«Fratelli tutti», l’Internazionale di papa Bergoglio

Papa Francesco lascia Assisi dopo aver firmato l’enciclica “Fratelli tutti”
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da Il Manifesto
POLITICA

«Fratelli tutti»,

l’Internazionale di papa Bergoglio

Vaticano. Reso pubblico il testo integrale della nuova enciclica del pontefice, che rilancia accanto alla difesa dell’ambiente e alla critica del sistema capitalistico la centralità dei diritti senza frontiere, contro i muri del «nazionalismi esasperati». E mai più guerra né pena di morte
Luca Kocci
04.10.2020
Indica l’orizzonte della «fraternità» universale e dell’«amicizia sociale» l’enciclica Fratelli tutti, firmata ieri pomeriggio da papa Francesco ad Assisi, sulla tomba del santo da cui ha preso il nome, e resa pubblica questa mattina, al termine dell’Angelus in piazza San Pietro (anche se il sito tradizionalista spagnolo Infovaticana ha violato l’embargo e ha pubblicato il testo integrale ieri sera, come del resto fece L’Espresso nel 2015 pubblicando in anticipo una bozza della Laudato si’).
E proprio a Francesco d’Assisi è ispirato il titolo («Fratelli tutti, scriveva san Francesco d’Assisi per rivolgersi a tutti i fratelli e le sorelle e proporre loro una forma di vita dal sapore di Vangelo») e sono dedicate le prime righe del documento, con il ricordo della sua visita al sultano Malik-al-Kamil in Egitto, nel bel mezzo delle Crociate, simbolo di quello che è il cuore dell’enciclica: l’obiettivo della costruzione di una «fratellanza universale» – e sorellanza, anche se il termine femminile non è presente, come hanno fatto notare le donne –, capace di superare le «distanze dovute all’origine, alla nazionalità, al colore o alla religione» e di rifiutare «guerre» e «sfruttamento».
Fratelli tutti riprende e rilancia i due principali documenti sociali di Bergoglio: l’enciclica eco-sociale Laudato si’ ma anche i Discorsi rivolti ai movimenti popolari. Parla di difesa dell’ambiente e critica il sistema capitalistico che, inseguendo il dogma del profitto per pochi, violenta la Terra, saccheggia le risorse, comprime i diritti, genera ingiustizie sociali, provoca guerre e costringe interi popoli a emigrare. Rischia, a volte, di “volare alto”, con richiami generici alla solidarietà e all’amore reciproco. Ma del resto un’enciclica è un testo del magistero non un programma politico (per quanto alcune indicazioni politiche siano presenti).
Il punto di partenza sono «le ombre di un mondo chiuso», che ha moltiplicato conflitti e innalzato muri, in nome di «nazionalismi chiusi, esasperati, risentiti e aggressivi», i quali teorizzano e realizzano la «cultura dello scarto», che si manifesta con leggi di mercato fondate sul profitto di pochi, razzismo, compressione dei diritti umani, guerre e conflitti, schiavitù: «certe parti dell’umanità – scrive Francesco – sembrano sacrificabili a vantaggio di una selezione che favorisce un settore umano degno di vivere senza limiti».
Invece, i diritti non hanno «frontiere», né geografiche, né sociali, né di genere. «Nessuno dunque può rimanere escluso, a prescindere da dove sia nato, e tanto meno a causa dei privilegi che altri possiedono», si legge nell’enciclica. «I confini e le frontiere degli Stati non possono impedire che questo si realizzi. Così come è inaccettabile che una persona abbia meno diritti per il fatto di essere donna». Confini nazionali e proprietà privata non sono dogmi: la «destinazione comune dei beni della terra richiede oggi che essa sia applicata anche ai Paesi, ai loro territori e alle loro risorse», per cui «ogni Paese è anche dello straniero, in quanto i beni di un territorio non devono essere negati a una persona bisognosa che provenga da un altro luogo». Questo presuppone «un altro modo di intendere le relazioni e l’interscambio tra i Paesi», fondato sulla condivisione dei beni e risorse, non sull’accaparramento, perché «il mondo è di tutti» e «non importa se qualcuno è nato qui o se vive fuori dai confini del proprio Paese».
Per realizzare questa «fraternità» occorre il contributo e la corresponsabilità di tutti, facendo propria la scelta del «buon samaritano», senza guardare se chi ha bisogno di aiuto «fa parte della propria cerchia di appartenenza». Ma Francesco indica anche delle scelte alla politica, che deve occuparsi solo del «bene comune» e deve essere popolare ma non «populista» (quando cioè strumentalizza «la cultura del popolo, sotto qualunque segno ideologico, al servizio del proprio progetto personale e della propria permanenza al potere», oppure «mira ad accumulare popolarità fomentando le inclinazioni più basse ed egoistiche di alcuni settori della popolazione»). Ad esempio sulla questione immigrazione: incrementare e semplificare la concessione di visti, aprire corridoi umanitari, assicurare alloggi, sicurezza e servizi essenziali, offrire possibilità di lavoro e formazione, favorire i ricongiungimenti familiari.
L’ultima parte dell’enciclica è dedicata a due fra le più evidenti negazioni della «fraternità» secondo papa Francesco: la pena di morte e la guerra.
La pena di morte – ma anche le «esecuzioni extragiudiziarie o extralegali», spesso «fatte passare come scontri con delinquenti o presentati come conseguenze indesiderate dell’uso ragionevole, necessario e proporzionato della forza» – è inammissibile e la Chiesa si impegna con determinazione a proporre che sia abolita in tutto il mondo».
La guerra «non è un fantasma del passato, ma è diventata una minaccia costante», e sempre più «facilmente si opta per la guerra avanzando ogni tipo di scuse apparentemente umanitarie, difensive o preventive, ricorrendo anche alla manipolazione dell’informazione». Poi, con lo sviluppo delle armi nucleari, chimiche e biologiche – «l’eliminazione totale delle armi nucleari» è «un imperativo morale e umanitario» –, e delle enormi e crescenti possibilità offerte dalle nuove tecnologie, «si è dato alla guerra un potere distruttivo incontrollabile», quindi «non possiamo più pensare alla guerra come soluzione, dato che i rischi probabilmente saranno sempre superiori all’ipotetica utilità che le si attribuisce. Davanti a tale realtà, oggi è molto difficile sostenere i criteri razionali maturati in altri secoli per parlare di una possibile “guerra giusta”. Mai più la guerra».
TESTO INTEGRALE
qui
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3 Commenti

  1. Luigi Sirtori ha detto:

    Non credo nella fratellanza dopo quel che è successo con la rivoluzione francese e per esperienza familiare con l’unico fratello. Ma lo stesso avviene nelle comunità di frati. La vera causa che invece di conciliare, separa, è la convenienza. Gesù stesso è stato sacrificato per convenienza. Ne sa qualcosa don Giorgio che viene sacrificato per convenienza dalla diocesi milanese e dai suoi compaesani. Credo di più nella figliolanza divina. Solo in Dio il mio cuore riposa mi pare reciti il versetto di un salmo. Mi ritrovo di più in quell’abbraccio de Il ritorno del figliol prodigo di Rembrandt che nei fratelli coltelli dentro le stessa mura vaticane. I fratelli possono tradire e uccidere. Il Dio nel quale vale la pena credere, no. Si può uccidere il corpo, ma lo Spirito no. Lo Spirito rimane e a chi è capace di accoglierlo, dona tutti i suoi frutti.

  2. antonio ha detto:

    Un documento chiave, che scopre l’attività fraudolenta e profondamente immorale di legioni di adoratori di satana … anche di quelli meglio mimetizzati , guastatori da pulpito, sacrestia e confessionale , che si sono infiltrati nella Chiesa per ‘disinnescare’ il Vangelo.

    Il fatto il Papa sia stato costretto a scrivere quello che ha scritto e nel modo in cui l’ha scritto, partendo dall’abc del cristianesimo… illumina a giorno le miserie e colpevoli mancanze di un clero pavido, pigro e vizioso, che per decenni ha contribuito alla rovina di interi popoli , occultando dai pulpiti i significati reali o addirittura rovesciandoli utilizzando la leva del familismo amorale…

  3. simone ha detto:

    Mi son ripromesso di leggerla. Andrò a comperare la versione cartacea e ci vorrà del tempo per comprendere bene la profondità del messaggio.
    Certo che una società credibile ha bisogno di una chiesa credibile. Il primo passo tocca a loro.

    A me sembra che in questo periodo di pandemia i preti abbiano sostituito i comici che ultimamente son un pò appannati.
    Prendiamo per esempio mons. Agnesi. Io non ho niente contro il vicario generale ma è lui che mi provoca.
    Dopo la disposizione per le processioni (comica, inutile e inutilizzata) ecco la disposizione per le benedizioni natalizie.
    Altro pezzo di altissima comicità.
    https://www.chiesadimilano.it/news/chiesa-diocesi/sara-possibile-effettuare-le-benedizioni-natalizie-nelle-case-336776.html

    Dove si dice che: «Dolore e silenzi, solitudini e paure attendono di essere consolati dall’annuncio del farsi prossimo del Signore» osservazione giustissima ma solo a Natale va fatto questo?

    Osservazione giustissima ma sull’offerta non si dice niente?
    Manda fuori la stessa disposizione obbligando a non prendere soldi, per rendere VERA questa attenzione, questa disposizione di cuore…allora magari ci ripenso.
    Questa benevolenza vale 365 giorni all’anno non solo a Natale. Se no è finzione; è l’emblema dell’ipocrisia.

    Chiaramente mi aspetto a Natale l’elogio del vescovo per i preti eroici che nonostante la pandemia han visitato le famiglie, sfidando il freddo e il virus.
    Quanta gente sola, disperata, depressa…e loro nelle case parrocchiali dorate a sistemare i bilanci.
    «Essi riceveranno una condanna più severa»

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