6 luglio 2025: QUARTA DOPO PENTECOSTE
Gen 4,1-16; Eb 11,1-6; Mt 5,21-24
La Liturgia, quando, come nel caso di questa domenica, ci offre brani impegnativi che meriterebbero più tempo dei soliti dieci o dodici minuti di una omelia festiva, mette in difficoltà qualsiasi prete, anche se poi ci sono preti che sanno sempre cavarsela con due o tre riflessioni, che vanno bene per qualsiasi circostanza.
Soffermiamoci sul primo brano. Chiariamo almeno una cosa, ponendoci la solita domanda quando leggiamo qualsiasi brano della Bibbia: qual è stato l’intento dell’autore sacro nel raccontarci quel fatto? Sì, questa è l’unica vera domanda da fare. Le altre ci portano fuori rotta, e ci fanno dire o scrivere insensatezze, offensive della Parola di Dio.
Con il racconto dell’uccisione di Abele, l’autore sacro ha voluto dare subito una prova delle conseguenze disastrose del cosiddetto peccato originale. La morte è entrata nel mondo nel modo più tragico: con un fratricidio. Fa notare don Raffaello Ciccone: «Il primo richiamo alla morte, nel mondo, non avviene per malattia o per debolezza della carne, ma per l’esplosione della violenza che fa dimenticare ogni valore, ogni solidarietà ed ogni legame profondo».
Queste considerazioni di don Raffaello mi servono per approfondire il problema del male, cercando l’origine da cui esso scaturisce: un’origine che non va fatta risalire a un peccato lontano dei nostri mitici progenitori, ma a qualcosa che proviene più da vicino: dal nostro interno. Le parole di Dio a Caino: «il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, e tu lo dominerai» vanno interpretate al di là della parola “porta”, che sembra dare l’idea di qualcosa di esteriore, come se, appena usciamo di casa, c’è subito pronto il maligno a tentarci al male. Di qualche porta si tratta? La porta, in realtà, è dentro di noi: una porta che separa il “fondo dell’anima” dall’anima stessa. Con il “fondo dell’anima” i Mistici intendono la parte più interiore, ovvero lo spirito, mentre l’anima rappresenta le facoltà umane (volontà, potere, ecc.) che possono condizionare la libertà dello spirito.
Ma allarghiamo il discorso all’attualità: anche se i telegiornali sembrano privilegiare, per aumentare l’audience, fatti di sangue che riguardano casi singoli o familiari (vedi femminicidi ecc.), non possiamo certo dimenticare di essere in un contesto mondiale dove sembra che siamo nelle mani di pazzi criminali, con tragedie che riguardano popolazioni che subiscono ogni giorno angherie da parte di chi vorrebbe aumentare il proprio potere prendendosi ingiustamente, anche con la forza, diritti su terre che sono di altri. Ho detto “diritti”, ma in nome di quale giustizia?
Assistiamo a contestazioni per laboratori dove gli animali subiscono violenze, e poi ce ne freghiamo di fronte a veri genocidi di popolazioni, che hanno il solito difetto di essere inermi e incapaci di difendersi. Se certi delitti familiari di sangue suscitano orrore, pur sapendo che entra in gioco una complessità di patologie diciamo misteriose, che dire quando tiranni, eletti o non eletti democraticamente, usando la forza militare ottenuta per aver rubato già precedentemente terre sempre con la violenza, decidono con la brutalità del loro super potere di cambiare le sorti dell’umanità, senza rispettare equilibri già precari di una società mondiale che fatica a dirsi e ad essere umana, dove tutti si sentano fratelli. Certo, fratelli come Abele e Caino. E basta un Caino a uccidere milioni di Abele.
Leggendo e rileggendo il primo brano di oggi rimango sempre colpito dalle parole di Dio: «Ma il Signore disse: “Ebbene, chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!”. Il Signore impose a Caino un segno, perché nessuno, incontrandolo, lo colpisse».
Queste parole dell’autore sacro andrebbero lette, mettendole nel loro giusto contesto. Prima si parla del pentimento di Caino: «Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono. Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e dovrò nascondermi lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi ucciderà».
Non ho mai combattuto un uomo già morto, intendo dire quando quel tizio non è più nel suo ruolo di potere, perché gli è stato tolto, e perciò è stato ridotto ad essere impotente a compiere altro male. Combatto i potenti quando sono nel loro ruolo di potere, e stanno facendo danni. Appena lasciano e se ne tornano a casa, non li considero più, non continuo a combatterli quasi per una vendetta che ritengo stupida.
Il problema grave, gravissimo che si pone oggi è quando questi super potenti hanno perso il lume della ragione e, approfittando della loro supremazia, scatenano guerre, violenze e genocidi. E allora che fare? Dio forse mi proibisce di resistere e di reagire anche fisicamente per eliminarli dalla storia? Sì, eliminarli fisicamente, per evitare che i tiranni commettano stragi di innocenti. Non ho paura a dire ciò che penso, perché ho dalla mia dichiarazioni di autorevoli teologi del passato, i quali dicevano esplicitamente che i tiranni vanno uccisi.
In un colloquio privato con il cardinale Dionigi Tettamanzi, qualche mese prima che lasciasse la Diocesi milanese, avevo detto esplicitamente: “Eminenza, se qualcuno avesse ucciso subito Hitler forse che avremmo avuto milioni e milioni di morti barbaramente eliminati nelle camere a gas o con altri mezzi violenti da un pazzo scatenato?”. Il cardinale non mi rispose. Quanti oggi leggono e ammirano gli scritti di Dietrich Bonhoeffer sanno che il famoso teologo protestante ha partecipato direttamente a un attentato per uccidere Hitler, e che è stato poi impiccato perché l’attentato non è andato a buon fine? Lascio a voi stabilire l’elenco di nomi di tiranni che oggi andrebbero eliminati. Vi rendete conto della follia di credenti, che sostengono di poter dialogare con questi pazzi, scendendo con loro a patti o a negoziati?
Ma non vorrei concludere questa omelia, senza fare una riflessione a cui tengo in modo particolare. Chiediamoci: che senso ha questa vita terrena? È vero che qualcuno dice che siamo nati per patire, ma questo è veramente l’intento di Dio che ha creato un mondo meraviglioso? Non potremmo essere felici, se tutti, ripeto tutti, avessimo quel minimo necessario per vivere dignitosamente su questa terra? Perché… perché… perché c’è qualcuno che vuole di più, togliendo a un altro il suo diritto ad avere quel minimo necessario per essere felice? E così Stati egoisti, sempre assetati di terre, ricche di materiali preziosi, tolgono libertà e autonomia alle popolazioni più inermi. Con quale diritto? Dio non è forse il vero proprietario della terra, come ha scritto in un messaggio quaresimale Benedetto XVI? Noi siamo solo amministratori di un pezzo di terra, permettendo a ciascuno di avere il suo. E poi parliamo di giubileo, quando gli stessi ebrei, inventori del giubileo, sostenevano che dopo tot anni le terre, nel caso in cui fossero state vendute per ragioni di necessità, tornavano al primo proprietario, così da evitare che le terre formassero quell’accumulo o capitalismo nelle mani di pochi. Ma gli stessi ebrei che cosa hanno capito del giubileo? Oggi come si comportano? Nella mia testa c’è sempre una domanda: perché Dio ha scelto come popolo eletto il popolo ebraico, duro di cervice?
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