Oltre la Teologia della Liberazione. Avanti, con più Profezia!

 

Che dire? Nulla. Così va il mondo, e così va la Chiesa. Prima ti ammazzano, poi ti santificano. Prima hanno fatto di tutto per sconfessare e condannare i teologi della liberazione, e ora?
Questa dovrebbe essere una conferma che chi si mette contro la struttura della Chiesa è già un vincente a lungo andare, ed è una speranza che un domani la Chiesa potrà riconoscere ciò che oggi tanto caparbiamente condanna.
E allora avanti, coraggio! Oggi ci bastonate, domani ci darete ragione. La Chiesa va avanti con le proteste, con le contestazioni, con la rabbia di chi vuole che essa cambi il passo, esca dalle pastoie oscene di una politica infame. La Chiesa si avvicina al Cristo radicale, quando è svegliata o scossa da profeti scomodi che vedono avanti di migliaia e migliaia di anni.
Ma quando la Chiesa si sarà svegliata, non sarà troppo tardi? Come si può essere tanto ottusi da non capire chi ha ragione e chi ha torto? Lo so: la struttura è ancora l’unico criterio per valutare; appena cambia, cambia il giudizio, e così il torto diventa ragione e ragione il torto.
Ma un dubbio mi viene: non è che la Chiesa oggi riconosca i teologi della liberazione, perché questi hanno perso mordente, o perché la loro Profezia è finita tra la cenere?
Non viviamo dunque del passato, viviamo della Profezia che ha la capacità di farsi oggi. È sbagliato vivere di ricordi, anche perché il passato è passato. Oggi la Profezia è più nuova, certamente anche per merito di chi precedentemente a noi ha tracciato qualche solco.
Quando la Chiesa elogia qualche profeta scomodo del passato, mi mette paura. Non dovrei dire: “Che bello! Finalmente!”. Attenzione: la Chiesa ci sta fregando. Diamo un nuovo colpo all’acceleratore. Avanti! Non c’è tempo da perdere negli elogi. La Profezia è per sua natura provocazione, è per sua natura inaccettabile.
Ringraziamo pure i teologi della liberazione, ma avanti. I nuovi tempi richiedono qualcosa di più. 
   
don Giorgio    

da Vatican Insider

5/09/2013

«La Teologia della liberazione è irrinunciabile»

Stralcio tratto da "Dalla parte dei poveri. Teologia della liberazione, teologia della chiesa" coedizione Edizioni Messaggero Padova – Editrice Missionaria Italiana, pp. 192

GERHARD LUDWIG MÜLLER *

ROMA
La storia del mondo è innanzitutto l’arena complessiva della lotta drammatica tra le forze dialettiche di grazia e libertà da un lato e peccato e oppressione dall’altro. Ma la storia nel suo nucleo più intimo è comunque storia della salvezza, perché Dio – in quanto creatore e redentore del mondo e dell’uomo – ha posto se stesso come fine oggettivo del movimento storico e dell’azione umana di liberazione.
Chi dunque partecipa attivamente alla liberazione, sta dalla parte del Liberatore divino. Nella pratica, si tratta della partecipazione trasformante al processo storico verso il fine trascendente e immanente di esso. Chi agisce per la liberazione, sta già dalla parte di Dio, che egli ne abbia piena consapevolezza o meno (…).
È possibile mostrare il radicamento della Teologia della liberazione originale nella rivelazione biblica e nella grande tradizione teologica e dottrinale della chiesa. E se anche – per quel che riguarda l’elaborazione delle proprie fondamenta – ci si possa ancora trovare in una fase di sviluppo, le carenze e le incongruenze emerse in alcune prese di posizione, dal forte impatto mediatico, di singoli rappresentanti della Teologia della liberazione non possono mettere in discussione la validità delle sue grandi acquisizioni di fondo.
Sulla base delle esigenze della vita ecclesiale e della stessa teologia è necessario affermare che la chiesa nel terzo mondo, ma anche la chiesa come chiesa universale, non può rinunciare a un ulteriore sviluppo e a un’applicazione della Teologia della liberazione. Solo per mezzo della Teologia della liberazione, la teologia cattolica – sul piano universale e a livello di svolta storica epocale – ha potuto emanciparsi dal dilemma dualistico di aldiquà e aldilà, di felicità terrena e salvezza ultraterrena; o, rispettivamente, da un dissolversi monistico di un aspetto nell’altro. È un dilemma, tuttavia, che il marxismo non già ha generato, ma solo espresso.
Non da ultimo per queste ragioni la Teologia della liberazione sarebbe anche da considerare come un’alternativa radicale alla concezione marxista dell’uomo e all’utopia storica da essa scaturita. Proprio la pretesa metodologica della Teologia della liberazione – quella di prendere avvio da una prassi trasformante – non è altro che la riformulazione dell’evento originario della teologia: prima c’è la sequela di Cristo e da questa scaturisce anche la formulazione della professione su chi è realmente Gesù.
Può darsi anche che, nell’attuale congiuntura, nell’opinione pubblica l’interesse per la Teologia della liberazione sia in calo. Ma alla luce delle oggettive questioni irrisolte, essa svolge un’opera indispensabile per il servizio della chiesa di Cristo a favore dell’umanità, un servizio trasformante, sul piano della riflessione e della pastorale. La Teologia della liberazione è irrinunciabile, sia sul piano regionale sia per la comunicazione teologica universale.

* Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede

 

Da Vatican Insider

4/09/2013

La Chiesa sdogana la teologia della liberazione

Sull'Osservatore Romano gli scritti del fondatore Gutierrez

ANDREA TORNIELLI

CITTÀ DEL VATICANO
Tra Vaticano e Teologia della Liberazione scoppia la pace. Dopo le condanne degli anni Ottanta, gli eccessi e le incomprensioni, la TDL ottiene piena cittadinanza nella Chiesa. Una pacificazione che avviene nel nuovo clima portato dall'elezione del primo Papa latinoamericano e dalla ripresa del processo di beatificazione del vescovo martire Oscar Romero.
Anche se in realtà si tratta di qualcosa che nasce già nell'ultimo scorcio del pontificato di Benedetto XVI. È stato infatti Ratzinger a volere come suo secondo successore alla guida della Congregazione per la dottrina della fede, l'ex Sant'Uffizio, l'arcivescovo tedesco Gerhard Ludwig Müller. Un prelato da lui ben conosciuto, che per lunghi anni ha trascorso le vacanze andando a lavorare con i campesinos latinoamericani e ha intrattenuto un approfondito dialogo con il più importante e autorevole teologo della liberazione, il domenicano peruviano Gustavo Gutierrez.
Entrambi hanno firmato nel 2004 un volume pubblicato in Germania. Ma allora Müller era soltanto un vescovo tedesco, non il «custode» dell'ortodossia cattolica. Il fatto che quel volume sia ora pubblicato in Italia, (Dalla parte dei poveri. Teologia della liberazione, teologia della chiesa; coedizione Edizioni Messaggero Padova – Editrice Missionaria Italiana, pp. 192, euro 15, in libreria dal 9 settembre) e venga presentato domenica prossima dai due autori al Festivaletteratura di Mantova, sta a significare che il Prefetto Müller, oggi a capo di quella Congregazione che condannò negli anni Ottanta alcuni eccessi della Teologia della Liberazione, considera quei suoi contributi ancora pienamente validi e attuali.
Non si tratta dunque di un incidente di percorso, ma di un'uscita pensata e ben soppesata, destinata a chiudere, almeno nelle intenzioni, il capitolo delle guerre teologiche del passato. Le opere di Gutierrez, con Ratzinger Prefetto dell'ex Sant'Uffizio, furono sottoposte ad esami per lungo tempo, senza mai venire censurate o condannate.
In realtà la Santa Sede ha condannato soltanto la TdL che usa l'analisi marxista, non l'intera Teologia della Liberazione. E in uno dei saggi pubblicati nel libro proprio Müller descrive i fattori politici e geo-politici che hanno finito per condizionare, lungo gli anni, certe accuse contro la Tdl, in un epoca in cui un certo capitalismo si sentiva «definitivamente vittorioso». Per non parlare del documento segreto, ugualmente citato dal successore di Ratzinger nel libro, e preparato per il presidente Ronald Reagan dal «Comitato di Santa Fé» nell’anno 1980, cioè in anticipo di quattro anni rispetto alla prima della prima Istruzione vaticana sulla Tdl. Vi si sollecitava il governo americano a procedere in maniera aggressiva contro la «Teologia della liberazione», rea di aver trasformato la Chiesa cattolica in «arma politica contro la proprietà privata e il sistema della produzione capitalista».
Con il Papa venuto «dalla fine del mondo», che non è stato mai indulgente con le ideologie né con l'approccio intellettuale di certa teologia filomarxista, ma che da arcivescovo era abituato a visitare da solo senza scorta le «favelas» di Buenos Aires e ora parla di una «Chiesa povera e per i poveri», la riconciliazione tra Vaticano e Teologia della Liberazione si compie. Con il Prefetto dell'ex Sant'Uffizio che in un libro mette la sua firma accanto a quella di padre Gutierrez. Per far capire a tutti che nella Chiesa parlare dei poveri non significa fare pauperismo e denunciare l'ingiustizia patita dai deboli non significa essere marxisti, ma soltanto e più semplicemente, cristiani.

 

 

da vatican Insider

3/09/2013

L’Osservatore Romano riabilita la Teologia della liberazione

Nel giornale ampi spazi dedicati agli scritti di padre Gustavo Gutierrez, domenicano, considerato il fondatore della “corrente”
 

REDAZIONE
ROMA
«Con un Papa latinoamericano, la teologia della liberazione non poteva rimanere a lungo nel cono d'ombra nel quale è stata relegata da alcuni anni, almeno in Europa». Le parole di padre Ugo Sartorio sottolineano l'iniziativa dell'Osservatore Romano di dare ampio spazio, nell'edizione di domani, a scritti del teologo peruviano padre Gustavo Gutierrez, domenicano, considerato il fondatore della teologia della liberazione.
Il quotidiano della Santa Sede, che «sdogana» così una corrente teologica a lungo emarginata per i casi di commistione con l'ideologia marxista, pubblica stralci del libro di Gutierrez «Dalla parte dei poveri. Teologia della liberazione, teologia della Chiesa» (Editrice Missionaria Italiana), dedicati ai poveri come «preferiti di Dio» e contro il «neoliberismo economico» e la «disumanizzazione dell'economia».
«I contributi di Gustavo Gutierrez hanno reso evidente a noi che siamo qui in Europa una cosa – sottolinea mons. Gerhard Ludwig Mueller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede ed estimatore del teologo peruviano -, questa: l'ingiustizia nel mondo è un fattore che permane e che può essere superato solo con la disponibilità di tutti gli uomini a dirigere lo sguardo verso Cristo».

 

 

6 Commenti

  1. GIANNI ha detto:

    Avevo postato il commento relativo a questo articolo, per sbaglio, nell’articolo precedente.
    Lo ripropongo quindi di seguito, ma premetto la seguente curiosità:
    di solito, a quest’ora, è già pubblicato da un po’ l’ultimo articolo delle ultimissime.
    Questa sera, eccezionalmente, no.
    Che ci siano grosse novità in vista?

    COmunque, ecco di seguito il commento che avevo formulato relativamente al presente articolo.

    Questa sorta di riabilitazione conferma una mia analisi di fondo.
    Il cattolicesimo si presenta come rappresentazione di una dimensione anche etica e morale che spesso presume di essere non solo universalmente valida, ma anche eternamente valida, ed invece anche questa confessione è soggetta ad un condizionamento storico di fondo.
    Quello che ieri era negletto, oggi viene riabilitato.
    Venendo alle vicende di questi giorni, mi domando quindi che senso abbia aver inviato quel decreto a don Giorgio.
    Se non oggi, un domani quello che divide potrebbe invece unire, e viceversa quello che unisce oggi, domani potrà forse dividere.

    Con l’occasione, vorrei anche dire che sono interessanti questi articoli anche sotto il profilo culturale, per chi studia storia delle religioni e delle filosofie, ma dopo quello che è successo, credo siamo tutti interessati alle dinamiche di quanto successo a don Giorgio.
    Come ci sono stati presentati fatti presenti e passati per spiegarci dette vicende, auspico che poi don Giorgio ci aggiorni sulle ultime cose.
    Si è deciso a favore del ricorso, oppure no?
    Andrai a Dolzago oppure no?

    Se ritieni di potercelo comunicare, io e credo molti altri siamo sicuramente desiderosi di sapere come vanno queste vicende, senza nulla togliere, ovviamente, al rilievo anche culturale di certi articoli.
    Mi piacerebbe proprio un articolo da prima pagina delle ultimissime su tali fatti.

    Un saluto ed un augurio.

  2. Giuseppe ha detto:

    Ho l’impressione (naturalmente sbagliata) che la Chiesa cattolica (o almeno i suoi vertici) si interessi poco della teologia, che sia della liberazione o no non fa molta differenza, perché troppo occupata a curare i propri interessi mondani e a tramare alleanze, quanto meno sospette, col potere politico, specialmente se ricco, conservatore e di destra, e prodigo di raccomandazioni, nonché (ovviamente)di foraggiamenti vari.

    • ALBERTO ha detto:

      Pace fatta tra Müller e Gutiérrez. Ma Bergoglio non ci sta.
      Il prefetto della congregazione per la dottrina della fede e il fondatore della teologia della liberazione provano a chiudere vent’anni di polemiche. Ma uno dei critici più severi di questa corrente teologica è stato proprio l’attuale papa.

  3. Filippo ha detto:

    E Joh Sobrino ??

    E Mons. Romero ??

    A quando la rimozione della gigantografia di Escrivò nella Catedrale di San Salvador avanti all’altare dove fu crocefisso Mons. Romero ??

    A quando la cancellazione del Decreto del Santo Uffizio contro “Esperienze Pastorali” di don Milani ??

  4. raimondo testa ha detto:

    Si fa presto a dire “sdoganare”,aprire alla libera circolazione. Ma come si può riprendere un cammino sciolto e libero quando si è rimasti ingabbiati ed incatenatiper decenni? Ha ragione Don Giorgio a paventare che ora anche la Teologia della Liberazione abbia i piedi di piombo. Ci vuole anche ed ancora un fuoco nuovo.

Lascia un Commento

CAPTCHA
*