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03 Febbraio 2023
Meloni ci prova: “Bollette giù: è grazie a me”.
Ma non ha alcun merito se il gas costa meno
di Claudio Paudice
La premier si intesta il taglio delle bollette a febbraio ma basta leggere i report delle autorità di regolazione per capire che non è così. Anzi, con la legge di Bilancio gli oneri di sistema sono aumentati
Arrivare al Governo dopo anni di bellicosa opposizione per poi ammettere che non ci sono i soldi per onorare gli impegni assunti in campagna elettorale non era certamente quello che ci si aspettava da Giorgia Meloni. Succede perciò di doversi intestare risultati positivi senza tuttavia spiegare in che misura si è contribuito a raggiungerli. È il caso del marcato calo delle bollette del metano. L’Arera, l’Autorità di Regolazione dell’energia, ha comunicato giovedì che a gennaio la spesa per il consumo di gas delle famiglie in regime di tutela è in forte discesa, oltre il 34% in meno rispetto al mese precedente. Tanto è bastato alla premier per rivendicare la brillante notizia come la diretta conseguenza delle sue decisioni politiche: “ll calo del 34,2% della bolletta del gas sul mercato tutelato per i consumi di gennaio è (…) un risultato raggiunto grazie alle concrete misure attuate dal Governo. Proseguiamo verso questa direzione”, ha scritto sui social riprendendo quanto affermato su Rete4: “Abbiamo condotto la battaglia sul tetto europeo al prezzo del gas che, però, come siamo riusciti a portare a casa, sta dando i suoi risultati. Il prezzo del gas è sceso e sono ottimista: già dalle prossime bollette, soprattutto per chi è nel mercato tutelato, ci sarà un taglio significativo”, ha detto Meloni nel suo dialogo con Paolo Del Debbio.
Insomma la premier si è intestata il vistoso calo delle fatture di cui godranno i consumatori. Peccato che le nuove decisioni assunte dal Governo con la legge di Bilancio non abbiano contribuito minimamente. Tutt’altro: seppur di poco, a livello complessivo la manovra ha persino ridotto il risparmio, che quindi poteva essere anche lievemente maggiore. A dirlo è la stessa Arera nel suo comunicato: il prezzo più basso è scaturito “dalla riduzione della spesa per la materia gas naturale (-35,9%), dovuta al calo della componente Cmem relativa ai costi di approvvigionamento del gas naturale”. È calato cioè il costo della materia prima acquistata dai fornitori sui mercati all’ingrosso per poi rivenderla ai clienti finali, sul quale tuttavia l’azione economica del Governo italiano non ha alcun rilievo. Non è un caso infatti che le bollette calino ma in misura minore rispetto all’andamento della materia prima (-34,2% delle fatture vs -35,9% della materia prima), perché è aumentata la spesa per il trasporto e la gestione del contatore (+0,3%) ma soprattutto è cambiato il “nuovo livello di copertura degli oneri di sistema previsti dalla Legge di Bilancio”, targata Meloni, che ha fatto salire i costi dell’1,4%.
Poca cosa, ovviamente. Con la legge di Bilancio il Governo si è limitato per gran parte a prorogare le misure di contrasto al caro energia adottate dal precedente esecutivo guidato da Mario Draghi. Come l’azzeramento degli oneri generali di sistema e la riduzione dell’Iva, oppure il bonus sociale, sia per il consumo di metano che di elettricità. Interventi che sono serviti a tamponare solo in parte gli effetti del taglio delle forniture della Russia all’Europa. Tant’è che a fronte del deciso calo del costo del metano a gennaio, la riduzione “ancora non compensa del tutto gli alti livelli di prezzo raggiunti nell’ultimo anno, con la spesa per il gas per la famiglia tipo nell’anno scorrevole (febbraio 2022-gennaio 2023) che risulta di circa 1.769 euro, +36% rispetto ai 12 mesi equivalenti dell’anno precedente”, scrive l’Arera.
Poco importa perché per Meloni e il suo governo, comunque, il merito è solo loro e questo è il momento propizio per rivendicarlo: “Dalle parole ai fatti. Avevamo annunciato la riduzione del costo del gas e abbiamo mantenuto la promessa. Una grande vittoria del Governo Meloni!”, ha detto la ministra del Turismo Daniela Santanché. Oltre alla legge di Bilancio, ad aver prodotto questo risultato è stata “la battaglia per il tetto europeo al prezzo del gas”, ha spiegato Meloni giovedì su Rete4, perché “nel momento in cui siamo riusciti a portarla a casa sta dando i suoi risultati. Il prezzo del gas è sceso”.
Anche questa tesi, secondo cui l’accordo politico raggiunto a livello europeo sul price cap, per il quale effettivamente il Governo italiano – con Draghi prima e Meloni poi – si è speso molto, è smentita dai fatti e dalle istituzioni europee. A dicembre il Consiglio Ue ha approvato il tetto al prezzo all’ingrosso del gas, che scatterà da metà febbraio nel caso si realizzassero due condizioni: un costo maggiore ai 180 euro per megawattora sull’indice europeo di riferimento Ttf per tre giorni consecutivi, e uno spread tra il metano il gas naturale liquefatto (gnl) sui mercati globali superiore ai 35 euro. Ad oggi, le condizioni per far scattare il tetto sono molto lontane perché da giorni il gas prezza sotto i 60 euro per MWh. Secondo Meloni&Co, tuttavia, il prezzo così basso rispetto ai picchi di agosto, mese in cui superò i 300 euro per MWh, è frutto anche del price cap, che fungerebbe in questo caso come monito a investitori o (presunti) speculatori a non sfidare le nuove regole del mercato.
Sciocchezze, dice l’Agenzia europea per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia, in un linguaggio ovviamente più formale. L’adozione del price cap, sottolinea l’Acer in un rapporto preliminare prodotto per l’Unione Europea sul meccanismo di correzione, ha effettivamente coinciso con un periodo in cui i prezzi sono calati anche vistosamente, ma nulla fa pensare che ne possa essere una conseguenza, diretta o indiretta. Piuttosto “è il risultato di una combinazione di fattori”. In primis, “la riduzione della domanda nelle industrie ad alta intensità energetica a causa degli alti livelli dei prezzi. Anche l’introduzione di misure di efficienza energetica adottate sia dal settore industriale che da quello domestico hanno contribuito al calo della domanda”. Primo motivo, quindi: le imprese hanno tagliato i consumi per non pagare bollette monstre. Secondo, “i livelli di riempimento degli stoccaggi” sono superiori alla media. Livelli raggiunti a caro prezzo, pagato dagli stessi consumatori con le fatture estive, cioè quando hanno consumato molto meno gas ma lo hanno pagato molto di più. Soprattutto, continua ancora lo studio dell’Acer, “nel mese immediatamente successivo all’adozione del regolamento, il clima invernale è stato significativamente più mite del solito in Europa, il che, insieme all’aumento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e alla produzione nucleare in graduale ripresa, ha anche ridotto la domanda di gas”.
La riduzione delle forniture da parte della Russia sono state perciò compensate con più stoccaggi e “importazioni di gnl che hanno raggiunto livelli record”. La lista però non si esaurisce qui, perché le dinamiche del mercato europeo vanno inserite in un contesto globale caratterizzato da una “domanda limitata” dell’Asia e in particolare della Cina che ha nei fatti ridotto la concorrenza sul gas naturale liquefatto. La Cina infatti è storicamente un grande consumatore di gas liquido ma l’incertezza che avvolge la sua economia, anche per le restrizioni Covid applicate fino a poco tempo fa, riduce la concorrenza sul mercato. E questo dato si intreccia con l’aumento della capacità di rigassificazione dell’Ue (la Germania ha già lanciato in pochi mesi ben tre rigassificatori), che “incide sulla seconda condizione per l’attivazione” del price cap “in quanto riduce lo spread tra il prezzo di importazione del gnl verso l’Ue e il Ttf”. Nelle prime settimane del 2023, infatti, lo spread tra Ttf e il riferimento di Gnl è oscillato tra i 5 e gli 8 euro per megawattora, ancora molto distante dal limite di 35 euro. Il risultato è che il calo del costo del gas è merito di tutti, fuorché di Giorgia Meloni.
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