5 aprile 2020: DOMENICA DELLE PALME
Is 52,13-53,12; Eb 12,1b-3; Gv 11,55-12,11
Zc 9,9-10; Col 1,15-20; Gv 12,12-16
Duplice volto della Domenica che precede la Settimana santa
La Domenica che dà inizio alla Settimana Santa presenta un duplice volto: è detta Domenica di Passione (nel rito romano) o Domenica delle Palme (rito ambrosiano). In entrambi i casi, è evidente dai brani liturgici il riferimento alla Passione di Cristo, che culminerà non in una sconfitta sulla croce, ma in una glorificazione della morte di Cristo, interpretata dagli evangelisti, in particolare da Giovanni, come l’effusione dello Spirito santo. “Emise lo spirito”, ovvero ci ha donato lo Spirito divino.
Anche se la devozione popolare, favorita dalla liturgia ambrosiana, si è limitata a celebrare un aspetto secondario di questa domenica, detta delle Palme, ovvero la benedizione dell’ulivo, come se tutto si riducesse a un ramoscello da portare a casa come scaramanzia contro eventuali malanni, basterebbe leggere attentamente e simbolicamente o misticamente l’episodio dell’entrata di Gesù in Gerusalemme per cogliere già alcuni elementi essenziali della Settimana santa, al di là di un particolare che nel contesto del brano può dire poco o nulla, come quello dei rami di palme, anche se la palma ha diversi e interessanti significati. La sacralità della palma risale a prima dell’avvento del Cristianesimo. Nella mitologia greca la palma è una pianta solare, in quanto essa è sacra ad Apollo. Dagli antichi sacerdoti la palma era adorata come manifestazione del divino, in quanto la sua forma richiama i raggi del sole. La dea della vittoria, Nike, è raffigurata con una palma e una corona di alloro, così come la vediamo incisa sulle medaglie olimpiche. Nella tradizione greco-romana, i gladiatori venivano premiati con un ramo di palma e di alloro. Per la sua capacità di slanciarsi verso il cielo, la palma era considerata un elemento di collegamento tra il terreno e il divino. Nella tradizione cristiana la palma è simbolo del martirio.
Settimana Santa
A proposito della Settimana santa, bisognerebbe dire una cosa importante. Anticamente, era chiamata Settimana “autentica”, quasi a voler dire che è la «vera» settimana dell’anno liturgico, la settimana eminente fra tutte le altre, proprio perché in essa il credente è chiamato a ripercorrere il mistero pasquale di Cristo che per la nostra salvezza soffre, muore e risorge. In altre parole, diciamo che per un credente essa è il modello di ogni settimana dell’anno. Per cui la settimana, come tutti pensano invece, non inizia dal lunedì, ma dal “dies domini”, il giorno del Signore, del Cristo Risorto. Vorrei ricordare che i nomi dei giorni furono assegnati dai Babilonesi ed ereditati dai Romani. Hanno origine dai nomi del Sole e dei pianeti perché gli astrologi dell’epoca pensavano che i corpi celesti “governassero” a turno la prima ora di ogni giorno. Così il lunedì era il giorno della Luna, martedì di Marte, mercoledì di Mercurio, giovedì di Giove, venerdì di Venere . Sabato era in origine il giorno di Saturno. Però, con il diffondersi in Occidente del Cristianesimo, il termine ebraico “shabbat”, ovvero “giorno di riposo”, sostituì in molte lingue il nome pagano. Analogamente il nome domenica (in latino dominica, ovvero giorno del Signore) fu introdotto da Costantino, convertito al cristianesimo, in sostituzione del più antico “Solis dies”, giorno del Sole.
Dunque, ogni settimana si apre con il giorno del Cristo risorto e si chiude con il giorno del Cristo risorto, e questo indipendentemente se uno è credente o non credente.
Come vivere la Settimana santa
Ci viene ora spontanea una domanda che torna ogni anno: come vivere la Settimana Santa? Vorrei riprendere due verbi che si trovano nel secondo brano della Messa, che fa parte del capitolo 12 della Lettera agli ebrei, quando l’autore anonimo scrive: “… tenendo fisso lo sguardo su Gesù…” e poi “… Pensate attentamente…”.
Il primo invito, che rivolgo anzitutto a me stesso, consiste nel fissare lo sguardo sui Misteri divini. Già dire “Misteri divini” richiede uno sguardo speciale, occhi interiori, occhi dello spirito. Ecco dove sta la fede, che è essenzialmente mistica.
Sappiamo che, sia nel rito ambrosiano che nel rito romano, il Triduo pasquale comporta tutta una serie di riti o di cerimonie, anche affascinanti, che celebrano con canti e letture la Passione di Cristo in vista della sua Risurrezione. Sembra che la Liturgia inviti i credenti a non voltar via la faccia dagli eventi che si celebrano, come se presentare il volto di un Cristo sfigurato o addolorato desse fastidio al nostro perbenismo.
Ma forse è sbagliato insistere troppo sull’aspetto fisico del Cristo sofferente. Non è così che si dimostra l’amore del Figlio di Dio per l’umanità. Ci sono stati, ci sono e ci saranno sempre esseri umani che hanno sofferto, soffrono e soffriranno ancor più del Figlio di Dio.
Lo sguardo, quello della fede, degli occhi interiori, va tenuto fisso, andando oltre l’aspetto fisico del Cristo che va verso il Calvario: ci va con tutta la passione mistica che è in Lui.
I pittori sbagliano nel rappresentarlo tutto grondante sangue, senza dare nemmeno l’idea di quella luce che emanava dall’intimo del suo essere divino.
Non è sulla carne martoriata del Cristo sofferente che dobbiamo posare gli occhi della nostra fede: ecco perché i riti e le cerimonie della Settimana santa dovrebbero aiutare la fede, quella interiore, quella mistica, a rivivere la Passione di Cristo. Talora si ha l’impressione che questi riti siano troppo carichi di esteriorità, che possono anche suscitare qualche emozione, che, appena fuori chiesa, passa veloce come un soffio di vento.
Il secondo invito è quello di “pensare attentamente”. Talora si entra in chiesa con tutti i nostri problemi, così pesanti da averci tolto perfino la capacità o la voglia di riflettere. Il discorso diventerebbe lungo, ma almeno una cosa va detta: l’uomo d’oggi ha bisogno di purificare il proprio pensiero, ovvero liberarlo da tutto un mondo di preoccupazioni talora eccessive e inutili.
Quel Cristo nudo sulla croce dovrebbe pur insegnarci qualcosa! Nudo muore, e mentre muore nella nudità dona lo Spirito.
Le donne e la Passione
Basta per ora un accenno. La presenza delle donne durante la Passione dovrebbe farci riflettere. Gli evangelisti insistono nel sottolineare che le donne guardano, osservano stanno in silenzio come sotto la croce. La Donna! È colei che ha gli occhi della fede mistica, colei che vede al di là della carnalità, colei che vede già il Cristo risorto.
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