Omelie 2021 di don Giorgio: PENULTIMA DOPO L’EPIFANIA

7 febbraio 2021: PENULTIMA DOPO L’EPIFANIA
Os 6,1-6; Gal 2,19-3,7; Lc 7,36-50
Legge, fede, grazia, gratuità
Prima di commentare il brano del Vangelo, vorrei soffermarmi sul secondo brano, in cui San Paolo affronta ancora, non è la prima volta, il tema della legge e della grazia.
Mettere semplicemente in contrasto tra loro la legge e la fede, non basterebbe se vogliamo capire la supremazia della fede: occorre, dunque, sostituire la legge con la Grazia.
Talora sentiamo parlare di Grazia come della nuova legge dello Spirito. Forse la parola ”legge” non è la più adatta per lo Spirito, se si fa derivare la parola dal verbo ”legare. Ma, appunto perché legame, la legge va sostituita con la parola “grazia”, che è quella realtà divina, il cui unico legame è la gratuità.
Forse sta qui il segreto del Mistero più profondo del Divino: appunto, nella gratuità. La Grazia, come dice già la parola è Gratuità, perciò tra il mio essere e l’Essere divino c’è un rapporto di Gratuità. Da qui numerose conseguenze, di cui la prima è questa: con Dio non vi è un rapporto del tipo giuridico o del tipo efficientistico. Mi spiego.
Dio non mi chiede nulla in cambio del suo essere Bene, che mi offre solo per il fatto che è Dio, Sommo Bene. Dio cioè non mi dice: fa’ questo o fa’ quello per me. Sarebbe assurdo, ridicolo! Dio non ha bisogno di nulla dalle sue creature. Dio mi chiede solo una cosa: che io mi spogli di me stesso perché Lui possa occupare il mio spirito.
In quanto Bene Assoluto, Lui è necessariamente diffusivo, cioè necessariamente si effonde in ognuno di noi, purché liberiamo il nostro essere dalle cose, le uniche che possono proibire a Dio di entrare nel fondo della mia anima.
Qui cambia tutto. Dio non mi chiede cose, non mi chiede penitenze, devozioni, o altro. Esattamente il contrario. Dio mi chiede solo un distacco dal mio ego. Non mi chiede, dunque, di fare qualcosa di mio, ma di non fare più di quanto è richiesto per la mia libertà interiore.
La mia libertà interiore non sta nel fare qualcosa per il Signore, ma nel non fare nulla: non fare cose che possono essere di ostacolo alla presenza di Dio nel mio spirito, che deve perciò essere così libero o vuoto di cose da permettere a Dio di occupare il vuoto.
Dunque, come del resto dicevano i grandi Mistici medievali, solo il distacco rende possibile la presenza gratuita di Dio in noi, così gratuita che Dio non vuole nulla in cambio da noi, se non che diamo spazio alla sua presenza. Più facciamo qualcosa per il Signore, così come propone e impone ogni religione, compresa la Chiesa istituzionale, più teniamo Dio fuori dal nostro essere interiore.
Allora potete capire, quando si dice che è la fede e non la legge a far sì che lo Spirito viva in me. Non sono le opere che faccio, ma il distacco dalle cose a rendere possibile la presenza di Dio nel mio essere. Più faccio, dico preghiere, compio azioni, più non permetto a Dio di farsi vivo nella sua Grazia o Gratuità.
E che significa compiere opere buone, quando di per sé da parte nostra è impossibile fare qualcosa di buono, essendo Dio il Bene Assoluto? Dio è il Bene Sommo, l’Unico Buono, come del resto ha detto Gesù a chi lo chiamava buono: «Gesù gli rispose: “Perché mi dici buono? Nessuno è buono, se non uno solo, Dio”» (Luca 18,19.
Non posso offrire di mio a Dio nulla di buono, proprio perché Dio è il Sommo Bene, e allora ad ogni creatura non rimane che spogliarsi interiormente di ogni carnalità, per permettere al Sommo Bene di espandersi.
Questo espandersi del Sommo Bene è ciò che si chiama: Grazia.
Grazia perciò è l’effondersi in noi di un Dio che non mi chiede qualcosa in contraccambio, ma solo che io lo accolga dentro di me, dandogli ampio spazio, lo spazio più vuoto di cose.
Ed è in un certo senso sbagliato parlare di un Dono divino. Dio non ci fa dono di Se stesso: Lui necessariamente si dà a me, perché è nella stessa natura divina effondersi.
Dio non può non essere un Bene che si effonde. Il Bene è per sua stessa natura diffusivo. Tra gratuità e necessità vi è qualcosa di paradossale: la gratuità è la stessa natura del Bene che si effonde necessariamente.
Anche tra di noi la gratuità non è qualcosa di puramente virtuoso, ma è la realtà del nostro modo di essere tra di noi, così come Dio è il Bene che si effonde necessariamente nelle sue creature.
Anche tra di noi non dovrebbe esserci una relazione di cose, ma un rapporto di distanza o di distacco dalle cose. A noi sembra che ci vogliamo più bene, più diamo all’altro delle cose, o pretendiamo dall’altro delle cose. Il nostro volerci bene sta nel Bene assoluto: assoluto nel senso di distacco da ogni cosa.
Il brano del Vangelo
Passiamo ora a fare una breve riflessione sul brano del Vangelo. Non ci interessa sapere chi fosse quella donna, pubblica peccatrice, una prostituta nota nella città. In ogni caso, non si trattava di Maria Magdalena. Era una donna, privata della propria dignità di Donna ideale, uscita dal grembo verginale del Mistero trinitario.
Una donna che, comunque, pur offesa nel Mistero trinitario, sa compiere un gesto che stupisce lo stesso Cristo. E Cristo la elogia, attirandosi la critica di Simone, il padrone di casa, che Cristo a sua volta rimprovera per essersi dimenticato dei doveri dell’ospitalità, sacra presso gli orientali, e per aver giudicato male, ovvero solo esteriormente, quella donna. E quella donna, pubblica peccatrice, era andata oltre il ritualismo formale dell’ospitalità. Per lei Gesù era più che un ospite.
Quella donna si converte, ri-nasce, torna ad essere Donna originaria, al contatto con la Nobiltà di quell’essere umano, che è Gesù, il Figlio di Dio, che è rimasto tale pur sotto le sembianze della carnalità. Quella donna ha visto nel Cristo già il Risorto.
Forse per questo, le donne di oggi sono solo brutte copie della Donna ideale, proprio perché non trovano “maschi nobili”, “uomini” a cui non piegare le proprie ginocchia come schiavette. La Donna ideale è colei che si lascia affascinare dalla Nobiltà d’animo di quel Figlio di Dio che si ri-genera nell’essere umano.
In quell’Ospite quella pubblica peccatrice ha visto il Mistero trinitario, da cui era uscita pura e nobile, ma che per mille ragioni aveva perso di vista, di conseguenza perdendo di vista la strada della Nobiltà.

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