Questo è un vescovo con le palle!

Nella chiesa del Santissimo Crocifisso di Siculiana (Agrigento) era già tutto pronto per i funerali di Giuseppe Lo Mascolo, ultrasettantenne deceduto due giorni prima a causa di un ictus. Il parroco don Leopoldo Argento però ha dovuto fermare la funzione: niente esequie per Lo Mascolo, ma soltanto una preghiera e la benedizione della salma. Il motivo? Lo Mascolo era considerato il nuovo boss mafioso di Siculiana, e l’ordine della Curia è stato netto: nessun funerale in chiesa per boss e presunti tali. Arrestato solo pochi giorni prima di morire nell’operazione della polizia “Nuova Cupola”, per gli inquirenti Lo Mascolo era infatti uno dei personaggi più importanti della cosca, secondo soltanto ad Antonino Gagliano, il presunto capo mandamento della zona. In passato il piccolo comune aveva guadagnato le pagine dei giornali a causa di boss mafiosi come Pasquale Cuntrera e Gerlando Caruana, diventati i principali gestori del narcotraffico su scala mondiale. Oggi invece Siculiana celebra la storica scelta di monsignor Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente della commissione episcopale della Cei, che vietando le esequie religiose per un boss mafioso crea di fatto un importante precedente. Per la verità non è la prima volta che il presule della città dei templi prende posizione contro Cosa Nostra. Ecco il testo integrale dell’omelia dell’arcivescovo durante la Santa Messa nel Santuario di San Calogero:

“Mi piace oggi guardare con voi S. Calogero come uomo di pace e operatore di pace, come dice il Vangelo. Basta guardare ciò che porta nella mani per comprendere ciò che caratterizza la vita di questo santo uomo: la Bibbia e la cassetta delle medicine per aiutare i sofferenti. Vive la pace infatti chi è in atteggiamento di benevolenza verso il fratello. Qual è il pensiero contrario all’amore? La violenza, l’arroganza, l’odio, l’ipocrisia, la sopraffazione. Calogero è la pagina bella della nostra città. È la pagina scritta da Dio che vale la pena leggere dopo quelle riguardanti la mafia e i mafiosi che i quotidiani ci hanno offerto. È una pagina però che deve farci riflettere, perché la mafia non è solo un argomento da romanzi o da film, la mafia sono volti e storie vere che oggi si intrecciano ed influiscono sulle nostre storie e sulla storia di questo territorio, Sono coloro che, usando la prepotenza e la violenza, decidono sulla vita e sulle cose altrui, sulle scelte politiche come sulle economiche. Sono coloro che per favorire guadagni illeciti e supremazia criminale hanno tutti gli interessi ad incrementare il clientelismo, il controllo sociale, l’emarginazione e a ripudiare le forme pacifiche e oneste di vita. Sono coloro che non solo creano ma anche approfittano della povertà materiale degli altri, che provocano mancanza di posti di lavoro e povertà culturale, che reperiscono la manovalanza malavitosa, e seminano sfiducia nell’amministrazione pubblica e che sono anche causa della partenza dalla nostra terra di molti dei suoi figli, spesso i migliori. Oggi molti agrigentini, e non solo, usciranno per le strade a rendere onore a S. Calogero, vento della nostra città. Ma Lui, uomo di Dio e amico degli uomini, perciò uomo di pace, chiede a noi suoi devoti, di essere decisi a dire di no a ciò che significa potenza e prepotenza violenta. Chiede che troviamo il coraggio di ribaltare la situazione di asservimento che si tenta, da parte di criminali, di innestare in questo territorio. Chiede di dire di no non solo alla mafia che uccide e minaccia, ma anche alla cultura mafiosa, che non è meno pericolosa. La cultura, cioè, che rende normali e possibili forme di vita che invece offendono la dignità di noi uomini. Questo significa che non è sufficiente affermare che siamo cristiani, ma che è necessario vivere da cristiani, come ai suoi tempi fece Calogero, e oggi, per esempio, P. Puglisi. Credere non è sapere le preghiere e recitarle, né partecipare alla processione ma, come ha detto Giovanni Paolo II in Sicilia, caricare di speranza la nostra Sicilia e, io aggiungo, la nostra Agrigento. Egli ci ha pure raccomandato di liberare la fede da tutte le incrostazioni, le strumentalizzazioni, le appropriazioni indebite, e di ritornare alla vera immagine di Cristo. Occorre “uscire dalle sacrestie, abitare i territori, vivere da credenti e cittadini adulti e solidali, contrastare la prepotenza con la forza della denuncia, ma soprattutto con la testimonianza di una vita buona che non ha paura di andare controcorrente”. Se c’è tanto male attorno a noi non è solo perché molta gente è cattiva e pericolosa ma perché noi, i buoni, non siamo quello che dovremmo essere. Ciò vuol dire che se la mafia è radicata in questa terra è anche colpa nostra (non è la prima volta che lo dico!). La magistratura e la polizia devono fare e fanno la loro parte, ma a noi tocca fare la nostra. Se noi non cambiamo il cuore, se non ci mettiamo sulla stessa strada percorsa da Calogero, se non troviamo il coraggio di vivere il Vangelo con coerenza, vedremo la mafia radicarsi sempre più in questa nostra terra. Non possiamo non tener conto che noi siamo responsabili di quanto i nostri ragazzi e giovani si troveranno nel loro futuro. Calogero visse aiutando i più deboli, rispettando e difendendo la vita. Il grido di Giovanni Paolo II pronunciato ad Agrigento: «Mafiosi convertitevi, verrà un giorno il giudizio di Dio», ha, secondo me, una continuazione per chi non è mafioso. Vuol dire: Cristiani convertitevi, non basta dire Padre, Padre, ma è necessario fare la sua volontà. Dire basta alla mafia e al malaffare, alla disonestà e all’ingiustizia. Basta essere cristiani insipidi, imbottiti di un buonismo che non cambia le cose e tanto meno i cuori. Liberiamoci da quegli atteggiamenti omertosi che fanno crescere la logica dei privilegi, delle amicizie che favoriscono i favori, le raccomandazioni, il non rispetto della norme. Abbattiamo e scardiamo questa mentalità che ormai impregna le nostre vie, i nostri palazzi, i nostri uffici, i nostri rapporti. Diventiamo finalmente cristiani che hanno a cuore la cultura del rispetto, della legalità, della giustizia sociale, della correttezza morale, a tutti i livelli dalla scuola alla politica, dalle famiglie alla sanità. Ci facciano pensare le parole di uno scrittore che, riferendosi alla Sicilia, si chiede: come mai “in una terra segnata da una tradizione cristiana abbia potuto mettere radici la mentalità mafiosa?”. L’unico modo per imbavagliare la mafia è fare sul serio, amare e cercare la verità e il bene, rifiutare la mediocrità, i compromessi e il conformismo, e osare per gli ideali nobili, per l’onestà e la legalità. È rendere possibili le parole di Giovanni Paolo II che chiese ai siciliani di uscire dal guscio dalla condizione che ci tiene bloccati, di acquistare la piena misura dell’essere uomini e donne. Di reagire alla tentazione di chiudersi nella logica del proprio tornaconto personale. Di mettersi in un cammino di ricerca e di liberazione, di lotta all’egoismo e aprirsi ai fratelli… Se riusciamo ad alzarci, – ci disse ancora – saremo capaci di sollevare il mondo. La società deve essere guarita, rinnovata attraverso noi, purché ognuno faccia la sua parte. Il Signore per intercessione di S. Calogero ci liberi da ogni forma di violenza e ci aiuti a costruire una Agrigento e una società più umana e fraterna”.

La mafia non è solo una organizzazione criminale che opera nel Sud d’Italia, ma esiste anche al Nord, vicino a noi, nella nostra bella Brianza. La mafia usa metodi diversi: uccide con la violenza o con i guanti, violando ogni diritto oppure osservando le formalità delle leggi. Quando si dà del mafioso ad un individuo (eviterei di dire “persona”), sotto accusa è il suo modo di agire, che ricorre ad ogni sotterfugio, lecito o non lecito, pur di raggiungere un determinato scopo. Mons. Montenegro condanna giustamente chi incrementa il clientelismo, il controllo sociale, l’emarginazione e ripudia le forme pacifiche e oneste di vita. Parla di “cultura mafiosa”. Una cultura che ha preso casa in ogni ambiente pubblico e privato, civile ed ecclesiastico. La mafia è presente anche nella Chiesa, nel Vaticano, nelle curie diocesane, nelle amministrazioni comunali, provinciali e regionali. La mafia la trovi ramificata nei Movimenti ecclesiali. Perché la Chiesa tace su Formigoni?, si è chiesto Eugenio Scalfari. Perché il cardinale Scola tace? 
don Giorgio
 
 

10 Commenti

  1. Egidio ha detto:

    La mafia è veramente diffusa.
    Al nord è presente nelle amministrazioni pubbliche e, recentemente, ha vinto le elezioni al Comune di Milano.
    Tra i preti è molto diffusa: recentemente 550 clerico mafiosi hanno inviato al cardinale Scola un messaggio di stile mafioso.
    Gli hanno detto: o fai quello che diciamo noi, oppure salti!
    Ecco perchè il cardinale tace: ha paura della mafia clericale.
    Se avesse le palle farebbe piazza pulita dei preti mafiosi che scaldano le sedie negli uffici della curia.

    Egidio

  2. ada ha detto:

    E’ vero che il catechismo dice che il giudizio dell’anima avviene subito dopo la morte,
    ma io sapevo che sarebbe avvenuto da parte di Dio,
    non da parte dei vescovi della Chiesa!

  3. Elvis ha detto:

    Però ragazzi, con il “benaltrismo” rischiamo di gettare il bambino con l’acqua sporca.
    Se cominciamo ad attendere l’ultimo grado di giudizio, quando è palese l’organicità con la Mafia di alcuni personaggi, cosa peraltro risaputa, non finiamo più, anzi, deleghiamo alla giustizia terrena qualcosa che attiene ad un ambito di giustizia molto diversa.
    Qui non stiamo discutendo sulla pena, sulla condanna. Vi è una organicità oggettiva, ed il vescovo ha (coraggiosamente) agito di conseguenza.
    Che le esequie gliele celebri qualche prete (ce ne sono, ahimè) di quelli collusi, ma che lo faccia in catacomba.
    Sennò ti trovi pure il Duomo addobbato a festa, il lutto cittadino e le prefiche…
    Che poi ci siano altri delinquenti in questa Italia, ci siano immorali, immoralisti, non implica che dobbiamo assolvere tutti perché tanto i veri colpevoli stanno altrove.

  4. carlo ha detto:

    Gianni ha pienamente ragione, un mafioso è mafioso quando si è concluso l’ultimo grado di giudizio.
    All’opposto daremmo il via a processi sommari e ad una caccia alle streghe che per il solo sospetto di stregoneria verranno arse vive.

  5. GRAZIANO ha detto:

    sono d’accordo con don Giorgio … la mafia piccola o grande che sia è entrata a far parte di un modo di essere società. Tutto è avvolto da questo manto di corruzione sottile quanto invisibile che modifica radicalmente la vita di tutti. Quale amministrazione pubblica è priva di intrighi, collusioni, soterfugi? Dovremmo ritrovare la capacità di creare Comunità Locali vivaci, che abbiano voglia di fare sul serio attività partecipative sulle scelte importanti sociali economiche e del territorio. Questa è Libertà, questa è partecipazione … buon cammino a tutti Graziano

  6. Giuseppe ha detto:

    L’esempio viene dal basso, è innegabile! Se aspettiamo che siano le alte sfere e i “salvatori della patria” a condurre la lotta alla corruzione e a qualsiasi forma di malavita, l’attesa resterà una pia illusione. Certo, a parole, sulla carta e nelle intenzioni puramente formali sembrerebbe che per i delinquenti non ci sia scampo, ma poi vediamo che sempre più spesso, parlando sotto metafora, “guardie e ladri” si confondono fino a sovrapporsi e chi dovrebbe prendere provvedimenti in difesa della società è proprio colui che delinque per primo. La chiesa, come sempre, si allinea grazie al patto scellerato di distogliere lo sguardo o addirittura fare da palo.

  7. Enzo Arosio ha detto:

    Gianni ancora una volta mostra una competenza di rango , ma , nella fattispecie , tifo per Giobatta ; poi però se mi fosse data l’occasione stringerei con forza la mano di monsignor Francesco Montenegro perchè le ‘ palle ‘ ce le ha davvero.

  8. giobatta ha detto:

    A un mafiosetto di terza categoria si negano i funerali. Invece se morisse un mafioso di quelli veri, di quelli che fanno morire e soffrire migliaia di persone del tipo un banchiere, un finanziere, un politico corrotto un monti o un napolitano qualsiasi non solo i funerali non verrebbero negati, ma simili personaggi verrebbero additati nell’omelia come esempi di umana virtude.
    Povera Chiesa…

  9. Gianni ha detto:

    Direi che la questine ha due aspetti, essenzialmente giuridici.
    Il codice di diritto canonico vieta espressamente le esequie al peccatore manifesto, cioè si deve trattare di persona di cui sia sicuro che ha commesso peccati, tanto che il codice stesso parla di pubblico scandalo.
    Non conosco la storia di Lo Mascolo, ma da quello che leggo si dice che fosse “ritenuto” essere……
    infatti il nostro ordinamento come tipico di uno stato di diritto si fonda sulla presunzione di non colpevolezza….
    quindi è giusto evitare le esequie nei confronti di coloro che il nostro ordinamento ha dichiarato mafiosi con sentenza, non sulla base di semplci sospetti.
    Altri,enti si viola il sacrosanto principio di Beccaria, in materia di stato di diritto.

  10. Fausto ha detto:

    Niente da eccepire (anzi…!) se un prete si scaglia contro la mafia e tutte le sue manifestazioni palesi o subdole.
    Negare una funzione religiosa a un “presunto” mafioso mi sembra invece una schifezza, come lo era quando si negava il funerale religioso ad un suicida.
    Chi giudica, il Dio a cui voi credete o un prete qualsiasi che crede di essere quel Dio?

Lascia un Commento

CAPTCHA
*