Gaza e Cisgiordania: “Sterminio e occupazione in Palestina sono un grande business”

da L’Unità
La denuncia della relatrice Onu Albanese

Gaza e Cisgiordania:

“Sterminio e occupazione in Palestina

sono un grande business”

Nel Rapporto si smaschera il ruolo di multinazionali, università e governi nell’economia globale che alimenta i crimini a Gaza, traendone profitto
ESTERI – di Umberto De Giovannangeli
5 Luglio 2025
L’aveva anticipato in una intervista esclusiva a L’Unità: nel Rapporto che stava preparando per le Nazioni Unite avrebbe documentato le aziende che si arricchiscono con il sangue di Gaza. Un impegno mantenuto, da una donna, una professionista, coraggiosa: Francesca Albanese. In occasione della 59esima sessione del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, la Relatrice Speciale sulla situazione dei diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati dal 1967 ha presentato il suo ultimo Rapporto “From economy of occupation to economy of genocide” (datato 30 giugno 2025).
Il documento analizza l’evoluzione dell’occupazione israeliana in Palestina come progetto coloniale,  alimentato e sostenuto da un ampio apparato economico-industriale che, secondo la Relatrice Speciale, ha raggiunto un nuovo stadio: quello dell’ “economia del genocidio”. “Mentre i leader politici e i governi si sottraggono ai loro obblighi, troppe entità aziendali hanno tratto profitto dall’economia israeliana dell’occupazione illegale, dell’apartheid e ora del genocidio”, si legge nel Rapporto. Settori chiave come l’industria militare, il settore tecnologico, il sistema finanziario e quello accademico sono profondamente integrati nell’infrastruttura dell’occupazione. In particolare, il Rapporto documenta come imprese israeliane e multinazionali (tra cui Elbit Systems, Lockheed Martin, Google, Microsoft e Amazon) abbiano fornito strumenti, tecnologie e supporto logistico che hanno alimentato il massiccio utilizzo della forza contro la popolazione civile palestinese. Queste collaborazioni includono forniture di armamenti, sistemi di sorveglianza biometrica, analisi predittive tramite intelligenza artificiale e servizi cloud critici per le operazioni militari. L’attuale complicità delle imprese, si legge nel Rapporto, rappresenta “solo la punta dell’iceberg”.
Un’attenzione particolare viene riservata al ruolo delle università, considerate parte integrante dell’apparato di oppressione, e alla loro responsabilità nella perpetuazione del regime di apartheid e nella produzione di conoscenze, tecnologie e narrazioni funzionali all’occupazione. Così il Rapporto: “Le principali università, in particolare quelle appartenenti al cosiddetto “Global Minority” (Stati occidentali ricchi), collaborano con istituzioni israeliane in ambiti che danneggiano direttamente i palestinesi. Al MIT, alcuni laboratori conducono ricerche su armamenti e tecnologie di sorveglianza finanziate dal Ministero della Difesa israeliano (IMOD), l’unico esercito straniero a finanziare la ricerca del MIT. Tra i progetti noti finanziati dall’IMOD, figurano il controllo di sciami di droni – elemento distintivo dell’assalto israeliano su Gaza da ottobre 2023 – algoritmi di inseguimento e sorveglianza subacquea. Dal 2019 al 2024, il MIT ha gestito un fondo seme Lockheed Martin, che collega studenti a team in Israele. Dal 2017 al 2025, Elbit Systems ha finanziato la sua adesione al programma MIT Industrial Liaison, ottenendo così accesso a ricerche e talenti. Il programma Horizon Europe della Commissione Europea facilita attivamente la collaborazione con istituzioni israeliane, incluse quelle coinvolte in pratiche di apartheid e genocidio. Dal 2014, la Commissione ha erogato oltre 2,12 miliardi di euro (2,4 miliardi di dollari) a entità israeliane, incluso il Ministero della Difesa, mentre le istituzioni accademiche europee beneficiano e rafforzano queste interconnessioni. La repressione e la distruzione delle infrastrutture sono possibili anche grazie a tecnologie all’avanguardia messe a punto a livello nazionale e internazionale: piattaforme di difesa aerea, droni, strumenti di targeting alimentati dall’intelligenza artificiale e persino il programma F-35 guidato dagli Stati Uniti”.
Come si legge nel Rapporto, Israele “beneficia del più grande programma di approvvigionamento della difesa mai realizzato – per il jet da combattimento F-35, guidato dalla Lockheed Martin con sede negli Stati Uniti, insieme ad almeno 1.650 altre aziende, incluso il produttore italiano Leonardo S.p.a,e otto Stati”. Da ottobre 2023, questi equipaggiamenti hanno dato un “potere aereo senza precedenti”, permettendo di sganciare una stima di 85mila tonnellate di bombe, che hanno causato la morte o il ferimento di oltre 179.411 palestinesi. 
Oltre che un “bersaglio immobile”, Gaza è anche un gigantesco laboratorio per testare sul campo sistemi carcerari e di sorveglianza avanzati. Sono inclusi i sistemi di sorveglianza biometrica, sorveglianza attraverso droni, utilizzo di intelligenza artificiale e analisi dei dati per supportare le forze militari, predisposizione di reti avanzate di check point. Per sviluppare queste tecnologie, Tel Aviv si avvale della collaborazione di numerose società estere, a cominciare dalle statunitensi Ibm ed Hewlett Packard. Microsoft, che opera in Israele da quasi 40 anni, e fornisce sistemi e tecnologie per la sorveglianza nelle colonie illegalmente occupate.
C’è poi l’approvvigionamento energetico. La statunitense Chevron, l’inglese BP e la svizzera Glenocore sono tra i gruppi più impegnati nel fornire ad Israele materie prime energetiche e nello sviluppare i giacimenti locali. Chevron copre il 70% del fabbisogno energetico di Israele ed è azionista della Ese Mediterranean Gas Pipeline, che passa anche nelle acque palestinesi. Bp ha ottenuto licenze di esplorazione di giacimenti sottomarini in acque illegalmente sottratte da Israele alla Palestina. Ed ancora: sono stati titoli del tesoro a sostenere il bilancio israeliano. A comprarli alcuni dei più grandi istituti finanziari al mondo, come Bnp Paribas, Barclays, Blackrock, Vanguard, Allianz Pimco. Tra le compagnie assicurative, figurano Allianz e Axa. Anche i fondi sovrani, i fondi pensione e le organizzazioni benefiche basate sulla fede non sono esenti da questo elenco. Compaiono il Norwegian government pension fund e la cassa depositi e prestiti del Quebec, mentre tra gli enti di beneficenza il Fondo nazionale ebraico, i Christian Friends of Israeli Communities, la Dutch Christians for Israel e le organizzazioni affiliate che hanno sostenuto progetti nelle colonie. “Questo genocidio non è stato evitato, né è stato fermato, perché è redditizio. C’è gente che sta facendo soldi a costo del genocidio. Un sacco di soldi”, ha sintetizzato Albanese nel suo intervento di presentazione. L’economia del genocidio. Una economia globalizzata.
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da ww.articolo21.org

Gli Usa all’attacco dell’Onu

e nel mirino c’è Francesca Albanese.

L’ignavia dell’Italia

Ottavio Olita
5 Luglio 2025
La leggenda dice che una delle ragioni per cui il 14 luglio del 1789 scoppiò la rivolta del popolo parigino, dando origine alla Rivoluzione Francese, fu una frase della regina Maria Antonietta la quale, siccome non si trovava pane per sfamare le masse disperate della città, rispose ‘Allora diamogli le brioches!’.
Con lo stesso parametro, quale rivolta mondiale, soprattutto di indignazione, dovrebbe scoppiare contro l’arroganza, la violenza, il disprezzo per le istituzioni che favoriscono l’incontro tra i popoli – come l’ONU –, le azioni che periodicamente mettono in campo rappresentanti degli Stati Uniti e di Israele? Israele direttamente contro il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, accusato ripetutamente di ‘antisemitismo’, per le coraggiose prese di posizione contro il massacro dei palestinesi a Gaza. Gli Stati Uniti contro Francesca Abanese con la richiesta di rimozione dall’incarico di Relatrice Speciale sulla condizione umana dei palestinesi nei territori occupati da Israele fin dal 1967.
Quale la colpa della Albanese? Quella di dire la verità sulle stragi, sui bambini uccisi da cecchini mentre cercano qualcosa per sfamare se stessi e le famiglie, ma soprattutto su quali vergognosi interessi economici si stanno sviluppando a favore di aziende che ruotano intorno alle azioni militari israeliane e statunitensi. Ovviamente l’accusa principale contro la Albanese è, anche in questo caso, di ‘antisemitismo’, come se davvero la violenza istituzionale di un governo sionista possa essere ricondotto alla cultura, alla storia, alle tradizioni dell’ebraismo. Ma indirettamente l’atto di accusa statunitense lascia intendere, con grande chiarezza, che è questa parte della relazione fatta dalla Albanese che dà fastidio al potere Usa perché spoglia quelle azioni dell’ipocrisia di facciata con cui viene giustificata la stretta alleanza con Israele.
Vale a dire, ancora una volta, l’interesse prioritario dell’amministrazione Trump: quello del denaro, dei capitali, degli arricchimenti comunque ottenuti.
Detto questo, come fa il governo italiano a riaffermare, ad ogni piè sospinto, che l’alleanza con mr.Trump è solidissima e che Giorgia Meloni è la scudiera più fidata del presidente Usa?
È questa la politica della diplomazia italiana? Quella che non ha nulla da dire contro il continuo tentativo Usa di smantellare l’Onu in modo da poter essere l’incontrastato padrone del mondo? E quanto all’indignazione che ogni italiano prova per il genocidio dei palestinesi, per l’accettazione passiva del riarmo europeo imposto per un immaginario rischio di conflitto con la Russia, per la sudditanza totale, acritica, nei confronti dell’alleato-padrone, quale forma espressiva può trovare se non nelle tantissime manifestazioni di piazza che coinvolgono cittadini d’ogni età e di diverse impostazioni politiche, culturali, religiose?
Perché i sondaggi condotti dalle aziende demoscopiche, invece di limitarsi ad occuparsi delle oscillazioni dei gradimento delle forze politiche non entrano nel merito della volontà popolare su questioni che vengono trattate dal governo di estrema destra come fatto privato, relative solo alla sua visione del mondo fatta di autoritarismo, di carcerazioni, di divieti, di degradanti e accondiscendenti asservimenti, veri tradimenti della storica capacità italiana di dialogare con tutti i popoli, in particolare con quelli dell’area mediterranea?
Ma davvero il popolo italiano può essere rappresentato da chi, oltre a stravolgere i rapporti internazionali, attacca le stesse fondamenta della Repubblica, cercando di riscrivere non solo la Costituzione, ma anche la sua storia che solo nel ventennio fascista conobbe una disponibilità al servilismo pari a quello a cui assistiamo oggi? Solo ‘sì’ di chi sa solo abbassare la testa, senza alcuna capacità creativa e autonoma. Rischiamo di essere seppelliti da macerie culturali e diplomatiche, mentre ci rendiamo ridicoli con la proposta di assegnare alla Meloni il Nobel per l’economia.
Quando quest’insulsa ubriacatura sarà finita bisognerà davvero rimboccarsi le maniche per una ricostruzione dell’Italia, morale, oltre che politica.

 

 

 

 

 

 

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