passa per andare al lavoro. In Olanda nel 2014 si è votato da Starbucks. La normativa consente di esercitare il diritto in qualunque seggio della città.
In Francia e in Germania i seggi sono allestiti in uffici pubblici, ma anche piazze e scuole, però le operazioni di voto si svolgono in un giorno solo (e festivo).
Nei comuni tedeschi si può votare per lettera, il cittadino deve richiedere i documenti nel comune di residenza e in molte città è possibile farlo anche via Internet. Ecco, un vero segnale nella direzione dell’innovazione del Paese sarebbe quella di dare l’alternativa al cittadino del voto elettronico.
La Regione Marche ha deciso di erogare un contributo straordinario aggiuntivo ai Comuni che non utilizzeranno le scuole come seggi elettorali. Spetta, tuttavia, ai Comuni, d’intesa con le Prefetture, cercare e trovare soluzioni alternative.
Ma una vera rigenerazione urbana sarebbe destinare i beni confiscati alla mafia per dare nuovi spazi alle scuole: al ministero una lista di 200 strutture. Il ministero dell’Istruzione sta valutando caso per caso, insieme alla Commissione antimafia del Parlamento.
Faranno dei campi di educazione alla legalità e contrasto alla mafia sui beni agricoli sul modello di quelli organizzati da Libera contro le mafie di Don Ciotti. Ville, appartamenti, box auto ma anche negozi dismessi e capannoni un tempo di proprietà di cosa nostra, della ’ndrangheta o della camorra potrebbero essere riconquistati da bambini e ragazzi. L’elenco del patrimonio disponibile, chiavi in mano, l’ha fatto il Prefetto Bruno Frattasi, direttore dell’Anbsc (agenzia nazionale beni sequestrati e confiscati): 200 strutture individuate non solo per essere usate eventualmente come aule, ma a disposizione anche degli enti locali, come quella che era una sartoria che potrebbe essere usata come archivio, in modo da liberare spazi negli istituti scolastici.
Un’altra best practice da emulare è quella del I Municipio di Roma Capitale che ha iniziato un percorso con il Parco Colosseo e il Mibact firmando un protocollo che permetteva ai centri estivi di trascorrere alcune giornate all’interno del parco, usufruendo di visite guidate gratuite alla scoperta del nostro meraviglioso patrimonio culturale, spazi Museali verranno anche utilizzati dalla Preside del Viscontino ma dai dati emerge una situazione dell’edilizia scolastica fatta di luci e ombre, con eccellenze e situazioni più difficili sulle quali è necessario intervenire.
Se non ora quando? Il piano adottato dall’Ue che assegna all’Italia ben 209 miliardi di euro si chiama Next Generation Eu, sarebbe il minimo che una parte importante di questi soldi andasse nel costruire un futuro per una generazione che rischia di annegare nei nostri debiti, prima ancora di nascere. Servono più educatori e più insegnanti, basta incertezze, la scuola deve diventare priorità nell’agenda di governo!

1 Commento

  1. AMEN!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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