dal Corriere della Sera
Container galleggianti,
comuni a impatto zero e voti alti:
così Copenaghen ha trovato un letto agli studenti
di Stefano Landi, da Copenaghen
Copenaghen sfida il caro vita partendo dalle residenze (creative) per gli studenti con la valigia. Il sindaco: «Momento decisivo per i ragazzi. Le case? Se non ci sono ce le inventiamo»
Prendiamolo come un esperimento. Al netto del letargo invernale, qui ci sono le tende degli studenti italiani che non nascondono nel sacco a pelo l’emergenza caro casa. Ilaria Lamera, anni 23, indiscussa leader del «movimento delle tende» il 7 dicembre riceverà l’Ambrogino d’oro, proposto da Europa Verde, e consegnato con una certa ammissione di colpa dal Comune di Milano. Gli studenti italiani, dal Politecnico di Milano in giù, non si possono più permettere una casa. Le città universitarie sotto i colpi della crisi rischiano l’estinzione. A Milano servono (di media) 640 euro al mese per affittare una stanza, in condivisione, in provincia. Circa 150 euro in più che a Bologna e Roma. Mancano risposte politiche, ma soprattutto immobiliari.
Eccolo l’esperimento: andare nella città più cara d’Europa e vedere perché gli studenti riescono comunque a venire a farsi le ossa sui libri. La risposta di Copenaghen è creativa. Inverno ovviamente gelido, luci di Natale. Qui serviva una chiave per non lasciare indietro i giovani. Si è cominciato dai costi fissi: le università non si pagano. I conti si fanno solo in termini di costo della vita. Da qualche parte si doveva partire. E sono partiti dall’acqua. Mike e Julia si sono conosciuti qui. Aspettando che la centrifuga finisse il lavaggio dei loro calzini. E se ti conosci così è chiaro che potrebbe diventare amore eterno. L’indirizzo dell’Urban Rigger è un canale d’acqua, qualche centinaio di metri più a nord dell’hippysmo calante di Christiania. Qui sono stati riciclati una serie di container colorati. Incastrati come tetris a galleggiare sull’acqua. In totale fanno 72 case da 30 metri l’una. Ci vivono quasi solo studenti, più della metà atterrati da Stati Uniti e Australia. Una famiglia allargata: in casa tieni il minimo indispensabile, il resto lo condividi all’esterno: lavanderia, spazio bagagli ingombranti, skateboard, bici neanche a contarle, barbecue. Le sdraio sul tetto, perché quando c’è sole qui, c’è sole per davvero. Per quanto anacronistico, nei sacchi di spazzatura più differenziata che mai, si distingue un’importante massa di lattine di birra. «Il progetto cresce, stiamo per aggiungere dei Rigger in legno – racconta Claus Bindslev, il ceo del progetto -. Si vive lo spirito di house boat e stiamo dando vita all’area che affaccia sul mare del Nord».
Anche a Cph Village si è ripartiti dal formato container. Ovviamente anche qui rivisto da manine di design. Di sostenibile non ci sono solo i materiali, ma anche la sfida sociale: i «villaggi» sono 4, a Nørrebro, Amagerbro, Vesterbro e Refshaleøen. Quartieri alternativi, non periferia dell’impero. «Qui si tiene conto dell’intero ciclo di vita dell’edificio», racconta Anna, che ha appena traslocato qui dalla Slovenia. Container in disuso vengono trasformati in abitazioni secondo i principi del «Design for disassembly», un metodo che permette di smontare, spostare e riassemblare gli edifici. Ingresso, bagno in comune, almeno due stanze private, angolo cottura. Ma soprattutto una gigantesca finestra. Perché il primo arredo, quello che cambia l’umore delle persone anche se vivi in pochi centimetri quadrati è la luce. Le soluzioni abitative sono infinite. Perché tante sono le idee. Hvor Skal Vi Bo? (banalmente significa «dove vivremo», il punto di domanda è incluso) ha costruito il suo successo sull’interscambio generazionale. Portando i giovani zaino in spalla, a prezzi calmierati, nei palazzi abitati da pensionati. Come vicini di casa. Comune e organizzazioni edilizie hanno unito le forze. «Per me che arrivavo dall’altra parte del mondo è come aver guadagnato un nonno», dice il sudafricano Mark che frequenta il master di architettura.
«La fase degli studi è un capitolo decisivo per la vita dei ragazzi – racconta il sindaco di Copenaghen Sophie Hæstorp Andersen -. Cerchiamo soluzioni creative per rispondere alla crisi del mercato. Nel complesso ci siamo posti l’obiettivo ambizioso di avere 12 mila nuovi alloggi per i giovani entro il 2031». Altre cartoline di housing sociale arrivano dalle Cactus Towers progettate da Big, dall’impatto zero di Basecamp. Dal nuovissimo residence Umeus a Bordhavn, dagli studentati a forma di Colosseo di Tietgen Kollegiet. L’inossidabile Regensen (correva l’anno 1623), in pieno centro, dietro alla Torre Rotonda: 450 anni di eredità culturale e diversità di pensiero. Uno dei dormitori più antichi di Danimarca: si paga pochissimo, ma si accede solo con voti alti. Oppure il Tunnelfabriken, che già in formato rendering acchiappa clic di studenti con la valigia pronta. Un deposito edile che da un momento all’altro verrà convertito in alloggio condiviso per studenti, artisti e attori. Esperimento riuscito: una città può svuotare i portafogli, ma non quelli degli studenti. Se vuoi essere proiettato nel futuro, non puoi fare a meno di loro.
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