Basta con esaltazioni collettive di presunti martiri della libertà!
di don Giorgio De Capitani
PREMESSA
Contestando una Chiesa che idolatra cadaveri mummificati, tipo Padre Pio, sapevo di avere tantissimi in mio favore, ora però, scrivendo della morte di Giulio Regeni, so di avere tanti contro. Ma sono fatto così: dico e scrivo ciò che penso. Me ne frego del giudizio della gente. Non amo il consenso generale.
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Uno viene assassinato in modo del tutto ancora misterioso, ma in un contesto tale da scatenare subito un immaginario intrigante, fatto di presunto volontariato, di presunto altruismo, di presunti ideali umanitari – naturalmente la vittima non può che essere un giovane, perché, se fosse un anziano, l’immaginario si ridurrebbe o scomparirebbe del tutto – ed ecco che immancabilmente si eleva la sua esaltazione, fino a crearne un mito. Non può che essere l’eroe del momento! Lo Stato farà la sua parte, celebrandone gli onori di patria con solenni funerali di… Stato!
Tale processo di sublimazione si era già verificato con Valeria Solesin che, per chi se ne fosse già dimenticato o non lo avesse mai saputo (e come poteva, se immediatamente è scattato l’immaginario collettivo della brava ragazza impegnata nel sociale?), è rimasta vittima (già dire vittima è dire tutto) degli attentati terroristici di Parigi: si era trovata nel posto sbagliato e nel momento sbagliato, senza naturalmente sapere che cosa sarebbe successo, e perciò la sua morte è stata solo una disgrazia che si è consumata per caso.
Ed ora, ecco la tragica fine di Giulio Regeni. Nulla ancora si sa di certo. Ma il fatto che era giovane e il fatto che si trovava in Egitto, altro immaginario di una libertà tradita e perciò da difendere con grande determinazione, hanno subito contribuito alla sua esaltazione.
E i paragoni si sprecano, per voler a tutti i costi mettere quel giovane sullo stesso piano di altre vittime del terrorismo, non importa se uccisi in contesti diversi e in circostanze diverse, ma soprattutto per quella lucidità di ideali, per cui la lotta quotidiana, vissuta sapendo anche di morire, non ha bisogno certo di nascondersi dietro a sigle o ad anonimati.
E così, anche per Giulio Regeni, è partita in quinta la montatura dell’immaginario collettivo del bravo ragazzo impegnato nel sociale.
Che dire?
Siamo in Italia: guai se ci mancasse per lungo tempo qualche occasione per sognare al di là della nostra stupida vita quotidiana. Occorre sempre qualcosa di nuovo che ci esalti, che ci faccia sentire bene nell’anima, imborghesita dal nostro star male, per il troppo superfluo.
Dài! Facciamo partire la catena delle solidarietà, comunque più virtuali che reali, e del nostro buonismo di facciata che, appena sente l’odore del sangue di qualche vittima di un presunto impegno umanitario, si erge a bandiera nazionale.
NOTABENE
A proposito di paragoni, il nome di Vittorio Arrigoni è il primo ad essere usato. Ed è proprio il nome di Vittorio che, ogniqualvolta lo si strumentalizza, scatena in me reazioni immediate. Credo che ogni caso sia a sé, tanto più se i contesti sono completamente diversi, e soprattutto diverse sono le motivazioni che spingono a fare certe scelte, per una causa o per l’altra.
Una cosa va subito detta, che fa la differenza, se non è offensivo usare questa parola. La tragica fine di Vittorio Arrigoni non ha subito scatenato generali emozioni di solidarietà: ci sono stati momenti di perplessità di chi nulla sapeva dell’azione del giovane bulciaghese, ma soprattutto di chi sapeva e non voleva parteggiare per i palestinesi. In poche parole, Vittorio non ha avuto subito una generale ovazione, men che meno da parte delle autorità sia civili che religiose, e forse neppure dai giovani soprattutto brianzoli che ne ignoravano l’esistenza. Non dimentichiamo il periodo storico, in cui la coglioneria giovanile era alle stelle. Ma c’è di più.
Certe tragedie, vedi il caso di Valeria Solesin e di Giulio Regeni, sembrano consacrare subito ideali fondati sull’incidente o sulle normalità anonime o su appartenenze a forze rivoluzionarie, senza precise identità. Vittorio Arrigoni si differenzia, per il semplice motivo che la sua tragica morte non è stata un caso, ma casomai l’emblema di una solitudine volutamente cercata di libertà d’azione per una causa in cui, parteggiando per una qualsiasi fazione, poteva mettere a rischio la stessa causa, che era solo stare dalla parte dei più deboli. In altre parole, Vittorio Arrigoni è rimasto solo, tutto a sé, senza appartenenze né politiche né religiose. Ed è questo il suo fascino che ogni giorno aumenta, a differenza di altri “eroi” per caso o per “strane” appartenenze, che il tempo prima o poi ridimensionerà, fino ad ignorarli.
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Concludo con le parole che la madre di Vittorio, Egidia Beretta, ha postato sulla sua pagina facebook.
Vorrei chiedervi un favore.
Quando viene ucciso un giovane o una giovane italiana all’estero, sia che fosse ad un evento musicale in Francia o tra la folla a Piazza Tahrir in Egitto, non accostateli a Vittorio, se non, come faccio io, per il dolore che proviamo per loro e per quello che soffrono i loro genitori.
Lasciamo che piangano i figli perduti, come io piango il mio, senza assimilazioni né confronti.
Non mi consolate né con le assimilazioni, né con i confronti.
Questa é l’immagine della Veglia a Il Cairo per Vittorio. Le due bandiere valgono più di qualsiasi parola. Le radici e l’amata terra di Palestina.
I paragoni non si fanno perchè non hanno senso e servono soltanto a fare delle stupide graduatorie. Importante è recepire il mesaggio che ognuno di questi ragazzi ci lascia assieme ai loro genitori che hanno contribuito alla loro crescita morale . Cito solo quanto detto dai genitori di Giulio: : «Giulio con la sua vita ci ha insegnato molto: ci ha insegnato a vivere nella condivisione, a lottare per un mondo libero — hanno detto mamma Paola e papà Claudio, appena arrivati dal Cairo, incontrando le autorità italiane —. Un mondo basato sull’accoglienza e non sul rifiuto, non sullo scontro. Così, noi adesso continueremo a vivere portando avanti il suo esempio. Continueremo a seguire la traccia che lui ci ha lasciato».]
«Ci fa piacere che sia qui, ambasciatore, perché nostro figlio Giulio, lo sa?, aveva tanti amici in Egitto. L’Egitto era un Paese che lui amava, un popolo che amava e noi per questo, ora, verso il popolo egiziano, non nutriamo rabbia né odio…».
SalutiFausto
Vedo che sei duro di testa.
Mi ero impegnato a non importunarla più, ma visto che non la pubblicherà voglio essere schietto anch’io come lei vuole giustamente essere a prescindere dai condizionamenti.
Quello che combinano i mass media è un problema dei mass media (per la maggiore filogovernativi) e quindi se la prenda con loro.
La sua mania di fare confronti non ha senso e cozza anche contro i desiderata della mamma di Vittorio.
“Lasciamo che piangano i figli perduti, come io piango il mio, senza assimilazioni né confronti.
Non mi consolate né con le assimilazioni, né con i confronti”
Il fatto che lei abbia conosciuto meglio l’impegno di Vittorio e meno quello di Valeria e di Giulio dovrebbe indurla ad essere più cauto nello sparare giudizi.
Personalmente ritengo che questi e tanti altri giovani animati da ideali sani e forti siano un valido esempio per i loro coetanei ( e magari anche per noi anziani) dediti a tutt’altri ideali tipici della nostra società individualista.
Che senso ha misurare col bilancino chi ha fatto di più, chi ha osato di più etc. etc. Importante è che questi giovani ci siano e che trasmettano qualche cosa di positivo alla società.
Non abbiamo bisogno di super eroi, non è il singolo che cambia le cose, ma l’impegno diffuso, quindi ben vengano altri giovani come loro e ben vengano anche i giusti riconoscimenti del loro impegno grande o piccolo che sia , ovviamente evitando le odiose celebrazioni massmediatiche.
Il suo accenno : “nascondersi dietro a sigle o ad anonimati”vuole essere una accusa di codardia? Spero di no! Spero che volesse intendere ingenuità! Giulio nella sua ingenuità pensava che bastasse usare uno pseudonimo per proteggersi, ma i servizi segreti lo avevano già nel mirino e, pseudonimo o no lo avrebbero preso comunque per raggiungere lo scopo tipico di tutte le forme di dittatura : spaventare e zittire i dissidenti. Avere paura è umano ! come si sentirebbe lei nelle grinfie di certi aguzzini?
Saluti Fausto Ponton
Pensala come vuoi, ma sarebbe ora di smetterla di esaltare presunti eroi solo perché sono stati “vittime” di attentati o rimasti impigliati in qualcosa di superiore a loro. Vittorio era su un altro pianeta. Inutile ripetere ciò che ho scritto. Certo, ha ragione la mamma di Vittorio di non fare paragoni con il figlio Vittorio, perché certi paragoni sono offensivi.
infatti non ci sono certezze…
se e solo se si dimostrerà che ha agito a favore di valori umani, analogamente a qualcun’ altro, allora avrò una certa opinione, diversamente no…il tutto è ancora solo un’ipotesi, aspettiamo e vediamo…..
io dico se…e solo se….
si dimostrerà che ha agito in nome di determinati valori, allora sarà paragonabile ad altri…diversamente, certo, no….infatti, ripeto, non sappiamo…la mia è solo un’ipotesi condizionale, una conseguenza valutativa, connessa ad una premessa puramente ipotetica.
In questo certo Arrigoni è diverso, perché di lui sappiamo, di Regeni ancora no, e quidi, non sapendo, sospendiamo il giudizio o formuliamolo, appunto, in via puramente condizionale.
Al momento non possiamo affermare nulla di sicuro, come non possiamo escludere nulla, di bello o di inconfessabile, relativamente a certe vicende.
Gli antichi sostenevano che chi muore giovane è caro agli dei. Per la nostra mentalità, molto più prosaica, invece, l’idea stessa di una vita troncata prematuramente nel fiore degli anni ci ripugna e non ci dà pace, a maggior ragione se, come succede il più delle volte, si tratta di morti violente. Anche perché, nell’immaginario comune siamo portati a guardare alla morte come la conclusione di un’esistenza ormai molto avanzata negli anni, magari accompagnata da qualche malattia dovuta all’invecchiamento e al deterioramento dell’organismo. Immagino sia questo il motivo per cui spesso si avverta quasi la necessità di rendere giustizia alle vittime, andandone a ricercare e, possibilmente, esaltare le qualità e i tratti positivi, come a voler offrire una sorta di omaggio e di risarcimento postumo alle persone che sono state private della loro presenza e del loro affetto. La storia dell’umanità ci ha insegnato che l’essere umano non può fare a meno di crearsi degli eroi in cui potersi identificare, appagando la sua fantasia e la sete di rivalsa nei confronti di una quotidianità spesso intrisa di monotonia. Tanto meglio se si tratta di giovani intraprendenti e coraggiosi come i personaggi leggendari della mitologia.
Mio padre che fece la guerra diceva i morti si rispettano siano essi rossi neri gialli.Disgrazie cercate o casualita’ non contano.L’opinione o la critica mediatica almeno una volta lasciamola nel cassetto
E che c’entra? Chi tocca i morti? Lasciamoli allora in pace e non tiriamoli fuori dalla tomba per essere esibiti o adorati, o per essere messi su un piedistallo come se fossero eroi. Ancora una volta non si riesce proprio a capire ciò che s’intende per esaltazione collettiva. Giulio Regeni è stato ucciso: giusto fare le indagini. Ma perché farne subito un eroe nazionale! “Bravo ragazzo, lottava per la libertà!”. Smettiamola di dire le solite cose trite e ritrite.
Perfetto infatti critico con il mio pensiero la strumentalizzazione del morto da parte di tutti
Non si sa ancora come siano andate effettivamente le cose.
Per cui il condizionale è d’obbligo.
Ma posso anticipare un’opinione.
La mia opinione è molto semplice.
Personalmente, dico che se le cose sono andate in un certo modo, e ripeto se…, perché non si sa, allora una precisa responsabilità qualcuno ce l’ha… e la figura di regni assume determinati connotati, che la rendono decisamente diversa, pur con tutto il rispetto, da una Solesin.
Se è vero quanto sinora riportato, Regeni era un ricercatore, che scriveva articoli in difesa anche di libertà di pensiero e di organizzazione sindacale, peraltro con vari contatti con questo mondo direttamente in Egitto.
E questo non sarebbe stato gradito ad un ambito, più o meno riconducibile al potere in carica, in uno stato dove spesso la democrazia ed il suo simulacro si sono sovrapposti tra finzione e realtà.
Non dimentichiamoci che l’Egitto è consoderato ail 130esimo posto pe rispetto dei diritti umani.
Ragion per cui, Regeni sarebbe anche stato torturato per conoscere qualcosa di riservato, di cui sarebbe venuto a sapere tramite suoi contatti. E comunque non era gradito che un osservatore straniero ficcasse il naso in questioni considerate interne all’Egitto.
Se, quindi, le cose stanno così, anche Regeni non è assimilabile ad un qualunque turista immolato dal terrorismo, ma una persona direttamente impegnata nei diritti civili.
La differenza con una Solesin potrebbe, quindi, essere questa.
LA differenza con Vittorio Arrigoni è che di Arrigoni si sapeva già che era impgnato in certe attività, mentre di Regeni ancora tutto mi pare a livello di ipotesi o quanto meno di fatti ancora in parte sconosciuti ai più.
Mi auguro, comunque, che si faccia chiarezza e che non vi sia opposizione, ma, anzi, collaborazione da parte delle autorità egiziane, e, se così non fosse, riterrei opportuno assumere iniziative diplomatiche.
Come dice il nostro ambasciatore, il rapporto tra stati si basa sulla fiducia, e se quella fiducia viene meno…..qualcosa si può anche spezzare, anche nei rapporti diplomatici.
A differenza di Vittorio, Regeni si nascondeva dietro sigle anonime, e diceva sempre “Ho paura!”. Dio mio, che coraggio! E poi Vittorio era uno spirito libero, Regeni apparteneva a qualche organizzazione poco chiara. Ed è una bella differenza. Ma ciò che intendevo dire nell’articolo è che dobbiamo smetterla il giorno stesso in cui una persona (giovane, soprattutto!) viene ucciso costruiamo sopra un castello di ideali. Vittorio, anche qui che differenza, è stato anzitutto vituperato perché accusato di essere filo-palestrinese o, peggio, filo Hamas, e poi a poco a poco è stato ricuperato nei suoi valori Umani!
CONCORDO!