da AVVENIRE
2 gennaio 2023
Flick.
«Assurde le nuove regole sulle Ong.
I migranti trattati come dei rifiuti»
Nello Scavo
Parla Flick, già presidente della Consulta: scelta una via tutta italiana, all’insegna della burocrazia. Attenti a non sottovalutare la delega data ai prefetti
«Mi sembra che per ostacolare i salvataggi in mare si sia scelta una via tipicamente italiana e burocratica: il ricorso a ordini e sanzioni amministrativi. Esempio: anziché assegnare il porto sicuro più vicino, come previsto dalle norme nazionali e internazionali, si indica il porto “burocraticamente” più vicino; si utilizza la nostra nota “efficienza amministrativa” allo scopo di ostacolare i soccorsi in mare». Già presidente della Corte Costituzionale e in precedenza Guardasigilli nel primo governo Prodi, il professor Giovanni Maria Flick in questa intervista ad Avvenire passa al setaccio il decreto sulle Ong, e guarda oltre. Fino al rischio di replicare questa modalità e farla diventare “sistema” per aggirare gli obblighi di legge. « E’ ovvio che assegnando porti di sbarco lontanissimi, quasi ai nostri estremi confini marittimi, si vuole tenere occupate a lungo le navi umanitarie, impedendo loro di navigare nel Mediterraneo centrale per salvare altre vite o – secondo qualcuno – per pretesi ignobili accordi con trafficanti di uomini».
Non crede che il salvataggio sia messo in discussione anche da altri paletti posti nel decreto?
Si pongono limitazioni incomprensibili, come quella di impedire salvataggi plurimi. Se una nave soccorre un gruppo di naufraghi e lungo la rotta verso il porto di sbarco avesse la possibilità di salvare altre vite, dovrebbe voltarsi dall’altra parte? Stiamo parlando dell’assurdo.
Qual è secondo lei la logica di queste scelte?
L’osservazione più precisa è venuta dalla Conferenza episcopale italiana: ha ricordato come queste regole non proteggono il valore supremo della vita umana. Si è passati dal non considerare più i migranti-naufraghi come fossero “oggetti” da depositare in luoghi dove non si rispettano i diritti fondamentali, al trattarli come “merce deperibile” o peggio “rifiuti pericolosi”, adempiendo formalità burocratiche che servono solo a mettersi la coscienza a posto. In altri termini, si sottrae l’intervento al controllo penale, con la previsione di fattispecie di reato, temendo che queste vadano a scontrarsi con i principi fondamentali dell’ordinamento internazionale e costituzionale che pongono al primo posto la protezione della vita umana.
Circoscrivere le attività in mare al Diritto amministrativo non è in fondo un alleggerimento rispetto all’esercizio dell’azione penale?
In realtà l’idea che si vuol far passare, ma solo in apparenza, è che l’eventuale illecito amministrativo sia da ritenere meno grave di una sanzione penale. Ma non è altro che un modo per eliminare garanzie e burocratizzare un tema che meriterebbe altre riflessioni e altri interventi e che è stata condannata più volte dalla Corte europea dei diritti umani come “truffa delle etichette”. Peraltro in un Paese come il nostro, dove la burocrazia non ha mai dato prova di indiscutibile efficienza. E c’è un altro risvolto da non sottovalutare.
Quale?
Quello di delegare una serie di interventi ai prefetti, a cui è demandata anche la possibilità di bloccare le navi, rievocando i poteri prefettizi nella forma più sgradevole.
Intravede profili di incostituzionalità?
A questa domanda non rispondo. Ho sempre detto che per il ruolo che ho avuto in passato non posso permettermi il lusso di fare il profeta di ciò che la Corte Costituzionale potrebbe decidere e lo stesso vale per le determinazioni del Capo dello Stato. Il Presidente ha un ruolo di garanzia, ma deve tenere conto dell’inserimento delle nuove norme nell’assetto politico e istituzionale, mentre la Corte deve cancellare le norme contrarie alla Costituzione. Sono profili e garanzie distinti, perciò molte volte i giudici costituzionali hanno dichiarato l’incostituzionalità di leggi che erano state promulgate dai presidenti della Repubblica.
È solo il tema del soccorso in mare a preoccuparla? Crede che derubricare a questioni amministrative temi così seri possa diventare un escamotage per altri scopi?
Il mio timore è anche che se questo metodo non incontrasse ostacoli, si creerebbe un precedente per costruire un intero sistema, applicabile prima ai rave, poi ai salvataggi, poi ad altri ambiti. Quanto alle organizzazioni umanitarie, fino ad ora anche i più approfonditi accertamenti della magistratura non sono riusciti a dimostrare una connessione diretta e sistematica con i trafficanti di uomini. E allora si è scelto uno strumento meno garantito: come nel caso – da molti giustamente contestato – delle misure di prevenzione quando non si riesce a provare una responsabilità penale.
Intanto, però, in Libia continuano le violazioni dei diritti umani e cresce il potere dei clan, legittimati anche dal sostegno internazionale.
Sono pienamente d’accordo, e non posso dimenticare il disagio che ho provato come tanti altri quando il presidente del Consiglio precedente ha ringraziato la Libia per le attività nei confronti dei migranti. Capisco la ragion di Stato, ma ci sono dei limiti: il primo è non far pagare alle vittime le colpe di altri Stati e la nostra indifferenza verso l’imperativo di tutelare la vita umana.
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dal Corriere della Sera
Migranti, Mattarella firma il decreto.
E un’Ong già rischia la sanzione
di Adriana Logroscino
La nave di Msf verso Taranto dopo un salvataggio e un trasbordo. I responsabili: «Entrambe le operazioni sono state fatte su richiesta delle autorità»
Il decreto legge che detta nuove regole sul salvataggio in mare da parte delle Ong, voluto dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, è in vigore: ieri il presidente della Repubblica l’ha firmato. E immediatamente è iniziato il suo percorso di conversione alla Camera. Anche su questo dossier «l’Italia farà la sua parte», ha scritto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni in un tweet in cui augurava buon lavoro al premier svedese Ulf Kristersson, che ha assunto la presidenza di turno del Consiglio europeo. La Geo Barents, nave di Medici senza frontiere, che sta facendo rotta verso il porto assegnato di Taranto, è la prima imbarcazione di un’organizzazione umanitaria a confrontarsi con le nuove regole di condotta. E a rischiare la sanzione. Nel decreto, infatti, è previsto che le Ong chiedano subito un porto sicuro, che non sostino ulteriormente in mare dopo un soccorso, e che informino gli stranieri sulla possibilità di chiedere asilo. Pena multe fino a 50 mila euro e confisca dell’imbarcazione.
La Geo Barents, però, dopo aver soccorso 85 migranti in due differenti operazioni, e aver ricevuto l’indicazione del «porto sicuro» di Taranto dalle autorità, ha raggiunto un terzo punto dal quale proveniva un sos di «Alarm phone», una linea di emergenza per migranti in difficoltà, per la presenza di altri 45 naufraghi, senza però rintracciarli. «Avevamo chiesto alle autorità italiane il permesso di intervenire – riferiscono da Msf – ma non abbiamo ricevuto risposta. Alla fine, comunque, non abbiamo potuto effettuare l’intervento non avendo rintracciato l’imbarcazione». Le nuove regole vietano i soccorsi multipli, ma per l’addetto stampa di Medici senza frontiere, Maurizio Debanne, non essendoci stato un salvataggio, non si è infranta la legge. «Su richiesta del Centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo — spiegano dall’equipe di Medici senza frontiere — il nostro team a bordo della Geo Barents ha prima soccorso 41 persone in difficoltà in acque internazionali al largo della Libia, poi ha effettuato un trasbordo da una nave mercantile di 44 persone, anche in questo caso su richiesta delle autorità italiane, che ci hanno poi assegnato il porto di Taranto, dove ci stiamo dirigendo, senza alcuna deviazione dalla rotta». Cambi di rotta che il Viminale non ha autorizzato. «Ci siamo diretti verso un’imbarcazione in pericolo, per aiutare e lo faremo sempre. Temiamo problemi con le autorità italiane per la nuova legge, ma non riteniamo di averla violata». L’arrivo della Geo Barents in Puglia è previsto per domani.
Anche rispetto alla richiesta d’asilo da Msf prendono tempo: «Riguardo alla necessità di chiedere di formalizzare la domanda di asilo alle persone a bordo della nave, preferiamo vedere il testo finale del decreto per poterci esprimere e valutare il da farsi». L’ultimo sbarco, prima dell’approvazione del decreto, è stato quello di sabato, a Ravenna, della Ocean Viking con 113 migranti. Tra loro una donna con un bambino di 17 giorni, ricoverati, e altri che necessiterebbero cure mediche per via delle violenze subite.
L’imbarcazione, di Sos Mediterranée, è ferma a Ravenna, la Rise Above di Mission Lifeline, che ha raccolto i 170 dell’sos lanciato da «Alarm phone», è ad Augusta e la Life Support di Emergency a Livorno. La Humanity 1 di Sos Humanity, la Louise Michel dell’omonima Ong, la Open Arms, la Astral e la Sea Eye 4 di Sea Eye sono in porti spagnoli. «I nostri propositi per il 2023 — twitta quest’ultima Ong — sono di salvare vite ancora più vite. Migliaia di persone fuggiranno dalla Libia, saremo lì per aiutare». A Roccella Ionica erano sbarcati in 90, tutti iraniani e afghani, che sono stati soccorsi dalla guardia di finanza. Altri 162, in tre diversi sbarchi, sono arrivati a Lampedusa. I dati del Viminale, aggiornati a ieri, riferiscono di 105.140 migranti sbarcati in Italia nel 2022, 12 mila dei quali minori non accompagnati. Nei primi due giorni del 2023 in 616 sono giunti via mare. Durante tutto gennaio del 2022 erano stati tremila.
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