I cattolici in politica: sì o no?

L’EDITORIALE
di don Giorgio

I cattolici in politica: sì o no?

Da parte di alcuni, si sta sollevando il problema dell’assenza sempre più pesante e massiccia dei cattolici nel campo politico.
Si sarebbero dispersi e annullati come cattolici nei vari partiti, di destra, di sinistra e di centro.
Si dice che, oltre il papa, quasi nessuno tra cardinali, vescovi ecc, dica qualcosa di serio pensando anche alle prossime elezioni politiche.
In realtà, le cose non stanno proprio così. Nella Chiesa c’è chi alza ancora la testa, e parla, dice la sua, o meglio dice cose sagge.
Certo, sono pochi, e forse lo fanno a titolo personale, intendo dire che sono voci isolate nella Chiesa, la quale finora ufficialmente tace, o, ne sono sicuro, emetterà il solito documento così generico che andrà bene per cani e porci.
Non c’è peggior documento della Chiesa di quello che serve solo a salvarsi la faccia, ed è così talora contorto che nemmeno gli addetti ai lavori riescono a decifrarlo.
Anni fa la Chiesa interveniva a gamba tesa dicendo apertamente per chi votare, oggi sta nel mezzo, ovvero non prende posizione, se non parlando di valori non negoziabili, non ben definiti: espressione vaga che va bene per la destra e per la sinistra, e per il centro per i quali tutto va bene purché soddisfi il ventre della gente, il primo valore irrinunciabile.
Ma andiamo oltre. E poniamoci una domanda: che senso avrebbe oggi un partito dei cattolici? O meglio: che senso avrebbe distinguere tra il cittadino laico e il cittadino credente?
Il cittadino è cittadino, indipendentemente dalle sue credenze religiose.
Il bene comune è tale indipendentemente dal fattore religioso.
Il mio essere è essere, indipendentemente dalle fedi religiose o dalle negazioni religiose.
Ognuno di noi è composto di spirito, anima (o psiche) e corpo.
Lo spirito non richiama di per sé una entità religiosa, ma lo spirito è l’essenza stessa dell’essere umano, è l’intelletto che dà valore alla psiche e al corpo.
Anche l’ateo o l’agnostico è spirito e intelletto.
Certo, lo spirito richiama lo Spirito divino, che però non è una entità legata a una religione. È nell’essere di ciascuno, e non ha bisogno di alcuna mediazione religiosa per comunicarsi allo spirito dell’essere di ciascuno.
E allora che cosa sarebbero i valori non negoziabili, se non quelli insiti nell’essere di ciascuno, indipendentemente dai fattori religiosi.
Un cittadino, credente o non credente, è tale in quanto spirito, anima e corpo.
La politica è tale se rispetta la tridimensionalità dell’essere umano: come spirito, anima e corpo.
C’entra nulla il fattore religioso o laico che dir si voglia.
Si è, in quanto spirito, anima e corpo.
Il bene comune è, in quanto spirito, anima e corpo.
Ogni partito politico non potrebbe fare a meno della tridimensionalità dell’essere umano.
Sta qui la scelta partitica, quando si va a votare: valutare se quel partito rispetta la tridimensionalità dell’essere umano.
Qualcuno dirà: in concreto come si fa?
Ed è qui che entra in gioco il diritto al voto. Votare non richiederebbe quell’intelletto che aiuta a valutare per chi votare? Quanti sono dotati di questo intelletto? Quanti lo usano? Non è forse vero che si vota con la pancia? Non è forse vero che la campagna elettorale è quasi tutta basata sull’accalappiare il consenso popolare, promettendo cose che riguardano solo il corpo?
Si è come in un circolo vizioso: la campagna elettorale è gestita da partiti più o meno populisti, i quali, se ci sono, è perché sono foraggiati da una massa che li vota e poi delega in bianco.
03/09/2022
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