da www.globalist.it
Meloni e il progetto revisionista della destra
per riscrivere la storia dell’eversione in Italia
L’altro giorno, facendomi interprete del sentimento di tanti compagni, amici e sinceri democratici, avevo auspicato che Giorgia Meloni definisse fascista la strage di Bologna
Gianni Cipriani
3 Agosto 2024
L’altro giorno, facendomi interprete del sentimento di tanti compagni, amici e sinceri democratici, avevo auspicato che Giorgia Meloni – che teoricamente ora è presidente del Consiglio e non più leader di Colle Oppio – finalmente desse un colpo di spugna a decenni di ambiguità e affermasse pubblicamente che quella di Bologna è stata una strage fascista che ha avuto come mandanti pezzi degli apparati dello Stato ostili alla Costituzione democratica e la Loggia P2.
Giorgia Meloni questa volta ha detto: “La strage di Bologna è uno degli eventi più drammatici della storia nazionale. Il 2 agosto del 1980 il terrorismo, che le sentenze attribuiscono a esponenti di organizzazioni neofasciste (…)”. Ha parlato di ‘neofascismo’ ma – come è evidente a tutti – lo ha fatto nel modo peggiore, ossia non facendo propria l’affermazione ma prendendone le distanze: lo dicono le sentenze ma non io.
Non mi meraviglio: da tempo – e non sono il solo – dico che si sta organizzando un’azione revisionista che ha lo scopo di riscrivere la storia della strategia della tensione e più in generale della repubblica tesa ad annacquare i crimini e le responsabilità fasciste o neofasciste per – al contrario – accreditare la tesi del “complotto comunista” che qua e là qualche papavero della destra che è rimasta fascista nel dna si fa scappare con esternazioni che appaiono comiche ma che, in realtà, sono solo l’antipasto di ciò che bolle nelle loro pentole.
Quando sentite parlare di commissioni d’inchiesta parlamentari sugli anni di piombo, sulla eversione, sugli attacchi alla democrazia sappiate che si tratta di una commissione revisionista e negazionista attraverso la quale la destra, forte dei numeri, potrebbe far approvare la qualunque per poi spacciarla come ‘la verità’.
Che il mio non sia un ragionamento dietrologico è provato da quanto le testate di destra vanno dicendo e scrivendo da anni e su cui sono tornate anche oggi.
Come ho detto, sulla strage di Bologna questi ambienti continuano a lavorare alacremente per affermare la pista palestinese, dare una verniciata di rosso all’attentato e cancellare le responsabilità fasciste. E come largamente previsto oggi testate di destra sono tornate alla carica dicendo che i post missini puntano sulla pista palestinese e su quella di Carlos e ci sarebbero i famosi documenti dei servizi segreti (che ora si vogliono rendere pubblici) a dimostrarlo.
Ovviamente in tutta questa fanfara propagandistica si dimentica che il segreto di Stato non è opponibile se c’è una indagine di strage e quindi tutto ciò che poteva essere utile all’accertamento della verità è già stato acquisito. Ma qui non si punta alla verità ma alla propaganda, ad alzare polveroni, a entrare a gamba tesa nei confronti di una opinione pubblica poco informata e magari di una classe politica improvvisata o distratta.
I famosi documenti di cui si ciarla da un anno, come ho già detto, non dimostrano nulla. Elementi generici e di scenario che solo attraverso una lettura distorta potrebbero essere messi sul tavolo. Nel 1980 c’era il terrorismo palestinese? Certo. Ma nel 1980 c’era o non c’era il terrorismo fascista? C’era o non c’era la P2? Di quei documenti ho piena conoscenza come tutti coloro che hanno avuto un ruolo in commissione Mitrokhin e ci vuole una buona dose di sfacciataggine per considerarli come prove.
Poi c’è il tentativo – anche in questo caso vecchio e superato – di sperare che l’ex terrorista Carlos attualmente ospite delle galere francesi, possa arrivare in soccorso con qualche ‘rivelazione’. Rivelazioni (si fa per dire) che tra l’altro parlando con testate di destra Carlos ha già fatto negli anni scorsi. L’ex terrorista internazionale aveva inventato una storia assurda dicendo che per la strage di Bologna i fascisti non c’entravano nulla ma la colpa era di Stati Uniti, sionisti e Gladio che avevano fatto esplodere un carico di armi destinato ai palestinesi.
E quindi dico in anticipo che l’ex terrorista Carlos ha la stessa attendibilità e dignità morale di Alì Agca. Ma non si può escludere una campagna mediatica per rilanciare le sue fandonie.
Che dire? A destra si sono offesi nel sentire dire che molte delle politiche di oggi sono allineate con il vecchio Piano di rinascita democratica della P2 di Licio Gelli che puntava al superamento della Costituzione repubblicana e antifascista per sostituirla con uno stato autoritario. Ma questo è evidente basta riprendere il piano di rinascita democratica e leggerlo.
Tuttavia nonostante la destra possa avere dalla sua mezzi, denari e posizioni di potere, mi sento di dire che le nuvole nere revisioniste e negazioniste che incombono sulle nostre teste saranno respinte. Non consentiremo operazioni mediatiche e politiche per cancellare la verità, riabilitare assassini e ribaltare le responsabilità. La repubblica democratica e antifascista si difende anche divulgando la storia e custodendo la memoria. Nell’Italia repubblicana c’è chi ha difeso la democrazia e chi ha tramato e messo le bombe o organizzato tentativi golpisti per farci fare la fine del Cile di Pinochet o della Grecia dei colonnelli. C’è chi ha combattuto il terrorismo e chi non ha mai reciso del tutto i legami con eversori, golpisti e stragisti.
Lo sappiamo, lo ricordiamo e lo ricorderemo.
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da www.huffingtonpost.it
03 Agosto 2024
Giovanni Bianconi. “La matrice neofascista
della strage di Bologna è dimostrata,
altra cosa sono i dubbi sui colpevoli”
di Federica Olivo
Intervista con il giornalista del Corriere della sera e saggista: “Meloni si fa scudo delle sentenze per lasciare aperta la porta a chi, anche nel suo partito, mette in dubbio la verità sulla strage. Le altre piste? Tutte smentite. Le sentenze si possono discutere, ma non ci sono elementi per la revisione, il resto è materia da storici”
Non si placa l’eco dell’ennesima polemica sulla Strage di Bologna. Questa volta i toni sono stati più aspri del solito perché dopo che Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime della strage di Bologna, ha detto dal palco della commemorazione che l’attentato “affonda le radici nel post fascismo italiano” è intervenuta direttamente la premier, Giorgia Meloni, per dire che gli attacchi a lei e al governo “sono ingiustificati”. E per fare un riferimento ritenuto da molti un po’ troppo tiepido, nonché indiretto, alla matrice dell’attentato. Della polemica politica, ma anche delle sentenze e dei dubbi sulla verità storica e giudiziaria abbiamo parlato con Giovanni Bianconi, giornalista e saggista, firma storica del Corriere della Sera, grande conoscitore della stagione delle stragi.
Meloni è entrata in polemica diretta con i familiari delle vittime, però al contempo ha fatto un riferimento alla matrice neofascista della strage del 2 agosto. Un passo avanti?
La premier in realtà ha detto che non secondo lei, ma secondo le sentenze la matrice è neofascista. Si è fatta scudo degli atti giudiziari per lasciare aperta la porta a chi mette in dubbio la verità sulla strage. Più che di un passo avanti parlerei di un mezzo passo, che però lascia a chi – anche nel suo partito, e ce ne sono – sostengono altre tesi. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella è invece stato molto più chiaro nel fare riferimento a una “spietata strategia eversiva neofascista”, senza cenni alle sentenze.
Meloni, però, dice “sostenere che le ‘radici di quell’attentato oggi figurano a pieno titolo nella destra di governo’ è molto grave”. E alcuni esponenti del suo partito gridano al pericolo per la loro incolumità. Un timore un po’ fuori misura?
Ci sono dati oggettivi che raccontano della provenienza dal mondo che gravitava intorno all’Msi degli autori della strage di Bologna. Lo stesso riguarda le stragi dei primi anni 70, da piazza Fontana a piazza della Loggia. Si dirà: anche illustri esponenti delle Brigate rosse venivano dal Pci. È vero, ma c’è una differenza di fondo: quando ha capito di cosa si trattava, il Pci ha collaborato con inquirenti e investigatori per farli arrestare; non risulta che l’Msi abbia fatto lo stesso con gli estremisti di destra divenuti terroristi. Quanto ai timori per l’incolumità: tutti hanno diritto di esprimere i timori che credono, ma mi pare una posizione un po’ esagerata. A meno che non si abbiano elementi concreti per sostenerla, che però allora sarebbe meglio denunciare chiaramente.
Molti dei fatti terroristici della storia recente d’Italia si portano dietro depistaggi, difficoltà nell’accertamento della verità, ma anche teorie che puntano a picconare la verità giudiziaria, come nel caso di Bologna. Perché dopo tante sentenze c’è chi esprime ancora dubbi sulla strage?
Bisogna fare una differenza: un conto è avere dubbi, leciti, sui colpevoli. Altro è averne sulla matrice, che invece mi pare ampiamente dimostrata. I dubbi sulla colpevolezza di Francesca Mambro e Giusva Fioravanti possono essere, per certi aspetti, fondati: ci sono degli elementi processuali poco chiari, che a mio parere non sono mai stati diradati. Qualche esempio? Penso ad alcune testimonianze, ritenute fondamentali per dimostrare la colpevolezza degli imputati, che destano perplessità, ma anche al noto depistaggio dell’operazione “terrore sui treni”, che se seguito fino in fondo avrebbe potuto portare proprio al gruppo di Fioravanti. Allora, anziché un depistaggio sarebbe impistaggio, e questo lascia aperti molti interrogativi. Altrettanti dubbi derivano, secondo me, dal fatto che Fioravanti e Bellini (quest’ultimo ancora sotto processo, ma già condannato in primo grado e secondo grado come altro esecutore, ndr) non risulta si conoscessero. Se così è, mi pare complicato pensare che abbiano realizzato insieme una strage del genere. Tuttavia le sentenze, anche quelle definitive, si possono sì discutere, ma sul piano giudiziario vanno rispettate finché non emergono elementi nuovi utili alla loro revisione.
La matrice neofascista, insomma, è inoppugnabile?
Oltre che, con chiarezza, dal processo, emerge da una serie di altri elementi. Dal modus operandi, innanzitutto, ma anche dal fatto che erano stati fatti nel periodo precedente altri attentati dinamitardi da gruppi eversivi di centrodestra.
Nel corso degli anni c’è stato chi sosteneva altre piste, che guardano all’estero.
La pista palestinese è stata smentita, perché di fatto è rimasta senza movente: la storia chiamata in causa come motivo per reagire con un attentato era già stata risolta, dal punto di vista dei palestinesi, prima della strage. Quindi dire che non è una strage fascista perché è ancora in piedi l’alternativa palestinese mi pare sbagliato. Quanto alla pista libica, se n’è parlato tanto senza arrivare a nulla di concreto.
A distanza di oltre quarant’anni restano, però, dei tasselli mancanti. Quali?
Prima del processo Bellini c’erano dubbi su quale fosse il movente, su chi fossero i mandanti. Il processo li ha in gran parte colmati, chiamando però in causa quattro persone morte (tra questi Licio Gelli, fondatore della P2, ndr) che di fatto hanno subito un processo senza potersi difendere. Ma anche il movente della P2 e della prosecuzione della “strategia della tensione” è complicato da rinvenire, poiché siamo in un momento storico diverso rispetto a quello della prima metà degli anni 70. Per semplificare: il movente degli attentati degli anni 70 è stato trovato nel fatto che si voleva tenere la sinistra, e in particolare i comunisti, lontani dall’area governo; nel 1980 questo “pericolo” era già passato, con il Pci tornato definitivamente all’opposizione. Ci sono, in ogni caso, questioni che ormai sono materia da storici.
C’è sempre una diatriba tra verità storica e verità giudiziaria. Quanto si incrociano e quanto, invece, sono in contrasto?
Gli storici si devono basare anche sugli atti giudiziari, sulle fonti che si trovano all’interno di inchieste e processi durati decenni. Al di là delle sentenze, in un processo confluiscono tanti atti che possono avere grande rilievo dal punto di vista storico, oltre che giudiziario. E che quindi agli storici, che non mandano in galera nessuno, possono essere utili per raccontare fatti che riguardano la storia del nostro Paese. I depistaggi, che spesso nella nostra storia recente ci sono stati, riescono a far passare il tempo e ad allontanare la verità giudiziaria. Ma è più difficile che ci riescano con quella storica; anzi, quando vengono scoperti possono aiutare ad avvicinarla.
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www.articolo21.org
2 Agosto 2024
Bologna, sappiamo la verità e abbiamo le prove.
Fu una strage fascista
Paolo Bolognesi
“Occorre un’esplosione da cui non escano che fantasmi”. Il 2 agosto 1980, alle ore 10:25 un ordigno ad alto potenziale esplose nella sala d’aspetto di seconda classe della stazione di Bologna. Lo scoppio fu violentissimo. Il bilancio finale di questa strage, la più efferata compiuta nell’Italia repubblicana, fu di 85 morti e oltre 200 feriti. Il 2 agosto 1980 era il primo sabato d’agosto, un giorno spensierato per milioni di Italiani che si apprestavano a partire per le vacanze; erano appena state depositate le motivazioni del rinvio a giudizio di Mario Tuti e di altri neofascisti per la strage del treno Italicus, di appena 6 anni prima, sempre compiuta nel primo fine settimana di agosto, sempre diretta contro la nostra città. Nel documento “Linea politica” sequestrato il 2 agosto 1980 a Carlo Battaglia referente di Paolo Signorelli a Latina, si leggeva: “Bisogna arrivare al punto che i treni e le strade siano insicuri, bisogna ripristinare il terrore e la paralisi. È necessario provocare la disintegrazione del sistema. Occorre un’esplosione da cui non escano che fantasmi”. Questo volevano i fascisti. E non solo i fascisti.
I risultati del processo d’appello a Gilberto Cavallini, accusato di essere il quarto esecutore materiale del massacro del 2 agosto, confermano l’esistenza di una fitta rete di collusioni tra estrema destra, loggia massonica P2 e Servizi Segreti, con coperture ad altissimi livelli, che hanno fatto sì che attendessimo oltre 40 anni per processare i mandanti della strage del 2 agosto e non solo. Nel manifesto di quest’anno abbiamo scritto: SAPPIAMO LA VERITA’ E ABBIAMO LE PROVE.
È bene chiarire una volta per tutte che la strage è stata ideata e finanziata dai vertici della loggia massonica P2. La sua esecuzione è stata agevolata e coperta dai vertici dei Servizi Segreti italiani ed è stata eseguita da terroristi fascisti. La sentenza d’Appello del processo ai mandanti, che vede come imputato principale Paolo Bellini appartenente ad Avanguardia Nazionale ha certificato questa impostazione: sono emerse le prove dei rapporti tra Servizi Segreti e NAR, in particolare Cavallini e Fioravanti, e mettono in luce come sia i Servizi Segreti sia il capo della loggia massonica P2 Licio Gelli sapevano quanto stava per accadere ed erano coinvolti direttamente nella pianificazione della strage. È provato poi che i neofascisti dei NAR non erano un gruppo di romantici e sprovveduti spontaneisti, come ebbe a sostenere il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, ma una formazione terroristica militarmente preparata e interna alla strategia stragista. Eppure, resta spesso il silenzio. Sappiamo la verità e abbiamo le prove, è stato confermato nei processi e nelle sentenze, ma, ad ogni ricorrenza, puntuali, arrivano polemiche pretestuose volte a condizionare la verità, gli stessi processi e l’opinione pubblica. Il 5 agosto 2023 Marcello De Angelis, portavoce del Presidente della Regione Lazio, ha pubblicato una dichiarazione in cui si diceva certo dell’innocenza di Mambro, Fioravanti e Cavallini per la strage di Bologna aggiungendo che magistrati e istituzioni lo sanno e mentono sapendo di mentire.
De Angelis ha presto ritrattato parlando di semplici dubbi, ma la sua dichiarazione ignobile e falsa, è comunque arrivata come messaggio forte e chiaro alle orecchie di chi, camerata di ieri, oggi siede su poltrone importanti. De Angelis infatti, oltre che pregiudicato per banda armata, già in passato aveva preso le difese dei fascisti imputati per la strage di piazza della Loggia. È anche cognato di Luigi Ciavardini, fratello di sua moglie, la quale aveva messo in piedi un business milionario attraverso una serie di cooperative a cui veniva affidato il reinserimento dei detenuti privilegiando ex eversori fascisti tra cui figurava anche Gilberto Cavallini; per quest’ultimo fu fondata una sede ad hoc in quel di Terni permettendogli così di lavorare all’esterno del carcere. La scoperta di una sorta di operazione di soccorso dell’eversione fascista ha portato alla chiusura per decreto di alcune di queste cooperative, perché operavano contro la legge, ma si può stare certi che i vecchi sodali dei neofascisti non abbandoneranno gli esecutori materiali della strage di Bologna e continueranno a premiarli e a coprirli per il loro silenzio su chi armò le loro mani. Quest’anno Ciavardini è stato ulteriormente condannato a 3 anni e 4 mesi per falsa testimonianza aggravata perché commessa nell’ambito delle indagini sulla strage di Bologna: a 44 anni di distanza, continua a rifiutarsi di rivelare chi lo aiutò durante la latitanza e in particolare chi lo ospitò a Treviso e chi lo curò dopo l’attentato in cui fu ucciso l’agente Evangelista. Proprio nel momento in cui la commissione antimafia deve far luce su presenze inquietanti di personaggi coinvolti a vario titolo con l’eversione fascista e nelle stragi del ’92 – ’93, il Governo nomina presidente della commissione stessa l’On. Chiara Colosimo. La foto che la ritrae in posa non proprio istituzionale con il terrorista stragista Ciavardini, diffusa e discussa ampiamente su giornali e televisioni, ci induce a ritenere quella nomina politicamente inopportuna al massimo livello; ma, per questi manovali del terrore, gli anni comminati dalle Corti di giustizia non sono un problema: basti pensare ai nove e otto ergastoli meritati da Mambro e Fioravanti, che nella pratica si sono trasformati in due mesi scontati per ogni morte causata. E questo senza pentirsi, senza dissociarsi, senza mai minimamente collaborare con la giustizia. È bastato non parlare. Evidentemente, il loro silenzio vale oro, ancora oggi. In questo contesto non può inoltre passare sotto silenzio il recente attacco alla Magistratura italiana attraverso un rinnovato progetto che fu della loggia massonica P2 di separazione delle carriere tra magistrati requirenti e giudicanti. Una magistratura autonoma e indipendente secondo l’attuale quadro costituzionale è invece una garanzia per tutti i cittadini e riteniamo dia forza anche alla ricerca della verità. Respingiamo dunque i progetti di normalizzazione che nascondono sotto la parola ‘riforma’ una pericolosa aspirazione politica di burocratizzazione della giustizia e di controllo dell’esercizio dell’azione penale da parte del Potere esecutivo. L’equilibrio fra i poteri dello Stato è garanzia in primo luogo per i cittadini e da questo luogo noi vigileremo sempre sul rispetto dei valori democratici e antifascisti. La strage di Bologna è stata la ferita più profonda per numero di morti e per ferocia della storia italiana. Nessun Paese in Europa ha visto una strage provocata dal terrorismo interno di questa portata. Le radici di quell’attentato, come stanno confermando anche le ultime due sentenze d’appello nei processi verso Gilberto Cavallini e Paolo Bellini, affondano nella storia del postfascismo italiano, in quelle organizzazioni nate dal Movimento Sociale Italiano negli anni cinquanta: Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale oggi figurano a pieno titolo nella destra italiana di Governo. Per questa parte politica, lo stragismo e in particolare la strage di Bologna, rappresentano una macchia da togliere a tutti i costi dalla loro storia, da negare oltre ogni evidenza. Lo sapeva bene Stefano Delle Chiaie, che per questo aveva ideato e perseguito il progetto “Centro neutro”: una vera e propria strategia di guerra psicologica, con l’obiettivo di creare un fronte parlamentare di opinione pubblica (attraverso i media) e giudiziario (attraverso alcuni avvocati) per cancellare la colpa della Destra nelle stragi. La strategia della tensione, dalla strage di Piazza Fontana a quella della stazione di Bologna, doveva essere attribuita esclusivamente ad apparati dello Stato più o meno deviati e doveva apparire in realtà come un complotto ordito contro la destra neofascista. Il Centro Neutro doveva convincere politici, giornalisti e formatori di opinione non legati alla destra, sull’innocenza del neofascismo eversivo rispetto alle stragi. Non stupisce, quindi, che ciclicamente vengano somministrate all’opinione pubblica le più strampalate panzane: dopo la pista teutonica, quella internazionale, quella libica e quella palestinese – ormai riscontrate come palesemente insostenibili – è stata la volta, nel novembre scorso, della proposizione di una estemporanea pista israeliana, in una sorta di grottesca “par condicio” magari per approfittare opportunisticamente dei drammatici conflitti in corso a livello internazionale. Falliti miseramente i depistaggi processuali, i trabocchetti procedurali, insistono con i depistaggi mediatici, ma risulta sempre più chiara a tutti che i negazionisti della matrice fascista della strage di Bologna si distinguono in due sole categorie: i prezzolati cialtroni e coloro che sono completamente, colpevolmente ignoranti. Sono ormai quindici le sentenze passate in giudicato e le ulteriori risultanze processuali vanno tutte nella medesima direzione: la responsabilità dei Servizi Segreti, della Loggia Massonica P2, dei terroristi fascisti per il massacro del 2 agosto 1980. Questa verità fa ancora paura ai nostri attuali governanti, e allora si mette in campo la strategia più disperata, ma anche la più subdola e viscida: quella del silenzio. L’attuale presidente del consiglio, On. Giorgia Meloni, in occasione del 43°anniversario parlò di terrorismo, di vigliaccheria e di ferocia, ma si guardò bene dal nominare la matrice fascista. Sui processi ancora in corso per la strage di Bologna si tace: stampa e mass media sono silenti o trattano sbrigativamente la questione come un fatto locale. Così come nel nostro Paese non si deve parlare della Resistenza, dell’antifascismo, dello stragismo fascista, di quello che è accaduto in questa piazza, in questa stazione, in questa città, 44 anni fa. Questa si chiama censura. E allora qui, oggi, contro la strategia della censura vogliamo leggere un breve estratto dal monologo che lo scrittore Antonio Scurati avrebbe dovuto pronunciare alla Rai in occasione del 25 Aprile scorso, ma gli è stato impedito: “il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell’ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neofascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via”. E noi vogliamo dire una cosa forte e chiara: il tentativo di riscrivere la storia repubblicana cancellando le responsabilità del mondo neofascista nello stragismo non passerà, troverà la nostra ferma opposizione. Milan Kundera ha scritto: “la lotta dell’uomo contro il potere è la lotta della memoria contro l’oblio”. Eppure sembra quasi un disturbo, un’anomalia che le vittime e i loro familiari si organizzino e ricerchino la verità con i mezzi a loro disposizione! Occorrerebbe spiegare alle cittadine e ai cittadini e ai familiari delle vittime, perché nell’ambito del cosiddetto giusto processo, art. 111 della Costituzione, vengono, giustamente, tutelati i diritti del presunto innocente e non vengono trattati i diritti delle vittime. Sappiano gli indifferenti o i neo garantisti cui piace ignorare la tutela delle vittime che noi saremo sempre qui a difendere le ragioni di chi ha subito gli effetti di reati di enorme gravità. 43 anni fa noi parenti delle vittime del 2 agosto ’80 ci siamo costituiti in associazione per ottenere giustizia e verità. Il nostro cammino continua e la nostra battaglia è ancora in corso, ma tutto questo non avrebbe senso se non avesse uno sguardo orientato verso il futuro, verso le giovani generazioni a cui trasmettere la conoscenza e la memoria sui fatti della nostra storia, della storia del nostro Paese. Per questo proseguono le attività con le scuole, con il coordinamento prezioso della storica Cinzia Venturoli. Come spieghiamo sempre ai ragazzi, ribadire le responsabilità penali, civili e morali di chi attuò e volle la strage del 2 agosto ’80 non equivale a evocare intenti persecutori o ingiustificabili quanto inutili volontà di vendetta, bensì significa restituire una dignità autentica a tutti; ai morti, in primo luogo, ma anche agli stessi autori di quelle azioni, che solo nella verità potrebbero davvero ”liberarsi” e, non da ultimo, all’intera popolazione italiana che di quegli atti violenti è stata comunque, a sua volta, vittima indiretta e che ancora, in parte, ne paga lo scotto. A quella grande parte di popolazione che ogni anno si ritrova al nostro fianco, in carne e ossa o con il cuore, che da 44 anni non ci fa sentire soli, ci sostiene, e non ha mai permesso che il dolore fosse più forte della gratitudine, vogliamo dire ancora una volta. Grazie!
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