Questi preti “bizzarri”, fuori di ogni regola, ci vogliono…

L’EDITORIALE
di don Giorgio

Questi preti “bizzarri”, fuori di ogni regola,

ci vogliono…

Dico subito che a me piace il proibito, intendendo per proibito tutto ciò che esce da schemi o da regole fisse, tali da tarpare le ali dello spirito.
Certo, proibito dall’ortodossia, o dal politicamente corretto. Proibito per chi vive di regole, anche se poi è il primo a non osservarle, costringendo però gli altri, i sudditi, a osservarle.
Parto da quanto mi aveva detto il cardinale Carlo Maria Martini, in un incontro privato: “La Diocesi è grande, perciò ogni prete può trovare il suo posto, come un tassello di un grande mosaico: ogni tesserina è diversa, altrimenti non si deve più parlare di mosaico”.
Martini lo disse pensando a me, che faticavo a trovare il mio posto, anche perché costretto a stare in certe regole che spegnevano le mie qualità, quelle appunto di una tesserina del tutto originale.
Quando penso a certi preti – ce ne sono in ogni diocesi, preti diciamo un po’ “originali”, nel senso anche popolare di “strani, bizzarri, eccentrici”, fuori del comune – tornano le parole di Martini.
Potremmo anche dire: ciascuno di noi è “unico”.
Il guaio di una società non è che ci siano singolarità, ma che ci sia uniformità: tutti uguali, usciti dallo stesso stampo, come fotocopie, per usare una espressione di Carlo Acutis: «Tutti nasciamo come degli originali, ma molti di noi muoiono come fotocopie». Pensando al conformismo prevalente, all’ossessione per la moda, a come le persone si adattano alla società di massa e a come siamo tormentati dalla paura di essere giudicati dagli altri, ci rendiamo conto della notevole rilevanza che hanno queste parole.
Il problema è questo: è la stessa società omologata e omologante a stabilire il nostro comportamento, in conformità a quello standard che essa impone.
Ho detto “società”, ma non vorrei escludere l’organismo ecclesiastico, nelle sue parrocchie e nelle sue gerarchie. I preti ad esempio sono modulati secondo le esigenze talora assurde dei parrocchiani, i quali vogliono il loro prete così e cosà. Per non parlare dei capi ecclesiastici che impongono regole, criteri e virtù perché i preti non escano dallo schema, non solo pastorale.
Se interpreto bene le parole di Martini, in una diocesi, soprattutto se è grande, ci possono stare tutti i preti, con le loro singolari doti o stili di vita e anche di scelte pastorali.
Perché allora non ammettere anche delle eccezioni, anche eterodosse pastoralmente. Ci sono ad esempio preti che hanno la vocazione di dedicarsi radicalmente per i più poveri ed emarginati. Certo, il problema potrebbe essere risolto quando a quel prete “originale” si affidasse un campo tutto suo, nell’assistenza ai più poveri. Il problema rimane, quando quel prete ha responsabilità pastorali. I parrocchiani come reagiscono nel vedere un prete che trasforma la stessa chiesa in un rifugio profughi?
Sto parlando di casi eccezionali, non voglio allargare il discorso. Perché il vescovo non sostiene questi preti diciamo eccezionali, proteggendoli da critiche o da calunnie? Perché gli stessi parrocchiani non vengono educati alla eccezionalità del loro prete che ritiene giusto fare certe scelte radicali, e perciò discutibili e criticabili?
Un nome lo faccio: don Massimo Biancalani. In questi giorni sono intervenute le forze dell’ordine anti-sommossa (che vergogna!) per far sgomberare i locali della parrocchia di cinque o sei extracomunitari, protetti dal loro parroco. Ma il vescovo dov’era? I parrocchiani dov’erano?
Parlerò un’altra volta della scelta pastorale di fare della parrocchia una comunità di base. Qui non si tratterebbe di una eccezione, ma forse della regola.
05 luglio 2025
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