4 aprile 2021: PASQUA NELLA RISURREZIONE DEL SIGNORE
At 1,1.8a; 1Cor 15,3-10a; Gv 20,11-18
Siamo Pasqua
Fin da piccoli ci hanno insegnato che i misteri principali della nostra fede cristiana sono due: 1. Unità e Trinità di Dio; 2. Incarnazione, passione, morte e risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo.
Per quanto riguarda il secondo Mistero, possiamo anche distinguere: l’Incarnazione (Mistero natalizio) e la Passione, morte e risurrezione di Gesù Cristo (Mistero pasquale).
Se è vero che ogni Mistero divino (già la parola Mistero lo dice) supera infinitamente ogni capacità intellettiva dell’essere umano, è anche vero che la passione, morte e risurrezione, ovvero il mistero pasquale, fa parte del nostro essere umano.
Possiamo dire che noi siamo la Pasqua, proprio in quanto esseri umani. Esseri umani in quanto corpo, psiche (o anima) e spirito.
Viene facile subito pensare che in quanto corpo e psiche noi siamo anzitutto passione e morte, e in quanto spirito siamo risurrezione.
In realtà, la cosa non è così schematica. Il corpo e la psiche vivono di spirito. Senza lo spirito non saremmo neppure corpo e psiche. E senza corpo e psiche non saremmo esseri umani.
Tuttavia, è il corpo o la psiche a soffrire e a morire, e non lo spirito. Noi soffriamo e moriamo in ogni istante. Sì, moriamo in ogni istante. Tutto è morte, se pensiamo alla precarietà delle cose e del tempo: precarietà che ci toglie man mano inesorabilmente una parte della nostra esistenza. Le cose passano, così il tempo, e le cose e il tempo ci trascinano nel loro vortice. La nostra esistenza è legata volere o no alla precarietà delle cose e del tempo.
Pensiamo alle nostre giornate: ogni giorno inizia all’alba e poi ha il suo tramonto. Dall’alba al tramonto le cose passano, e così il tempo. Sempre così, ogni giorno. A ogni alba siamo diversi, sempre diversi. E così ad ogni tramonto. Ogni giorno è diverso.
Dall’alba al tramonto. Così dalla notte al giorno. Ogni notte dà origine al giorno, e ogni giorno si conclude nella notte.
Tutto, dunque, ha un inizio e ha una fine. E questo, non tanto nell’arco di una esistenza più o meno lunga, ma sempre, in ogni istante: ogni istante ha un inizio e una fine.
Pensate anche alle quattro stagioni: un continuo annuale alternarsi di nascita e di ri-nascita, attraverso passaggi di risveglio e di una specie di letargo della Natura. Forse non è un puro caso che la Pasqua veniva fin dall’antichità celebrata all’inizio della primavera.
Scrive Marco Vannini: «Al primo plenilunio dopo l’equinozio di marzo le antiche comunità pastorali e agricole festeggiavano il passaggio dalla morte dell’inverno alla vita della primavera: perciò a quella data fu posto anche il mitico passaggio – la Pasqua, appunto – degli ebrei dall’Egitto. Pasqua è in effetti la festa del commovente, davvero “miracoloso” rifiorire della vegetazione e, insieme, del risorgere delle forze vitali, generative, in tutti i viventi».
Con altre immagini possiamo dire che tutto è oriente e tutto è occidente. Oriente, ovvero, là dove sorge il sole; occidente, ovvero là dove tramonta il sole. Per oriente e per occidente non intendo naturalmente regioni geografiche. La geografia ha la sua importanza, ma non è da prendere sempre in senso puramente letterale. Nell’oriente fisico ci può essere un occidente mistico, e viceversa.
Vorrei dire di più. L’antica concezione secondo cui era il sole a girare attorno alla terra, in fondo era anche più suggestiva, tanto è vero che ancora oggi diciamo che il sole sorge e tramonta. Ma questa concezione dà un’idea sbagliata, come se fosse la luce a sorgere e a tramontare, mentre in realtà siamo noi che ci avviciniamo alla luce o ce ne allontaniamo.
Se siamo oriente e occidente in realtà è perché, in quanto corpo e psiche, ci avviciniamo o ci allontaniamo dalla realtà dello spirito. In altre parole, la passione e la morte riguardano il corpo e la psiche, mentre lo spirito è risurrezione: luce e vita perenni.
Noi dunque siamo Pasqua, ma siamo Pasqua, se lo spirito è Risurrezione.
Che Pasqua sarebbe, se fossimo solo corpo e psiche, o carnalità destinata ogni giorno a subire passione e morte?
Ma attenzione: non dobbiamo avere una concezione negativa della nostra realtà esistenziale o quella concezione duale, per cui come corpo e psiche siamo precari, perciò soggetti a soffrire e a morire, e in quanto spirito siamo eterni.
Siamo un “unicum”, un composto di corpo, anima (psiche) e spirito. Non siamo solo passione e morte da una parte, e risurrezione dall’altra. Sì, la risurrezione è spirito, ed è lo spirito a dare un senso al nostro corpo e alla nostra psiche e anche al tempo che consuma corpo e psiche. Lo spirito è l’Eterno presente.
Il nostro compito sta nel distacco da ogni carnalità che vuole primeggiare, mettendo da parte la realtà dello spirito, riducendo perciò la nostra esistenza solo a passione e morte.
Come possiamo essere Pasqua, se manca la realtà dello spirito, che è risurrezione?
Perciò ogni carnalità che schiavizza la libertà dello spirito va repressa.
L’antico filosofo greco Platone diceva che la filosofia è “un esercizio di morte”. Che significa? Significa che occorre dare morte, ovvero distaccarci da ogni carnalità che reprime lo spirito. Occorre dunque esercitarci in un’opera che sembra negativa, quella del distacco, ma che è l’unica possibilità per dare risurrezione al nostro esistere.
Occorre dunque un esercizio, un impegno quotidiano, per togliere tutto ciò che non ci permette di vivere intensamente. Se ci lasciamo soffocare da tante cose inutili, la nostra esistenza è un anticipo della morte.
Ogni risurrezione richiede passione e morte, altrimenti che risurrezione sarebbe? Noi siamo Pasqua, quando la risurrezione dà un senso al nostro vivere, il cui soffrire e il cui morire si risolvono nella Realtà divina.
Non dimentichiamo le parole di Cristo a Marta, sorella di Maria e di Lazzaro: “Io sono la risurrezione e la vita”. Anche noi possiamo dire: “Io sono la risurrezione e la vita”. Tutto sta in quel “io sono”, ovvero in quell’essere interiore che è già risurrezione, quando si spoglia di ogni carnalità umana.
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