3 novembre 2024: II^ dopo la Dedicazione
Is 56,3-7; Ef 2,11-22; Lc 14,1a.15-24
Il primo brano è tolto dal capitolo 56, con cui inizia la terza parte del libro di Isaia, scritta da un anonimo profeta, chiamato dagli studiosi Terzo Isaia, vissuto durante la ricostruzione del Tempio di Gerusalemme e negli anni successivi (dal 520 a.C. in avanti).
Dunque, il profeta scrive agli ebrei, ai quali, con l’editto del 538 a.C. di Ciro il Grande, re dei Persiani, era stato concesso di tornare nella terra dei loro padri.
È facile immaginare che cosa gli esuli avessero trovato in Palestina: le loro case e il tempio distrutti, senza mura di difesa, e un misto razziale di abitanti.
Ricostruire: è stato il primo impulso di necessità. Vanno ricordati i due protagonisti principali: Esdra e Neemia. Esdra era un sacerdote e scriba, ovvero un maestro della legge; Neemia era invece un funzionario giudeo alla corte persiana. Entrambi furono protagonisti della ricostruzione, materiale e religiosa, dopo l’esilio, intorno al 450 a.C. Dunque: riedificazione del tempio (distrutto dal babilonese Nabucodonosor), ricostruzione della città santa e ristabilimento della legge.
E non dimentichiamo i duri rimproveri di Dio, attraverso la voce autorevole dei suoi profeti: gli ebrei, quasi ignari di quanto era successo e delle sofferenze patite in terra straniera, per prima cosa pensarono a loro stessi, ricostruendosi una propria casa. “No!”, disse Dio: “prima la mia Casa!”.
Altri tempi, qualcuno dirà. Certo, altri tempi, tranne che oggi ci siamo dimenticati di un passato che dovrebbe sempre essere di insegnamento.
Il tempio per gli ebrei, essendo l’unico in tutto il paese, era un forte collante che univa in una solidarietà anche civile un insieme di credenti e di cittadini, in un cammino anche doloroso, difficoltoso, pieno di prove, per diventare quel popolo maturo, che sembra quasi un ideale mai raggiungibile.
Siamo usciti da una drammatica situazione: pensiamo alla seconda guerra mondiale, subito anche qui in Italia c’è stato un grande impegno per ricostruire sulle macerie di una guerra voluta da un fascismo-nazismo che aveva distrutto ogni valore democratico.
Ricostruire, è stato anche per noi italiani un imperativo, ma che è finito subito in un riscatto diciamo del tipo puramente materiale, e siamo arrivati al cosiddetto boom economico, da cui è venuto un crollo morale e spirituale.
In poche parole: una disastrosa guerra, decine di anni di fascismo/nazismo non avevano insegnato nulla, vanificando in poco tempo ciò che da anni scriveva ad esempio don Primo Mazzolari, che stimolava anzitutto i credenti a porre fede in valori interiori. Un corpo non sta in pedi senza lo spirito. Non si tratta di confondere religione e stato: in quanto istituzioni, ognuno ha i suoi campi autonomi. Ma noi parliamo di spiritualità, il che significa che lo spirito è quella profonda realtà che è dentro in ogni essere umano, credente o non credente.
Certo, fino a quando parliamo, discutiamo, litighiamo sulle istituzioni, sugli enti, sulle strutture, sulle ideologie, allora saremo in un vicolo cieco.
Parlare di spiritualità è parlare di quella realtà unificante, per cui come cittadini e credenti o non credenti in un certo dio crediamo però nello stesso bene comune, che è al di sopra di fazioni partitiche o di fazioni laiche o di fazioni religiose.
Tornando al primo brano della Messa, rileggendolo nello spirito che lo ha ispirato, possiamo, dobbiamo scorgere qualcosa di altamente provocatorio, nel senso che quel ritorno dall’esilio babilonese fa pensare a un mondo nuovo che si affaccia.
In altre parole: ogni uscita da esperienze negative (quante ne ha avute il popolo ebraico; pensate anche all’esodo o uscita dalla schiavitù egiziana) comporta un rinnovamento, una crescita, un cammino più deciso e coraggioso verso quella libertà che, prima di essere politica, è spirituale, ovvero nasce dal di dentro di ogni essere umano. Ciò che noi chiamiamo rivoluzioni politiche, pensate a quella francese, e a tante altre, non sono servite a nulla, anzi hanno portato un popolo a una involuzione peggiore di quella dagli stessi rivoluzionari combattuta anche con la violenza.
La vera rivoluzione è quella evangelica, è quella mistica. È la rivoluzione del pensiero, o dell’intelletto, o dello spirito: pensiero, intelletto, spirito hanno lo stesso nome presso gli antichi filosofi greci: “nous”, che noi traduciamo banalmente “mente”. Cristo che cosa aveva detto usando un imperativo, iniziando il suo ministero pubblico? “Metanoèite!”, verbo greco che contiene due parole: “meta” e “nous”. “Meta” indica “oltre”, “nous” significa “mente, intelletto, pensiero”. E allora “metanoèite” significa: cambiare il vostro modo di pensare, di ragionare. La Chiesa ha tradotto “Metanoèite” con “Convertitevi”, ma ciò ha portato a cambiare un certo modo di vivere, ovvero la morale, ma questo viene dopo la conversione diciamo intellettuale. Se si hanno idee confuse, anche il comportamento morale sarà confuso. Prima si purifica la mente, l’intelletto o il pensiero, e poi si cambia il proprio modo di vivere.
Torniamo al primo brano, che inizia dal versetto 3 del capitolo 56. Se leggiamo il primo versetto, troviamo queste parole di Dio: “Osservate il diritto e praticate la giustizia, perché la mia salvezza è prossima a venire e la mia giustizia è sul punto di rivelarsi”.
Diritto e giustizia derivano dallo stesso termine, “ius”, che indica ciò che è retto, ovvero ciò che è conforme all’essere umano, che, volere o no, partecipa in quanto essere all’essere divino.
E allora Dio è il Giusto per eccellenza, l’Essenzialità purissima, e noi siamo partecipi di questa essenzialità purissima divina. Noi siamo giusti, così la stessa Chiesa istituzionale chiama i santi.
Lo Stato crede di ottenere più giustizia con norme di potere, e la stessa Chiesa istituzionale si ferma a comandamenti che riguardano il nostro modo di vivere, di comportarci secondo quelle virtù stabilite dalla stessa Chiesa.
Ogni ritorno da situazioni drammatiche comporta una conversione, ma del tipo intellettuale, ovvero, come ha ordinato lo stesso Cristo: “Metanoèite!, cambiate il vostro modo di pensare, che è sbagliato.
E ci tengo a chiarire che la Mistica medievale, il cui rappresentate tipico è Meister Eckhart è speculativa, ovvero non è moralistica, ma è fondata sull’intelletto, che per i Mistici è lo stesso Dio, in quanto purissimo spirito. Ecco perché la Chiesa istituzionale verso la fine del ‘600 ha condannato definitivamente la Mistica medievale, perché alla Chiesa interessa unicamente la morale, da imporre con norme che non provengono dall’intelletto, ma dal volere umano. Il mondo non cambierà mai in meglio, con norme imposte da istituzioni umane. La vera rivoluzione parte dall’intelletto divino, che è dentro di noi.
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