MARISA CICIARI RODANO
da /www.strisciarossa.it
Addio a Marisa Rodano,
protagonista di una democrazia esigente
e dalla parte delle donne
4 Dicembre 2023
di Livia Turco
Cara Marisa,
in questo tempo duro e disumano, attraversato da atroci conflitti, il pensiero della tua persona, del tuo sorriso, della tua storia era ed è motivo di sollievo. Per questo ci addolora profondamente la tua scomparsa. Ci fa sentire più sole. Ma così intenso è il ricordo della tua persona, della tua voce lieve ma ferma, del tuo sorriso dolce ed elegante, del tuo rigore nelle argomentazioni che tu resti e resterai sempre con noi, in chi ha avuto il privilegio di conoscerti e di lavorare con te.
Noi, la nostra generazione, quella che tu, Nilde, Giglia, Adriana chiamavate “le giovani compagne” ha il dovere di trasmettere alle più giovani, a quelle che non ti hanno conosciuta, la bellezza della tua, della vostra, vita. A partire dal tuo impegno per la Pace nel mondo. Tu che hai vissuto la guerra, sei stata protagonista della lotta partigiana ed antifascista, hai sempre tenacemente perseguito e lottato per l’ideale della Pace, perché la Pace fosse possibile. Lo facesti nella campagna promossa dall’Udi nel 1947 quando venne lanciata la petizione popolare, per il disarmo, per l’interdizione della bomba atomica, contro l’Italia nella Nato, contro il riarmo tedesco. La petizione era rivolta alle Nazioni Unite, raccoglieste 3 milioni di firme ed otteneste il riconoscimento di Benjamin Cohen, segretario aggiunto delle Nazioni Unite.
Nel tuo ruolo di Parlamentare Europea e di Vicepresidente della Commissione Europea per i diritti delle donne ti sei impegnata, in modo tenace ed appassionato, con e per le donne dei paesi dell’Africa. Indimenticabile il tuo impegno per il popolo del Saharawi, che proseguì dopo il tuo ruolo parlamentare, lavorando con i Comuni e le associazioni. Hai portato la tua voce e quella delle donne italiane ed europee alla Conferenza mondiale delle donne a Nairobi, a quella importantissima di Pechino.
Hai sempre sollecitato l’importanza dell’Unione Europea e delle Istituzioni Europee, affinché avessero voce in capitolo e fossero rappresentanti del popolo europeo. Un’Europa capace di una politica multipolare e di cooperazione tra i popoli a livello globale. Sei sempre stata presente nelle mobilitazioni per la pace, contro i missili a Comiso. Quando, dopo lo scioglimento dei Democratici di Sinistra e la nascita del PD, lasciasti la politica dei partiti, dedicandoti con gande impegno nell’associazionismo femminile, il tuo sguardo è sempre stato rivolto alle donne nel mondo, per affermare ovunque i diritti umani fondamentali e costruire dunque la pace.
Ci hai sempre sollecitate ad essere protagoniste di azioni concrete e di mobilitazioni collettive perché il nostro diventasse un tempo ed un mondo di Pace. Speriamo che a noi resti, cara Marisa, la lucidità, la forza, la speranza, le idee per essere costruttrici di Pace.
Marisa Rodano è nata il 21 gennaio del 1921. Aveva 102 anni. In quello stesso anno e giorno a Livorno nasceva il Partito Comunista Italiano. Nel suo bel libro autobiografico “Del mutare dei tempi” (Harpo editore) scrive: “A quell’avvenimento i miei genitori devono aver dedicato scarsa o nessuna attenzione. In quel momento i miei genitori neppure potevano immaginarlo ma, l’esistenza del Partito Comunista Italiano, da me conosciuto solo verso i 18 anni, era destinato ad avere una influenza determinante sulla mia vita. Anche la coincidenza tra la mia data di nascita e quella della fondazione del PCI ha finito, sia pure marginalmente, per avere conseguenze personali: frequenti spostamenti da una data all’altra di torte, candeline e festeggiamenti di compleanno perché essendo iscritta al Partito Comunista quel giorno ero quasi sempre impegnata in giro per l’Italia in qualche piazza o in qualche sezione”.
È lunga la storia di Marisa Rodano, ricca di eventi e di battaglie, per essere stata una protagonista esemplare della lotta delle donne, del PCI e della democrazia italiana. Nella sua vita ha mantenuto sempre al primo posto il suo essere donna. Ha saputo vivere pienamente se stessa mettendo in gioco i suoi talenti professionali, la sua passione politica, l’intenso e profondo amore per il compagno della sua vita, Franco Rodano, la crescita dei 5 figli: Giaime, Giorgio, Paola, Andrea, Giulia. L’intensa amicizia con le donne, alcune in particolare, come Nilde Iotti e Giglia Tedesco con cui condivideva la vita politica. Colpisce nella lettura della sua autobiografia la mescolanza tra racconto di grandi eventi politici nazionali, i suoi impegni nelle istituzioni o nelle borgate di Roma i suoi giri in Italia, con le incombenze quotidiane, legate alla gravidanza, alla crescita dei figli, all’ascolto dei problemi delle amiche e della e delle compagne. “Per le donne, privato e pubblico restano inestricabilmente intrecciati.”
Cara Marisa, ora provo a dipanare la tua intensa vita, aiutata proprio dai tuoi scritti oltre che dai ricordi di quella che quando ti incontrò era una giovane compagna impegnata a Torino nella FGCI poi nel lavoro con le donne. Marisa Cinciari Rodano era nata in una famiglia “nella quale non mancava nulla, raro privilegio in tempi in cui l’Italia era povera ed arretrata, il fascismo comprimeva i redditi e le retribuzioni ed era figlia unica, curata e accudita e sicuramente molto coccolata da tutti”. Marisa frequenta il liceo classico Visconti e poi la facoltà di lettere all’università di Roma. Conosce Franco Rodano con cui nasce un amore che è anche un intenso e profondo scambio intellettuale e culturale. Partecipa alla lotta antifascista, viene arrestata nel 1943 per l’attività contro il fascismo e portata nel carcere delle Mantellate. Il suo impegno antifascista, la sua lotta di Resistenza avviene nelle file del Movimento dei Cattolici Comunisti, nei Gruppi di Difesa delle donne a Roma.
Marisa Rodano interpretò fin dall’inizio del suo impegno, in modo creativo e magistrale, un’affermazione che Togliatti aveva pronunciato durante la prima Conferenza nazionale delle donne comuniste nel 1945:” la democrazia ha bisogno delle donne e le donne hanno bisogno della democrazia”. Fu al contempo costruttrice ed emblema del Partito Nuovo che nasceva dalla lotta di Resistenza. Tenne fede fin dall’inizio e per tutti gli anni della sua vita all’idea che l’emancipazione e la liberazione delle donne fosse una leva potentissima della trasformazione sociale e della costruzione della democrazia. Dunque praticò con molta nettezza e linearità il principio dell‘autonomia e dell’unità delle donne. Lo ha fatto quando nel 1944 ha avviato la sede dell’Udi a Roma e ha cercato il rapporto non solo con le donne cattoliche ma anche con le donne della Democrazia Cristiana.
Lo ha fatto nel suo veemente intervento nel corso dell’Ottavo Congresso del PCI nel 1956, quando affermò la necessità che fosse riconosciuta una grande organizzazione specifica delle donne, autonoma dai partiti, avente una sua originale piattaforma politica, capace di raccogliere la maggioranza delle donne italiane. Il carattere di autonomia dell’Udi, dice Marisa Rodano, non è stato sufficientemente difeso dai comunisti e sollecita con vigore un impegno in questa direzione. Marisa si iscrive al PCI nel 1946.Viene candidata alle elezioni amministrative a Roma. Dal 1963 al ’68 ricopre, prima donna nella storia, l’incarico di Vicepresidente della Camera. Una sorpresa per Marisa, come scrive nella sua autobiografia, una scelta voluta forse da Pietro Ingrao che era capogruppo del PCI. Scelta che non fu apprezzata nella sua novità dei media, se non nel racconto di come, le parlamentari, poche, erano vestite.
Si imposero subito grandi eventi come la morte di Giovanni XIII e poi, a novembre, la notizia dell’uccisione di John Kennedy a Dallas. Il tentativo di formare un governo di centrosinistra, il suo fallimento, la nascita del governo Leone che si dimette da Presidente della Camera e viene sostituito da Brunetto Bucciarelli Ducci di Arezzo che Marisa definisce persona gentile e corretta. Marisa si appassiona a questa esperienza che considera molto formativa, impegnando la sua capacità, la disponibilità all’apprendimento e costruendo ovunque, in Italia e non solo a Roma, un forte legame con il popolo, in particolare con le donne. Seguiva da vicino le lotte studentesche, operaie, per la pace in Vietnam, per la libertà della Grecia, che intanto si erano accese nel nostro paese inaugurando una nuova stagione di mobilitazione sociale. Per questo fu molto dispiaciuta quanto allo scadere della legislatura i dirigenti del partito le comunicarono che il suo prossimo mandato lo avrebbe esercitato al Senato candidata nel collegio Civitavecchia Civita Castellana in cui sarebbe stata eletta.
Marisa ovviamente tace il suo disappunto ma rifiuta gli incarichi che le vengono offerti. Si dedica alla riforma della scuola e dell’università nella Commissione cultura. Dal 1972 al 1978 è consigliere provinciale a Roma e dal 1979 al 1989 è parlamentare europea. Un ruolo che svolge con molta autorevolezza e che sarà importante per tutte le donne italiane. Diventa vicepresidente della commissione europea per i diritti delle donne e presidente e relatrice generale della commissione d’inchiesta del Parlamento europeo sulla situazione delle donne italiane. I suoi impegni istituzionali si sono sempre intrecciati con l’impegno nelle associazioni, a partire dalle donne, e, con il popolo, attraverso la militanza nel suo partito e in dialogo con le altre associazioni, partiti e sindacati. Le grandi battaglie per il lavoro, i servizi sociali, la scuola, la legge sul divorzio, per un nuovo diritto di famiglia, per la prevenzione dell’aborto l’hanno vista in prima linea.
Noi, le giovani compagne, abbiamo avuto la fortuna di averla accanto nelle nostre battaglie: la stesura della Carta delle donne nel 1986, l’elaborazione della legge “le donne cambiano i tempi”. Marisa era una presenza autorevole e discreta. Interveniva poche volte e sempre per marcare un diverso punto di vista rispetto alla discussione prevalente che ci faceva riflettere e anche ripensare ciò che stavamo maturando. Prendeva appunti fitti e così quando le nostre discussioni diventavano accese e rischiavano di disperdersi lei ci faceva la sintesi di quanto avevamo discusso e ci aiutava ad incanalare il nostro confronto su binari più produttivi. Seguiva i nostri pensieri nuovi ma non rinunciava mai a porre le sue riflessioni anche se correvano il rischio di apparire controcorrente, come quando promuovemmo l’importante riflessione dopo la tragedia di Chernobyl “scienza, potere, coscienza del “limite” individuando nella ”coscienza del limite” una nuova categoria politica della sinistra. Marisa condivise ma volle farci riflettere sul rischio di non cadere in una forma di rifiuto o di diffidenza rispetto al valore della ricerca scientifica.
Se devo definire la postura del pensiero di Marisa Rodano come dirigente delle donne, come dirigente del PCI, la individuo nel suo essere protagonista di una “democrazia esigente” che ha la sua radice nel rapporto costante tra società e istituzioni, il suo impegno a portare nelle istituzioni tutti i problemi della società, per incidere e dare slancio al processo innovatore. E che guarda in modo rigoroso alla capacità delle istituzioni di dare risposte adeguate alle persone. E dunque, come riformare le istituzioni medesime. Una democrazia sessuata, in cui non solo le donne devono esserci ma devono vivere la loro differenza.
Una peculiarità del suo pensiero è stato proprio il rapporto tra le donne e le istituzioni. Non condivise l’impostazione di molti gruppi femministi che vedevano le istituzioni come lontane e praticavano il separatismo. Al contrario lei sosteneva che fin dall’inizio della Repubblica, fin dalle battaglie degli anni ’50 e ’60, proprio la mobilitazione delle donne per i loro diritti aveva sollecitato le istituzioni ad aprirsi, ad innovarsi, a costruire leggi positive. Ricordo un suo saggio sulla rivista “Donne e politica “del 1977, in cui riflette appunto su questo tema: “Tra l’altro – scrive – sarebbe sciocco oltreché antistorico sottovalutare o misconoscere il valore di quella molteplice attività di pressione sul Parlamento svolta dalle donne negli anni ‘50 e ’60, il significato che assumeva il mettere la propria firma sotto una petizione, spedire una cartolina al Parlamento o farsi presentatrici di una legge per le migliaia di casalinghe di contadine, di letterate, cresciute sotto il regime fascista e da sempre abituate a non vedere al di là del proprio orizzonte familiare, aduse a considerare la propria condizione, i propri problemi, come un portato del destino, dell’essere, cioè, nate donne”. Oppure, riflettendo sulla mobilitazione delle donne delle borgate romane per rivendicare condizioni di vita più dignitose, capeggiate dall’onorevole Angelina, resa indimenticabile dall’interpretazione di Anna Magnani, che si faceva, appunto, portatrice delle istanze delle donne delle borgate nelle istituzioni, a partire dal Comune. “Quelle lotte delle donne per incidere nelle istituzioni erano perciò, al tempo stesso, per quelle donne, anche lotta per la propria dignità e libertà e, nella stessa partecipazione alla lotta, esse venivano ritrovando un’identità nuova, che ne faceva non più soltanto delle oppresse ma delle creature consapevoli dell’oppressione, e, che all’oppressione si erano ribellate”.
Marisa è stata una innovatrice e nella politica del PCI, si è sempre schierata sulle posizioni più innovative, fu convinta sostenitrice della svolta di Occhetto alla Bolognina ma non ha mai rinunciato a pensare a una società ispirata ai valori della sinistra. Credo che negli ultimi anni abbia sofferto nel non vedere questi valori affermati con sufficiente nettezza e radicalità.
Cara Marisa, la tua forza e il tuo esempio sono un dono prezioso in questo tempo amaro, perché ci sollecitano all’umanità, alla generosità, al rigore, alla lotta. Ci sollecita a pensare una società e un mondo nuovo; una società e un mondo che abbiano “cura della vita”. Il tuo esempio testimonia la bellezza della politica e il senso profondo della dignità femminile.
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da articolo21
In ricordo di Marisa
di Pasqualina Napolitano
3 Dicembre 2023
In tutto il percorso della mia vita politica lei c’è stata. Insieme a tante altre donne della sua generazione si è presa cura delle più giovani che si accostavano alla politica.
La ricordo il primo giorno del mio arrivo a Bruxelles nel 1989, accompagnare me e altre compagne neoelette, negli uffici e nelle sale del Parlamento Europeo per mostrarci i luoghi e le prime erudizioni sul complesso funzionamento di quella Istituzione. Non si trattava soltanto di generosità. Il suo assillo principale era quello di dare a noi gli strumenti per continuare quel lavoro che aveva portato a conquiste importanti per le donne europee.
Fin dal 1957 il Trattato della Comunità Europea prevedeva soltanto il principio della parità di trattamento economico tra uomini e donne come base su cui legiferare. Quella fu l’esile base giuridica su cui un gruppo di donne ben determinate costruì un’intera politica e ciò grazie al lavoro comune che superava l’appartenenza ai singoli Gruppi Parlamentari.
Marisa voleva che quel lavoro non si interrompesse con la fine della legislatura, un passaggio di testimone che ha portato, anche grazie a quella continuità di lavoro femminile, alla Carta dei Diritti fondamentali nei Trattati attuali.
Nella sua lunga vita politica ha lasciato il segno: dalla “sua” resistenza “senza armi”, al voto alle donne, ad ogni conquista legislativa e sociale che le donne che siano riuscite a ottenere.
Lei ci ha dimostrato che il punto di vista “di genere” -cui non ha mai rinunciato- non ha sminuito la sua autorevolezza rispetto alla politica maschile; al contrario, ha contribuito a dare senso e spessore alla politica tout- court.
Anche per questo è stata in grado di capire il movimento femminista fino ad esserne parte.
Marisa, dal dopo-guerra, ha avuto quasi ininterrottamente incarichi istituzionali: dal Comune di Roma, alla Camera dei Deputati dove è stata la prima Vice- Presidente, al Senato, alla Provincia di Roma, al Parlamento Europeo; lei è riuscita a svolgerli collegando sempre il lavoro nelle istituzioni con i movimenti anche quando, negli anni ’70 alcuni di essi, avevano un sé una carica anti- istituzionale fortissima, a cominciare dallo stesso movimento femminista .
A questo proposito, voglio concludere con un ricordo che dice tutto di lei e che porterò per sempre con me.
Era il 2001, si stavano per preparare le manifestazioni di contestazione al G8, il movimento delle donne aveva organizzato un seminario a Genova cui avevo deciso di partecipare. Raggiunsi il Palazzo San Giorgio, convinta di trovare, tra le altre, le parlamentari della sinistra elette nelle elezioni politiche che si erano appena svolte. Mi aggiravo tra le sale senza identificarne alcuna; ad un certo punto vidi Marisa seduta per terra con in mano un taccuino ed una penna con cui prendere appunti.
Ad 80 anni, dopo una storia politica così importante, manteneva la curiosità e la voglia di capire di una ragazzina che si affaccia al mondo.
Questa immagine spiega l’immensa stima e l’affetto che, insieme a tante altre, ho per lei.
Ciao Marisa.
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