Il lascito di Draghi è un’economia in salute. Il prossimo governo non butti tutto a mare

www.huffingtonpost.it
01 Agosto 2022

Il lascito di Draghi è un’economia in salute.

Il prossimo governo non butti tutto a mare

di Fabrizio Pagani

L’Italia cresce più del previsto. La stabilità degli ultimi 18 mesi, la gestione della pandemia e l’autorevolezza del governo hanno fortemente contribuito a garantire quel clima di fiducia necessario alle imprese. Saprà il prossimo esecutivo fare altrettanto?

La crescita dell’economia italiana nel secondo trimestre di quest’anno ha sorpreso molti. La stima prodotta dall’Istat venerdì scorso vede un Pil in aumento dell’1% rispetto al trimestre precedente e del 4,6% in termini tendenziali. Nell’Eurozona, meglio dell’Italia ha fatto solo la Spagna, mentre l’economia tedesca mostra preoccupanti segnali di stallo. Empiricamente, che il Paese non fosse in recessione era chiaro a chiunque lo percorresse in auto o treno, ma la crescita è stata più rotonda di quanto ci si potesse aspettare. Molte previsioni, alcune strumentali a sostenere richieste di categoria o a facilitare posizionamenti politici, sono state smentite.
L’industria rimane il motore della nostra crescita, ma questa volta anche i servizi hanno contribuito in maniera robusta e la domanda interna ha giocato un ruolo più importante delle esportazioni. Si tratta, dopo la forte caduta del 2020, del sesto trimestre consecutivo di crescita, con una variazione acquisita per il 2022 pari a 3,4%. Relativamente al terzo e quarto trimestre ci si aspetta effettivamente un rallentamento, con possibile crescita leggermente negativa in autunno. Dipenderà molto dai prezzi energetici, ma anche dal quadro politico. Vi potrebbe essere un effetto sulla fiducia di consumatori e imprese della crisi di governo e quindi dei risultati elettorali.
In questo quadro, è probabile che l’anno termini proprio attorno al 3,4% rispetto al 2021. Si tratterebbe di un risultato migliore non solo di quanto recentemente stimato dal Fondo Monetario (3,0%), ma anche di quanto previsto in primavera dal DEF del governo (3,1%). Una crescita cosi robusta aiuterà a migliorare gli indici di finanza pubblica ed in particolare ad abbassare il rapporto tra deficit e Pil e tra debito e Pil. Nella NADEF (Nota di aggiornamento del DEF), che sarà preparata dal governo, almeno per la parte tendenziale, in settembre avremo un quadro piu preciso.
Tuttavia, secondo il bollettino mensile prodotto da Ragioneria dello Stato e Dipartimento delle Finanze le entrate tributarie nei primi cinque mesi dell’anno sono state in aumento di 19.5 miliardi (+11,3%) rispetto allo stesso periodo del 2021. È quindi possibile che a fine anno, grazie a crescita, inflazione e buone entrate, potremo arrivare a un rapporto debito pil sotto 145%, dieci punti in meno rispetto a due anni fa.
Dobbiamo chiederci se e come su questi buoni dati economici influiscano la politica e le politiche dei governi. È chiaro che al momento gli effetti diretti del PNRR e del Piano Complementare sono molto limitati, dato che poche sono state le risorse effettivamente già spese. A nostro avviso, sicuramente alcune politiche in materia di impresa, investimenti, attrazione di capitali e di capitale umano, promosse nella legislatura precedente e confermate in parte e con qualche incertezza in questa, sono alla base di una trasformazione e rafforzamento strutturale del nostro sistema di manifattura. Forse si tratta proprio di quella trasformazione che il sistema tedesco sta avendo difficoltà a porre in essere. Industria / Transizione 4.0 e le misure di Finanza per la Crescita sono state efficaci e un loro rilancio dovrebbe essere al centro del programma di qualsiasi futuro governo.
Sul piano macro, la stabilità degli ultimi 18 mesi, la gestione della pandemia e l’autorevolezza del governo Draghi hanno fortemente contribuito a garantire quel clima di fiducia necessario alle imprese. Saprà il prossimo governo fare altrettanto?

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