da www.chiesadimilano.it
Addio a Barbareschi, prete «ribelle per amore»
Protagonista della Resistenza cattolica, curatore testamentario di don Gnocchi, amico del cardinale Martini, si è spento all’Istituto Palazzolo a 96 anni. La camera ardente sabato e domenica in via Statuto 4 a Milano. I funerali lunedì alle 11 nella chiesa di S. Pio V e S. Maria di Calvairate
Saranno celebrati lunedì 8 ottobre alle ore 11 a Milano nella chiesa S. Pio V e S. Maria di Calvairate (via Lattanzio, 60) i funerali di monsignor Giovanni Barbareschi, scomparso nella serata di giovedì 4 ottobre, all’età di 96 anni, all’Istituto Palazzolo di Milano dove era ricoverato da qualche mese. La camera ardente, in via Statuto 4 a Milano, sarà aperta al pubblico sabato 6 e domenica 7 ottobre dalle 10 alle 18.
Sacerdote ambrosiano, protagonista dell’antifascismo cattolico tra i preti «ribelli per amore», Giusto tra le nazioni e Medaglia d’argento della Resistenza, monsignor Barbareschi era nato a Milano l’11 febbraio 1922. Prima di essere ordinato presbitero, assieme a Teresio Olivelli, Carlo Bianchi, David Maria Turoldo, Mario Apollonio e Dino Del Bo, partecipò agli incontri che portarono alla fondazione de Il Ribelle, giornale che «esce quando può» (26 numeri in totale), malgrado gli enormi rischi sia per stamparlo, sia per distribuirlo. Oltre a questa attività si impegnò con le Aquile randagie e l’O.S.C.A.R., per portare in salvo in Svizzera ebrei, militari alleati e ricercati politici.
Il 10 agosto 1944, ancora diacono, fu incaricato dal cardinale Alfredo Ildefonso Schuster di andare a impartire la benedizione ai partigiani uccisi in piazzale Loreto. Tre giorni dopo (13 agosto) venne ordinato sacerdote e celebrò la sua prima messa il 15 agosto; la notte stessa fu arrestato dalle SS, mentre si stava preparando per accompagnare in Svizzera alcuni ebrei fuggitivi. Restò in prigione fino a quando il Cardinale non ne ottenne la liberazione. Quando in seguito si presentò a lui, Schuster si inginocchiò e gli disse: «Così la Chiesa primitiva onorava i suoi martiri. Ti hanno fatto molto male gli Alemanni?».
Dopo qualche giorno don Barbareschi partì per la Valcamonica, aggregandosi alle Brigate Fiamme Verdi e divenne cappellano dei partigiani. Dopo essere stato arrestato, fu portato nel campo di concentramento di Bolzano, da dove riuscì a fuggire prima di essere trasferito in Germania. Ritornato a Milano divenne il “corriere di fiducia” tra il Comando alleato e quello tedesco durante le trattative per risparmiare la città da rappresaglie. Dal 25 aprile 1945, su mandato del cardinale Schuster, si adoperò per evitare rappresaglie contro i vinti.
Conseguita la licenza in Teologia nel 1944 e la laurea in Diritto canonico nel 1948, nel dopoguerra tornò all’attività pastorale e all’insegnamento di religione nelle scuole medie superiori. Grande amico di don Carlo Gnocchi, lo aiutò nella sua opera e divenne il suo curatore testamentario. Assistente della Fuci maschile di Milano dal 1957 al 1965, dal 1965 al 1987 diresse la Casa alpina “Alpe Motta”. Nel 1981 divenne Giudice del Tribunale ecclesiastico regionale lombardo. Dal 1986 al 1995 presiedette l’Istituto diocesano per il Sostentamento del clero. Tra i fondatori della Fondazione Giuseppe Lazzati, fu membro del Consiglio di amministrazione dal 1992 al 2000. Dal 1995 al 2011 collaborò con la Formazione permanente del clero e dal 1997 al 2000 fu membro del Consiglio di amministrazione delle Scuole Cardinal Ferrari.
Fu legato al cardinale Carlo Maria Martini da sentimenti reciproci di stima e di affetto e collaborò con lui nell’organizzazione della Cattedra dei non credenti. Nel 2012 il Corriere della Sera rese pubblico on line un video nel quale don Barbareschi intervistava Martini nel 50° anniversario dall’apertura del Concilio Vaticano II. In quell’occasione il Cardinale disse: «Mi pare che don Barbareschi, che stimo e apprezzo da tanti anni come patriarca, sia in diocesi rappresentante della tradizione e questa sia un’occasione per rendergli omaggio. Grazie».
Prelato d’Onore dal 1994, nel 2011 fu insignito dell’Ambrogino d’oro, la massima onorificenza civica di Milano.
Per altri servizi su don Giovanni Barbareschi
Conoscevo Barbareschi perché il mio appartamento era vicino a quello di sua mamma. La sua non é stata una vita facile, ma l’esperienza più brutta l’ha vissuta nel ’68 quando, da ex-assistente della FUCI, ha visto i suoi ragazzi cedere al canto delle sirene di quegli anni. Nel giro di poche settimane sono diventati tutti, nessuno escluso, maoisti, estremisti e rivoluzionari; quello che si é spostato meno a sinistra é stato Claudio Martelli. Quando per caso l’ho poi incontrato alla Casa Alpina di Motta l’ho visto ben più vecchio della sua età, secondo me curvo sotto il peso di quei tradimenti.
Tanto grandi e tanto sconosciuti, normale, in un epoca dove furoreggiano i mediocri.
GRAZIE DON GIORGIO DI AVER DATO SPAZIO E RILIEVO ALLA FIGURA DI DON GIOVANNI BARBARESCHI.