L’EDITORIALE
di don Giorgio
Oggi di nuovo che succederà?
Ci si può alzare al mattino, e dire: Oggi che dovrei fare? Tutto a posto?
Dunque, solita giornata noiosa proprio perché tutto è a posto?
Magari non lo sarà, perché qualche inconveniente ci sarà sempre, ma nulla di speciale tale da sovvertire la monotonia.
Tutto a posto, ma in che senso?
Chi vede monocolore, vede tutto a posto, di un unico colore che scioglie le differenze cromatiche nella omologazione.
Ma ci si può alzare al mattino, e pensare: Oggi, altra giornata di lotta! Che succederà? Come reagirò? Prendendo qualche calmante, per togliere qualche dolore di testa?
Già il pensiero: come e quanto conta? Quanto pesa?
Ci si alza, e si pensa, e si pensa che quando si dorme, sognando…
Si pensa, perché senza il pensiero tutto cade nel sistema più carnale, privo di pensiero.
Si fa, e si pensa, si pensa e si fa. Agisco pensando…
Talora le azioni non escono, perché manca la luce, ovvero il pensiero.
Prima si pensa, e poi si fa.
“Fiat lux”, prima parola del Creatore. E dalla luce tutto è stato fatto di ciò che Dio doveva fare.
E allora mi alzo al mattino, ancora buio, perché è ancora presto, e invoco: Fiat lux!, con la pretesa magari che Dio anticipi la luce del sole.
Ma la luce è già dentro, perché altrimenti non saremmo, non vivremmo, ma il nostro dovere è prendere coscienza che dentro di noi c’è quella scintilla divina (lo spirito, l’intelletto) che è misteriosamente scaturita gratuitamente dall’Intelletto divino.
Dovere, e qui sembra paradossale parlare di dovere, come se dovessimo imporci un obbligo che è del tutto naturale e gratuito.
Dovere, come se fossi costretto tutte le volte ad aprire gli cchi per vedere le cose. Istintivamente apriamo gli occhi, come istintivamente beviamo o mangiamo quando abbiamo sete o fame.
Tutto ciò che è carnale è istintivo, e tutto ciò che è spirituale dovrebbe essere solo un dovere?
Ma il paradosso è che neppure dicendo che è un dovere rientrare in sé qualcuno ci ascolta. Ma se Cristo stesso ha dovuto ricorrere all’imperativo, allora bisogna proprio riconoscere che la creatura ha rotto ogni dialogo con il Divino, perdendo se stesso.
Sappiamo che il dovere con il tempo perde ogni contenuto, in nome di una pseudo-libertà che è solo libertinaggio, ovvero piacere fine a se stesso. E a furia di dire: Non fate questo, fate quello, si finisce nel fare ciò che si vuole.
Se è giusto, anzi doveroso parlare di doveri in una società che chiede ed esige solo diritti, rimane però il problema se la gente capisca ciò che s’intende per dovere, ovvero come qualcosa di talmente naturale che non si può né ignorare né trascurare.
Se è istintivo aprire gli occhi fisici per vedere cose fisiche, perché non dovrebbe essere naturale aprire gli occhi dello spirito per vedere le realtà spirituali, tanto più che, senza lo spirito, non siamo, neppure esiteremmo.
Forse è questa la vera domanda appena mi alzo: come può succedere che l’uomo dimentichi se stesso? Come non soffrire quando dico: Rientra in te stesso!, e quel tale mi guarda quasi compatendomi?
E se gli dovessi dire: È un tuo dovere!, mi riderebbe in faccia, in nome di diritti che solo lui conosce.
E allora mi verrebbe naturale, istintivo, urlargli: Va’ all’inferno!
03/08/2024
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