Una mandria di bisonti nella valle della dissennatezza

L’EDITORIALE
di don Giorgio

Una mandria di bisonti nella valle della dissennatezza

Non mi aspetto alcuna considerazione da una mandria di cervelli spappolati.
Ma non per questo voglio rassegnarmi a starmene zitto e poltrire in casa, in attesa del riposo eterno.
A dire il vero, mi godo già in questa vita quella serenità interiore che è pace nello Spirito, ma nello stesso tempo non riesco a trattenere dentro, solo per me, la certezza che non si è soli, ma infinite particelle di quell’Uno che è l’Umanità nel Divino.
Parlare oggi di Uno sembra una bestemmia o, meglio, l’Uno è preso per quella omogeneità di pensiero e di agire, sullo standard di un gregge di pecore tenute a bada da cani rognosi o di una mandria di bisonti nella valle della dissennatezza.
Oggi si è morti anche esistenzialmente parlando, ovvero si sopravvive come zombie notte dopo notte, senza provare i brividi di una luce solare, negata per volere di un dio accecato dall’odio infernale.
Non si vive: si “è” già morti per sempre. Paradosso bestiale, appena si pronuncia l’”essere”, che è per essenza vita, spirito eterno.
L’uomo “carnale” non tanto è un “animale” (parola che richiama necessariamente l’anima), ma bestiale nel senso peggiorativo del termine, come carne da macello. Una carne in parte già squartata, per essere consegnata agli avvoltoi.
E tutto questo si svolge in un cerchio infernale, da cui uscirne richiede una grazia particolare di quel Dio che però, misteriosamente, se ne sta dietro a nubi minacciose di morte.
Provate a rinnegare queste mie sensazioni, se riuscirete però a convincermi e a convincere quella cruda realtà che nutre non solo sensazioni, ma convinzioni sempre più drammaticamente allucinanti.
Siamo al punto di svolta?
D’altronde, sappiamo che la Storia rivoluziona, con le sue capricciose capovolte, anche lo stesso Disegno divino, quando questo sembra nelle mani di burattinai senza scrupoli, nemmeno con un minimo senso di pietà per dei disgraziati già puniti da una malasorte vendicativa.
Ma quel Disegno dovrà pur realizzarsi, anche solo in un intreccio di matasse, che man mano si srotolano nelle mani di esperti di saggezze, cocciutamente decisi a rompere l’incanto diabolico.
Perché non crederci?
Ma, nel frattempo, perché aspettare, inattivi o rassegnati o pigri, l’evolversi di una situazione direi tragica, che non sembra, almeno apparentemente, permettere qualche via d’uscita?
E qual è la nostra parte di cocciuti amanti della libertà dello spirito, se non quella di essere cocciutamente convinti che il “grosso bestione” (di platoniana memoria) imploderà, lasciando un’altra “possibilità” (già nel passato era successo!) di quel Risveglio dell’essere, che è l’unica sorgente da cui potrà uscire una nuova vita, capace di restituire alla società il volto dell’Umanità redenta nel sangue di milioni di innocenti?
6 ottobre 2018
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