Omelie 2019 di don Giorgio: QUINTA DI QUARESIMA

7 aprile 2019: QUINTA DI QUARESIMA
Dt 6,4a; 26,5-11; Rm 1,18-23a; Gv 11,1-53
Nel Vangelo di Giovanni, ogni miracolo è raccontato non tanto come un evento straordinario, quanto come un “segno” di qualcosa di profondo, che viene perciò “rivelato” attraverso una narrazione, anche particolareggiata, ma fortemente indicativa e simbolica in vista di quel profondo Divino presente nella realtà umana.
Il cieco nato e Lazzaro
Sarebbe interessante, ma sarà per un’altra volta, soffermarsi più a lungo, confrontandoli tra loro, i due miracoli: quello con cui Gesù ha ridato la vista fisica all’uomo cieco dalla nascita, e quello con cui Gesù ha restituito la vita fisica a Lazzaro, morto da quattro giorni.
In ogni caso, vorrei almeno far capire che nei due racconti si parla di due cose tra loro differenti: la vista fisica, a cui si unisce anche la vista interiore o di fede (racconto del cieco nato), e la vita fisica (racconto di Lazzaro).
Sembra però che il racconto di Lazzaro giochi su un equivoco tra la vita eterna e la restituzione della vita fisica, un equivoco che però ci aiuterà a cogliere il vero senso, ossia il “segno” della risurrezione di Lazzaro.
Se il miracolo del cieco dalla nascita ha creato una serie di perplessità, dubbi, contestazioni, litigi tra la folla, tra i parenti del cieco e soprattutto tra i farisei, per noi credenti però sembra più facile leggerlo come segno della fede, o del dono degli occhi interiori, casomai ciò che ci colpisce ancora è il fatto che quel cieco per incontrare Gesù con il dono della fede sia stato costretto ad essere allontanato dalla sinagoga o dalla comunità ebraica, invece il miracolo di Lazzaro lascia perplessi soprattutto noi credenti che, ancora oggi, ci chiediamo quale sia la realtà interiore contenuta nel “segno” narrato da Giovanni.
Ovvero, ecco la domanda: che senso può aver avuto ridare la vita fisica a Lazzaro se, dopo non so quanti anni, di nuovo Lazzaro ha dovuto incontrare la morte?
Qualche esegeta parla di prefigurazione della risurrezione di Cristo, ovvero: con la risurrezione di Lazzaro Gesù avrebbe inteso anticipare la sua risurrezione, avvenuta il terzo giorno dopo la sua morte. Sono teorie certamente affascinanti, ma ancora molto limitative.
Il senso del miracolo di Lazzaro
Nel miracolo di Lazzaro c’è qualcosa di più da scoprire: è un segno rivelatore del mondo divino da cogliere già nelle parole di Gesù a Marta e a Maria, le due sorelle di Lazzaro.
Anche qui, come potete vedere, si tratta della presenza di donne, come una donna, di Samaria, era stata l’interlocutrice, a cui Gesù aveva affidato la sua più straordinaria rivelazione sulla Grazia e sullo Spirito santo. E a una donna, Maria Maddalena, Gesù affiderà il primo messaggio della sua risurrezione.
Se notate attentamente, siamo sempre nel campo mistico della Grazia, se per Grazia intendiamo la presenza vivente dello Spirito divino nel nostro essere interiore.
E già qui possiamo scoprire la realtà della risurrezione, come vita già presente della Realtà divina.
“Io sono la risurrezione e la vita”
Ecco allora le parole di Cristo a Marta, una delle due sorelle di Lazzaro: «Io sono la risurrezione e la vita».
In quel “Io sono” si elimina ogni futuro, inteso come realtà che verrà dopo la morte.
“Io sono” è la migliore definizione di Dio come l’eterno sempre presente: un eterno che inizia prima del tempo, dura nel tempo, per poi costituire la realtà del dopo tempo.
Solo nel Vangelo di Giovanni, troviamo l’appellativo “Io sono” con cui Gesù designa se stesso. È citato cinque volte. Quando Gesù pronuncia “Io sono” sembra che si scateni l’inferno: i suoi avversari indietreggiano e cadono a terra (vedi Orto degli Ulivi) oppure si fanno prendere dall’odio e lo condannano a morte.
Proviamo a riflettere
Ogni religione, volere o no, è una struttura che nasce, vive e muore nel tempo, e perciò teme l’eterno presente, che è Dio. Ogni struttura è in conflitto con l’eterno presente. A prevalere è la struttura che è, per sua stessa natura, temporale, ovvero legata al tempo che passa.
La Chiesa, come del resto ogni religione, ha tentato e tenta tuttora di spostare l’eterno, che essa chiama vita eterna, dopo la morte fisica o dopo la fine di questo mondo. Qui sta l’inganno: far credere alla gente che la vita eterna sta nel dopo tempo.
“Io sono la risurrezione e la vita”: Gesù, dunque, non si accontenta di dire “Io sono”, e sarebbe già bastato, ma aggiunge per togliere ogni equivoco: “la risurrezione e la vita”.
Dunque, già ora, in ogni ora, in ogni istante, che passi o non passi non interessa, Dio è “la   risurrezione e la vita”.
Non posso non leggere il miracolo di Lazzaro senza riallacciarmi all’incontro di Gesù con la samaritana e con Nicodemo.
Gesù alla samaritana dice: «Ma viene l’ora, ed è questa, in  cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità…» (Gv 4,23). È questa l’ora, ogni ora, ogni secondo. Già qui, adesso.
Gesù dice a Nicodemo: «In verità, in verità io ti dico: se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio» (Gv 3,3). Dunque, già ora, qui.
Dio non ha futuro, perché è fuori del tempo. Sì, noi siamo nel tempo, ma se rinasciamo in Dio, che è Spirito che sfugge al tempo, viviamo già nell’eterno.
Questo è il messaggio del miracolo della risurrezione di Lazzaro. È lo stesso messaggio del Cristo risorto. In questo senso è corretto dire che il miracolo di Lazzaro anticipa il vero significato della risurrezione di Cristo.
Alle donne che corrono di buon mattino al sepolcro per profumare con aromi il suo corpo esanime secondo le usanze del tempo, due angeli dicono: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto!”.
Che significano allora le parole: “Colui che è vivo”?. E perché noi cristiani cerchiamo il Vivente tra i morti?

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