dal Corriere della Sera
Roberto Bolle:
«Devo tutto a Milano
ma resti città delle opportunità
con più giovani e verde»
di Venanzio Postiglione
Per l’appuntamento con «Milano come stai?» il Corriere ha incontrato la star della danza: amo i fan, ma mi nascondo per passare inosservato
Roberto Bolle è nato a Casale Monferrato il 26 marzo 1975. A 12 anni è entrato nella Scuola di Ballo della Scala.
Qui è casa sua. Sorride, indica i palchi, conosce tutti. Alla Scala, il teatro più importante e prestigioso del mondo, Roberto Bolle è nato e cresciuto. Ora che è la star planetaria del ballo, ripensa ai primi anni. Alla metropoli che gli ha dato tutto. Settimo incontro della serie “Milano come stai?”, alla ricerca dei protagonisti della città. E delle nuove idee.
Come sta Milano?
«Credo molto bene. Sta vivendo un periodo di grande slancio, è in forte ripresa. È una città secondo me molto dinamica, è una città che sa guardare al futuro. Credo che, da Expo in poi, abbiamo tutti sotto gli occhi una metropoli vivace che compete con le più grandi capitali».
Quali sono i suoi ricordi di bambino, di ragazzo, legati alla città?
«La prima immagine di Milano è sicuramente quella della Stazione Centrale. Quando sono arrivato con il treno da Vercelli con mia mamma per l’audizione alla Scala, avevo dodici anni e ricordo quest’opera gigantesca. Tutto molto grande e io molto piccolo, non ci ero abituato. Ricordo quell’impressione e poi una città molto caotica, visto che arrivavo dalla realtà provinciale di Trino Vercellese, di Vercelli, Casale Monferrato. Qui c’era traffico, c’erano i tram, un altro mondo».
E poi il primo rapporto con la Scala.
«Che impatto. Sì. Una grande emozione: arrivare nel teatro, vedere la sala per la prima volta, un brivido indimenticabile. È veramente un colpo al cuore: questa meraviglia, questa magnificenza ti travolgono».
Lei aveva sognato di arrivare alla Scala o è stata una cosa che è successa?
«È stata una cosa che è successa. Non avevo immaginato di venire qui, sognavo di ballare e devo dire che ero contento di farlo a Vercelli, dove studiavo. Poi è stata mia madre che ha detto: “Se lo vuoi fare veramente per la vita, se deve essere una professione, cerca di farlo nella scuola migliore che abbiamo in Italia, una delle migliori al mondo, quindi alla Scala”».
E lei come la prese?
«Per niente convinto, anche un po’ contrariato. Dissi a mia madre che non mi sarei impegnato per l’audizione alla Scala, perché venire a Milano non mi interessava e non mi piaceva abbandonare la famiglia così piccolo. Poi… quando mi trovai all’interno della Scala e capii l’importanza e le possibilità che si aprivano, allora mi impegnai veramente. Fui ammesso alla scuola».
Cosa le piace di più di Milano oggi?
«Mi piace che abbia uno sguardo internazionale. Ci sono grandissimi eventi di arte, di design, di cultura, di moda: è diventato un polo attrattivo negli ambiti più creativi. E poi Milano ha una dimensione contenuta, piccola, quindi non una metropoli in cui ci si sente annullati, come può succedere in città di 12 o 20 milioni di persone. Ha un’identità ancora umana e allo stesso tempo uno sguardo e un potere attrattivo molto forti».
E cosa le piace di meno?
«Ecco, magari altre città internazionali che frequento hanno polmoni verdi in cui ci si isola completamente, come Central Park a New York, come Hyde Park a Londra. Ti senti praticamente isolato dalla città, hai un contatto con la natura completo. Così come è bello quando ci sono i grandi fiumi».
Insomma: alle metropoli del mondo ruberebbe un po’ di verde.
«Sì. L’immersione nella natura: sei in città e dopo 5 minuti hai un rapporto totale con il verde».
Si dice che Milano stia diventando una città premium, nel senso che si fa fatica a vivere perché troppo cara.
«Sicuramente negli ultimi tempi è diventata più esclusiva. I prezzi sono aumentati, soprattutto nel mercato immobiliare. Per i giovani è un grande problema, come a Londra e nelle metropoli più care. Ma qui la crescita è avvenuta in tempi rapidissimi e non ci sono state possibilità di adeguamento salariale o altre misure. Adesso è uno dei problemi principali».
Anche perché Milano dovrebbe sempre essere la città delle opportunità: di chi arriva e ce la può fare.
«Questo è assolutamente vero, io l’ho vissuta così e ho sempre detto che, se non fossi venuto a Milano, non avrei fatto la carriera che ho fatto, non sarei diventato chi sono. Per me Milano è stata il trampolino non solo in Italia ma in tutto il mondo: mi ha dato una grande opportunità e io ho potuto fare il salto e mi ritengo molto fortunato. Spero che ci siano possibilità ancora oggi per i giovani, per poter arrivare a Milano e realizzare un sogno. Ecco, questa dinamica è molto importante, è l’anima della città».
Ma lei consiglierebbe ancora a una ragazza o un ragazzo di provare a fare la ballerina o il ballerino?
«Sicuramente sì. Perché è un’arte, la danza, che ha senso per i giovani, sa infondere valori importanti: il bambino non solo acquisisce un portamento, un’eleganza, una fisicità diversa per lo sviluppo armonico del corpo, ma scopre anche una scuola di vita, perché servono molto rispetto, grande educazione. Con la predisposizione mentale di voler migliorare se stessi giorno dopo giorno, a piccoli passi, con fatica, con sudore, con costanza e con disciplina quotidiana. Così per tutta la vita e nulla ti viene regalato. E questo, anche se non diventerai un ballerino, una ballerina professionista, ti rimarrà sempre».
Trova ancora la passione nelle ragazze, nei ragazzi?
«Certo. Nei giovani lo slancio resta. Lo vedo quando facciamo le grandi lezioni in piazza Duomo con migliaia di persone da tutta Italia».
Ma lei riesce a girare per Milano in tranquillità o è travolto dall’affetto dei fan e si deve nascondere?
«Amo infinitamente i fan. Ma devo confessare che un po’ provo a sparire, perché altrimenti diventa tutto difficile. Non riesco tanto a passare inosservato… però ho imparato che con il cappellino, con un paio di occhiali, con un atteggiamento molto discreto, scegliendo alcuni percorsi che non sono nelle vie più affollate… me la cavo. Ho i miei metodi per nascondermi. O almeno ci provo».
E sorride e poi ride, Roberto Bolle. Solare e perbene anche quando sfugge per un po’ all’abbraccio di Milano.
Commenti Recenti