L’EDITORIALE
di don Giorgio
Un prete può andare in pensione
per godersi in solitudine, con Dio e il creato,
gli ultimi anni della sua vita?
Ho letto un articolo, apparso recentemente sul sito Settimana News, dal titolo: “Quando il prete cambia parrocchia”.
Un articolo da discutere legittimamente e liberamente.
Dico la mia, anche nella libertà di non aver magari colto del tutto o magari niente di ciò che l’autore del testo voleva dire, anche se è certo, così sembra, che un tal prete, francese, ha compiuto il gesto di rinunciare a 75 anni alla parrocchia.
Già l’età: perché fissare una data canonica al tempo dello Spirito che non guarda al fisico, ma appunto allo spirito di ogni essere umano, in particolare se si tratta di un ministro della Chiesa di Cristo?
Riuscite a immaginare un Regno di Dio che fissa date cronologiche, ovvero sullo schema del crònos che passa mangiandosi tutto, fregandosene del Kairòs, o dell’Eterno presente o, se volete, della Grazia divina?
E poi c’è una parola veramente orrenda, appena la sento in riferimento a un ministro di Cristo, che è servo e non capo: la parola è leader! Ma scherziamo?
Come puoi parlare di leader parlando di un ministro di Cristo, la cui missione (diciamo vocazione!) è servire umilmente tutti, indifferentemente se uno sia ricco o povero, senza servirsi di un potere che fissa dall’alto le regole condizionando le direzioni dello Spirito?
Leader?
Mi sta bene sentir parlare di autorevolezza, di nobiltà d’animo, di responsabilità, oppure di avere dei ruoli specifici o delle cariche nel campo pastorale. Ma il termine “leader” è offensivo nel campo della fede.
Vorrei dire di più, e qui non posso non parlare della mia esperienza di prete: dopo anni e anni di aver servito la chiesa diocesana, proprio in rifermento all’età pensionabile, 75 anni, non un giorno in più, ordini dall’alto mi hanno costretto a ritirarmi per farmi godere anni di paradiso anticipato in una casa privata.
No, caro mio, la mia non è stata una scelta libera. Non ho detto al mio vescovo: “Ora ti consegno la tua parrocchia!”. Tua, in che senso? Non esiste parrocchia che è di proprietà del vescovo, il quale, per dare l’esempio, dovrebbe essere totalmente al servizio di ogni parrocchia della sua diocesi. La parrocchia non è del vescovo, se non nel senso che le è stata fidata per qualche volere divino.
Tuttavia… sì, tuttavia, nonostante la rimozione forzata, ho trasformato la mia prigione in una provvidenziale opportunità che mi ha trasformato la vita, non per godermi qualche attimo del tutto personale. Certo, finalmente ero libero di fare belle passeggiate nel parco riscoprendo aspetti meravigliosi mai visti prima, potevo ritagliare il tempo a modo mio, senza i condizionamenti di una parrocchia che volere o no è sempre una struttura con tutte le sue esigenze, impegni, orari ecc.
Ho potuto leggere liberamente numerosi libri, anche per riempire la giornata, e proprio leggendo un libro del tutto singolare è successo come un miracolo del tutto impensabile.
Era un libro che parlava di Mistica (parola mai sentita prima), e da lì la mia curiosità mi ha spinto ad approfondire l’argomento arrivando alla grande Scoperta di un mondo sì prima impensabile.
Ma, ecco ciò che vorrei dire senza enfasi, la scoperta della Mistica non mi ha chiuso come in un eremo per contemplare egoisticamente la Bellezza della Sorgente divina. Mi sono sentito come rinascere, con tanta voglia di riprendermi tutti gli anni spesi prima in un impegno pastorale forse troppo pragmatico, pensando: Se avessi scoperto prima la Sorgente divina in me che cosa avrei potuto dare di meglio e in meglio per i miei parrocchiani?
Inutile pensare al passato, ora volevo pensare al presente, anche se al tramonto di una esistenza logorata non solo dal tempo, ma da mille tensioni dovute al mio carattere combattivo.
Ancora oggi, a 85 e più anni, mi sento in dovere di comunicare agli altri ciò che ho scoperto, ritenendo che a noi preti non è riservata una vita da pensionati o da eremiti.
Finché abbiamo un respiro e abbiamo ancora un po’ di salute, dobbiamo stare sul campo di battaglia, e la battaglia è per vincere quel male contro cui Cristo ha detto: “Io ho vinto il mondo!”.
Già, Cristo! E, pensando a Cristo, gli ultimi istanti li ha donati su una Croce, ed è proprio sulla croce ci ha donato il suo Spirito.
Tutto strano questo Cristo! Si è riservato per sé i primi trent’anni per poi uscire allo scoperto fino a morire su una croce, ma forse ha fatto ciò che noi tutti dovremmo fare.
06/07/2024
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